Le concessioni demaniali non riguardano la prestazione di servizi, lo afferma il Consiglio di Stato

Le concessioni di beni demaniali non riguardano la prestazione di servizi o di lavori affidata dall’ente aggiudicatore e legittimano il concessionario allo svolgimento di un’ attività economica.. Lo afferma il Consiglio di Stato con sentenza numero 225, pubblicata il 05/01/2024 (presidente Claudio Contessa, estensore Brunella Bruno).

Il ricorso è stato proposto dalla società Marina di Baunei e Santa Maria Navarrese S.r.l contro la Regione Autonoma della Sardegna e il Comune di Dorgali per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna (Sezione Seconda) n. 856/2022, pubblicata in data 19 dicembre 2022.
La società appellante, la Marina di Baunei e Santa Maria Navarrese S.r.l ha impugnato la sentenza con la quale il competente TAR ha respinto il ricorso da essa proposto avverso gli atti con cui la Regione Sardegna, a seguito di procedura a evidenza pubblica, ha aggiudicato in favore del Comune di Dorgali, ai sensi dell’art. 36 cod. nav., una concessione demaniale marittima con finalità turistico ricreativa, finalizzata alla ristrutturazione, gestione e manutenzione del pontile ubicato in località “Cala Luna” e delle relative aree di pertinenza

Nella sentenza viene affermato che tali concessioni legittimano il concessionario a svolgere un’attività economica in un’area demaniale, con l’assunzione del relativo rischio operativo. Questo aspetto sembra essere rilevante per escludere l’applicabilità del codice dei contratti pubblici a questa particolare procedura, sottolineando la natura delle concessioni demaniali come contratti attivi, con una maggiore libertà economica per il concessionario nella gestione del bene pubblico concesso.

Il Consiglio di Stato sta forse ripensando a quanto deciso con le sentenze gemelle della Plenaria?

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Avv.ti Righi e Nesi; “Osservazioni all’ordinanza n°8184 del 6 settembre 2023”

Con ordinanza n. 8184 del 6 settembre 2023 la Sezione VII ha fornito alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea chiarimenti sulle questioni sottese alla domanda di pronuncia pregiudiziale di cui alla precedente ordinanza della medesima Sezione VII del 15 settembre 2022, n. 8010.

L’ordinanza n. 8184/2023 è rilevantissima sotto molteplici profili.

Il primo chiarimento richiesto dalla Corte unionale al Consiglio di Stato è stato il seguente:

«1. Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale emerge che, nella sentenza impugnata dinanzi al Consiglio di Stato, il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana ha chiaramente dichiarato la decadenza della SIIB. Quest’ultimo organo giurisdizionale ha infatti evidenziato che «sia il testimoniale del 1958, sia la concessione del 2009, hanno prodotto effetti che si sono consolidati nel tempo, in quanto la [SIIB] mai li aveva contestati in parte qua prima della proposizione dei ricorsi in esame». Orbene, il Consiglio di Stato ha riprodotto la posizione del giudice di primo grado, senza smentire né confermare tale elemento.
a. Ciò posto, il Consiglio di Stato considera che la devoluzione al demanio marittimo abbia avuto luogo e, in caso affermativo, in quale data? La determinazione della data in cui le opere non amovibili costruite dal concessionario sono state incamerate nel demanio marittimo è cruciale in quanto comporta determinate conseguenze sul diritto applicabile ratione temporis (si vedano i quesiti 3 e 4).
b. La SIIB dispone ancora di un interesse ad agire contro la devoluzione al demanio marittimo delle opere non amovibili da essa costruite? In altri termini, la SIIB è tuttora legittimata a contestare tale devoluzione, in via diretta oppure indiretta, mediante un ricorso avverso la decisione del concedente che le impone il pagamento di canoni maggiorati?».
Nel rispondere a tale quesito la Sezione VII ha osservato che l’effetto devolutivo di cui all’art. 49 cod. nav. spiega i suoi effetti «solo e soltanto al momento in cui spira l’efficacia del titolo concessorio medesimo». Pertanto, «l’eventuale ricognizione in via amministrativa o l’accertamento giurisdizionale del diritto di proprietà in capo allo Stato ha effetti soltanto dichiarativi e accertativi di una situazione giuridica già costituitasi per effetto della disposizione di legge». Nondimeno, secondo la Sezione VII, la ricognizione dello stato di consistenza è indispensabile «ai fini della determinazione e quantificazione del canone dovuto per l’occupazione del suolo pubblico». Da qui la tempestività dell’azione di chi insorga contro atti, tra cui quelli di determinazione del canone, che, pur essendo intervenuti molto tempo dopo il verificarsi dell’effetto devolutivo ex art. 49 cod. nav., stabiliscano lo stato di consistenza dei beni incamerati.

