Consiglio di Stato legittima doppio binario: “direttiva servizi inapplicabile ai rapporti sorti anteriormente al termine di trasposizione della stessa (28 dicembre 2009)”

 
Con la sentenza n. 229 del 13 gennaio 2022 della Sezione VI il Consiglio di stato,  rigettando l’appello dell’Agenzia del Demanio ha dichiarato importanti principi fondamentali:
 
1) Anzitutto, è stato ribadito che l’art. 49 cod. nav. non si applica fintantoché il rapporto concessorio venga rinnovato, senza soluzione di continuità: “sicché le opere realizzate dai concessionari sulla superficie demaniale sono, ai sensi dell’art. 952 c.c., d’esclusiva proprietà privata c.d. superficiaria fino al momento dell’effettiva scadenza o revoca anticipata della concessione: per essi non è dovuto un canone ulteriore”;
 
2) Anche nelle ipotesi di subentro, mortis causa o per atto inter vivos, la continuità del rapporto concessorio non viene meno, trattandosi di una novazione meramente soggettiva;
 
3) Il diritto di proprietà dei concessionari sui beni da loro realizzati sulla zona demaniale ha rilevanza costituzionale, in quanto: “investita della questione relativa all’ambito applicativo dell’art. 1, comma 251, l. n. 296/2006, recante la modifica dell’art. 3 d.l. 5 ottobre 1993, n. 400, conv. con l. 4 dicembre 1993, n. 494, fondandosi sull’orientamento giurisprudenziale qui condiviso, e fatto proprio dalla sentenza appellata, la Corte costituzionale (cfr. sentenza n. 29 del 2017) ha premesso che “al fine di stabilire la proprietà statale dei beni di difficile rimozione edificati su suolo demaniale marittimo in concessione, è determinante la scadenza della concessione, essendo questo il momento in cui il bene realizzato dal concessionario acquista la qualità demaniale””.
 
4) l’inapplicabilità della Direttiva Servizi ai rapporti concessori sorti anteriormente al termine di trasposizione della stessa.
 
Infatti, la Sezione VI fa proprio l’orientamento della Corte di Giustizia secondo cui “il diritto comunitario non impone ad un’amministrazione aggiudicatrice di uno Stato membro di intervenire, su domanda di un singolo, in rapporti giuridici in essere, instaurati a tempo indeterminato o con durata pluriennale, qualora tali rapporti siano stati posti in essere prima della scadenza del termine di trasposizione della direttiva 92/50” (Corte di Giustizia, Sez. VI, 24.9.1998, Tögel, C-76/97; nello stesso senso v. Corte di Giustizia, 5.10.2000, Commissione / Francia, C-337/98)”
 
In buona sostanza, con la sentenza n. 239 del 13 gennaio 2022, la Sezione VI del Consiglio di Stato ha legittimato il doppio binario e cioè la doverosità di un trattamento differenziato delle concessioni sorte anteriormente al 28 dicembre 2009 rispetto a quelle rilasciate successivamente a tale data.
 

Le pronunce del Tar lazio n. 139 e 140 del 2021 fra grandi speranze ed occasioni (di approfondimento) perdute.

 

La sentenza 140 e la sua gemella 139, pubblicate in data 10 gennaio 2021 stanno alimentando un  vivace dibattito nel solco del quale vuole sommessamente inserirsi questo piccolo contributo.

 

Il Tar Lazio, tecnicamente, non ha accolto il ricorso presentato dai concessionari, anzi, lo ha respinto, dichiarandolo addirittura inammissibile ed ha compensato le spese legali. In realtà nel dar loro torto, in un certo senso ha dato loro ragione perchè ha affermato, per una serie di specifiche ragioni processuali, che non avevano alcun interesse a chiedere la stabilizzazione dei titoli concessori a tempo indeterminato in quanto al momento della proposizione del ricorso (2017) e, successivamente, in ragione dell’entrata in vigore delle altre proroghe fra cui quella contemplata dalla 145, i loro titoli erano (e sono) tuttora validi anche perchè il Comune di Anzio, in virtù della legge 145, validamente avrebbe rilasciato loro l’atto di estensione.

Tuttavia, a ben vedere la questione dell’attuale vigenza della 145 sembrerebbe essere stata affrontata dal TAR incidenter tantum, ovvero al solo fine di escludere, come detto, l’interesse ad agire e non già principaliter come invece avrebbe richiesto una diffusa e profonda argomentazione al riguardo che invero non v’è stata. Sintomatico, a tal proposito, è il mancato riferimento alle sentenze della Plenaria che denota una non completa conoscenza del tema o persino una neppure tanto celata e sconcertante confusione.

Con ciò non intendo sminuire la portata della importante pronuncia ma ben altre potrebbero ancora essere, per completezza dell’iter logico-argomentativo seguito dai giudici, le statuizioni da invocare a difesa della causa balneare.
Il legislatore pur essendo assolutamente libero nelle forme, se si limitasse a rendere i 2 decreti mancanti della 145 (che contiene già tutti gli elementi per il riordino della materia) risolverebbe la quasi totalità dei problemi dei concessionari.

L’unico motivo di allarme rinvenibile nella 145 risiede nel partenariato pubblico-privato, poichè, a seconda di come lo si vuole declinare, può essere la salvezza o il vero tallone d’achille della riforma.

Avv. Nicolò Maellaro