Tar Lecce, accolto il ricorso di tre imprese contro il divieto di rimontare le strutture balneari a Fasano

Con sentenze nn. 782, 783, 784 del 14 giugno 2024, il Tar Lecce, I Sezione, Presidente Antonio Pasca, Estensore Daniela Rossi, ha accolto tre ricorsi proposti da altrettante diverse imprese operanti nelle marine di Fasano, difese dagli avvocati Anna Cofano, Leonardo Maruotti e Francesco G. Romano, proposti contro i provvedimenti comunali di rigetto al montaggio stagionale delle
strutture e allo svolgimento dell’attività, in ragione dell’approvazione della Variante urbanistica che, secondo il Comune di Fasano, avrebbe determinato l’impossibilità di rimontare le strutture – e, dunque, di svolgere l’attività – per la stagione estiva 2024.
In particolare, era avvenuto che il Comune di Fasano e la Regione Puglia avevano approvato la Variante urbanistica che, secondo la tesi comunale, avrebbe determinato l’illegittimità delle strutture realizzate in passato e, dunque, sulla base di tale atto urbanistico, il Comune aveva poi rigettato le numerose istanze tese ad avviare le attività.

Il Tar Lecce, in pieno accoglimento delle tesi difensive degli avvocati Anna Cofano, Leonardo Maruotti e Francesco G. Romano, ha ritenuto di accogliere i ricorsi proposti poiché “Il diniego, si fonda su un richiamo analitico delle norme urbanistiche di riferimento e, in particolare, sulla sopravvenuta approvazione della variante urbanistica comunale senza però che dallo stesso
emerga, alcuna valutazione specifica dell’intervento e, soprattutto, per quanto riguarda il richiamo alle modificate NTA del PRG, senza alcuna esternazione delle ragioni di concreta incompatibilità della struttura precaria oggetto di istanza di rinnovo del titolo stagionale”

Inoltre, “il diniego non si sarebbe dovuto arrestare al mero richiamo di una normativa in corso di approvazione – destinata, pertanto, a valere pro futuro – ma avrebbe richiesto una esplicazione delle ragioni per le quali, in difetto di norme transitorie o di norme di salvaguardia, la normativa preesistente non avrebbe potuto più costituire il parametro di riferimento per la valutazione dell’istanza di rinnovo stagionale proposta da parte ricorrente in data anteriore all’entrata in vigore delle nuove disposizioni urbanistiche”. Pertanto, secondo il Tar “La fondatezza, nei termini illustrati, delle doglianze attoree si rilette, in via derivata, sugli impugnati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività commerciale oggetto di scia”. Le pronunce rivestono particolare importanza sia perché, a seguito della pubblicazione delle sentenze, i ricorrenti potranno svolgere la propria attività ma soprattutto perché, qualora il Tar non avesse accolto i ricorsi, nessun bar, stabilimento balneare o ristorante situati sulla costa del Comune di Fasano avrebbe potuto aprire in vista della stagione estiva 2024, non consentendo l’offerta di tali servizi in una realtà così importante. Inoltre, le sentenze enunciano il principio per cui la variante urbanistica che non preveda norme transitorie o di salvaguardia non può escludere automaticamente le attività esistenti, in particolare se stagionali e fondate su strutture amovibili

Cassazione, anche cabine amovibili soggette a imu

Le strutture precarie e amovibili degli stabilimenti balneari sono soggette al pagamento dell’IMU. Questo recente orientamento giurisprudenziale della Cassazione ha un impatto significativo su molti stabilimenti balneari e strutture ricettive, che ora devono considerare queste costruzioni nel calcolo dell’acconto IMU 2024, proprio all’inizio della stagione estiva.

La questione riguarda i fabbricati privi di strutture murarie e amovibili, come cabine, bagni rimuovibili e gazebo. La Cassazione, con le decisioni n. 7769/2023 e n. 12638/2024, ha stabilito che le strutture realizzate dal concessionario per offrire servizi balneari, anche se precarie e amovibili, hanno comunque una capacità reddituale e sono rilevanti ai fini dell’imposizione fiscale in quanto unità accatastabili.

L’articolo 2 del DM 2 gennaio 1998 considera unità immobiliari anche le costruzioni ancorate o fisse al suolo, di qualunque materiale costituite, così come gli edifici sospesi o galleggianti, stabilmente assicurati al suolo, purché risultino verificate le condizioni funzionali e reddituali. Anche i manufatti prefabbricati, ancorché semplicemente appoggiati al suolo, sono considerati unità immobiliari se stabili nel tempo e presentano autonomia funzionale e reddituale.

Secondo la Cassazione, la precarietà della struttura non ne esclude la rilevanza ai fini IMU. È indifferente la loro eventuale rimozione provvisoria, poiché ciò che conta è la possibilità di costruire e mantenere una struttura. L’eventuale rimozione provvisoria di una struttura precaria e amovibile non esclude la possibilità della sua ricollocazione e, quindi, è irrilevante ai fini dell’IMU, a differenza di una rimozione definitiva che sfocia in una variazione catastale.

Inoltre, secondo l’orientamento giurisprudenziale, sono soggette al pagamento dell’imposta anche le aree scoperte indispensabili al concessionario per lo svolgimento della sua attività, in quanto considerate autonome unità immobiliari potenzialmente produttive di reddito (Cassazione n. 10031/2017). La precarietà della struttura e la stagionalità dell’attività possono essere dedotte in sede di determinazione della rendita catastale.

In definitiva, le strutture precarie e amovibili degli stabilimenti balneari devono essere incluse nel calcolo dell’IMU. La Cassazione conferma che, dal punto di vista tributario, ciò che conta è la possibilità di mantenere una struttura, indipendentemente dalla sua precarietà o dalla possibilità di rimozione temporanea. Questo orientamento impone ai concessionari di considerare tutte le strutture utilizzate nell’ambito della loro attività nel calcolo dell’imposta, contribuendo a una maggiore chiarezza e uniformità nella tassazione del settore balneare.