Il secondo chiarimento richiesto dalla Corte di Giustizia è stato il seguente:

«2. La domanda di pronuncia pregiudiziale espone che l’articolo 49 del codice della navigazione «è stato interpretato dalla giurisprudenza amministrativa maggioritaria nel senso che l’acquisto, a titolo gratuito, da parte dello Stato, delle opere costruite dal concessionario si verifica ipso iure, al termine del periodo di concessione, e va applicato anche in caso di rinnovo della concessione stessa, implicando il rinnovo – a differenza della proroga – una nuova concessione in senso proprio, dopo l’estinzione della concessione precedente alla relativa scadenza, con automatica produzione degli effetti di cui al predetto articolo 49 (cfr. Cons. Stato n. 626/2013 e n. 6852/2018)».
Può la Corte assumere che ciò rappresenti lo stato del diritto positivo italiano? La devoluzione al demanio marittimo avviene, di conseguenza, automaticamente alla scadenza di una precedente concessione, cosicché il procedimento per l’incameramento delle pertinenze demaniali non ancora acquisite ha carattere meramente ricognitivo (o dichiarativo), oppure tale devoluzione ha carattere costitutivo, e con quali conseguenze?».
Nel rispondere a tale quesito la Sezione VII ha affermato che «in forza dell’art. 49, cod. nav. la devoluzione al demanio marittimo avviene automaticamente alla scadenza della concessione, cosicché il procedimento per l’incameramento delle pertinenze demaniali non ancora acquisite ha carattere meramente ricognitivo e dichiarativo».
La Sezione VII precisa tuttavia che tale meccanismo appare lesivo dei diritti del concessionario.
Nello specifico la Sezione VII ha osservato che «sulla base di questo meccanismo, che opera con effetto automaticamente costitutivo del diritto in favore dello Stato al cessare dell’efficacia della concessione, le conseguenze sul piano della tutela dei diritti sono cruciali». Ciò in quanto, da un lato, la devoluzione dei beni del concessionario a favore dello Stato avviene «a titolo oneroso e senza alcun indennizzo», dall’altro lato, rende «l’accesso alla giustizia … così difficile da divenire praticamente impossibile». Secondo la Sezione VII, l’automatismo della devoluzione non consente all’operatore economico privato «di rendersi conto di qual è il momento preciso in cui si produce l’effetto sfavorevole nella sua sfera giuridica». Del resto – osserva sempre la Sezione VII – l’art. 49, cod. nav. omette di «prevedere uno strumento, anche amministrativo, per determinare e accertare in modo congruo, adeguato, ragionevole e proporzionato l’effettiva consistenza delle opere che vengono acquisite al patrimonio dello Stato». Anche da ciò va ricavata la tempestività dell’azione del concessionario che, nel contestare la misura del canone demaniale marittimo, contesti anche l’incameramento subito.
In ogni caso – conclude la Sezione VII – l’art. 49 cod. nav. violerebbe i principi di certezza giuridica e di effettività della tutela, in quanto:
«a) manca un provvedimento formale ed espresso da impugnare sullo stato di consistenza delle opere che si perdono in capo al privato e si acquistano da parte dello Stato;
b) perché rappresenta un principio giuridico generale quello secondo cui l’oggetto di ogni rapporto giuridico, sia che esso abbia la propria fonte nel negozio, nel contratto o nell’atto amministrativo, dovrebbe caratterizzarsi per la possibilità di essere determinato fin dalla sua origine o comunque di esserlo in seguito, determinabile, con un ragionevole grado di certezza;
c) perché la chiarezza sullo stato di consistenza delle opere da acquisire non è una questione che riguarda solo il concessionario uscente e lo Stato, ma tutti gli operatori economici che aspirano a divenire concessionari, in quanto la entità del canone dipende concretamente dagli incrementi che via via subisce nel tempo il bene demaniale».

Il terzo chiarimento richiesto dalla Corte di Giustizia è stato il seguente:

«3. a) Se la devoluzione al demanio marittimo è intervenuta prima del 28 dicembre 2009, è applicabile l’articolo 49 TFUE, relativo alla libertà di stabilimento, ove la concessione presenti un «interesse transfrontaliere certo». Spetta nondimeno al giudice del rinvio accertare la sussistenza di tale «interesse transfrontaliero certo», prima di adire la Corte. Orbene, allo stato degli atti, la domanda di pronuncia pregiudiziale non contiene alcun elemento che permetta di constatare l’esistenza di un siffatto interesse transfrontaliero certo. Il Consiglio di Stato è quindi pregato di fornire alla Corte indizi della sussistenza di un tale interesse transfrontaliero certo.
b) In assenza di un tale «interesse transfrontaliero certo» e conformemente alla sentenza del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten (C-268/15, EU:C:2016:874, punti da 50 a 53), l’articolo 49 TFUE sarebbe comunque applicabile al procedimento principale qualora:
i. il codice della navigazione sia applicabile indistintamente agli operatori economici italiani e a quelli provenienti da altri Stati membri;
ii. il diritto nazionale imponga al giudice del rinvio di riconoscere a un cittadino dello Stato membro cui detto giudice appartiene gli stessi diritti di cui il cittadino
di un altro Stato membro, nella stessa situazione, beneficerebbe in forza del diritto dell’Unione; oppure
iii. qualora il diritto italiano abbia reso il diritto dell’Unione applicabile a situazioni puramente interne. Spetta, se del caso, al giudice del rinvio indicare se nella presente causa ricorra una delle situazioni di cui ai punti i), ii) o iii)».
Nel rispondere al 3° quesito la Sezione VII ha rilevato che nella vicenda al suo esame la devoluzione si è verificata anteriormente all’entrata in vigore della Direttiva 2006/123/CE e che è perciò applicabile l’art. 49 TFUE.
Nello specifico ha osservato la Sezione VII che concessione demaniale di cui è causa «presenta un “interesse transfrontaliero certo” in quanto la risorsa materiale è scarsa e il mercato di riferimento, caratterizzato dall’impiego strumentale del bene per la prestazione di servizi dietro remunerazione, attrae gli investimenti sia degli operatori economici nazionali, sia di quelli degli altri Stati membri, divenendo il bene demaniale, nella sostanza, uno degli elementi dell’azienda e, dunque, dell’impresa economica.
Pertanto – conclude la Sezione VII – «al di là del fatto che nel giudizio principale l’operatore economico ricorrente sia un’impresa italiana, nulla sarebbe mutato se invece si fosse trattato di un operatore di un altro Stato membro, essendo il diritto positivo applicabile il medesimo».
Quest’ultimo passaggio è rilevantissimo.
Nell’ordinanza n. 8010/2022 la Sezione VII, nel formulare il dubbio interpretativo da sottoporre alla Corte circa la compatibilità dell’art. 49 cod. nav. con gli artt. 49 e 56 TFUE, ha osservato che l’incameramento attinge “opere edilizie realizzate sull’area demaniale facenti parte del complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa balneare”. Nell’ordinanza n. 8010/2022 è stata cioè censurata la compatibilità con il diritto unionale della fonte normativa statale (e cioè l’art. 49 cod. nav.), nella parte in cui dispone l’incameramento a titolo gratuito di beni immobili realizzati dal concessionario e appartenenti all’azienda balneare, la quale è appunto il complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa (art. 2555 c.c.).
Nell’ordinanza n. 8184/2023 viene ora precisato che anche la risorsa demaniale è “uno degli elementi dell’azienda e, dunque, dell’impresa economica”.
Si tratta di un’affermazione di principio fondamentale per sostenere – ovviamente in altra sede – l’ingiustizia della perdita del bene demaniale che gli attuali concessionari subiranno all’esito del corrente periodo transitorio.
L’azienda balneare non può in effetti esistere senza il bene demaniale di cui l’imprenditore balneare è titolare sin da prima che entrasse in vigore la Direttiva 2006/123/CE e cioè prima del 28 dicembre 2009, come ricordato dalla Sezione VII anche nell’ordinanza n. 8184/2023.
Da qui l’ingiustizia proprio in base al diritto unionale primario della perdita del bene demaniale e quindi del compendio aziendale senza indennizzo e senza causa di pubblica utilità (cfr. art. 17 della Carta di Nizza).
Ai punti da 86 a 89 della sentenza Commissione / Ungheria (Corte di Giustizia, Grande Sezione, 21 maggio 2019, C-235/17), la Corte di Giustizia ha del resto osservato che una privazione del diritto di proprietà ovvero limitazioni al suo esercizio sono consentite purché ricorrano cause di pubblico interesse e sia al contempo rispettato il principio di proporzionalità di cui all’art. 52, par. 1, della Carta di Nizza.
Non possono tuttavia ascriversi tra le ragioni di pubblico interesse “motivi di natura puramente economica”; detti motivi non potrebbero «costituire ragioni imperative di interesse generale idonee a giustificare una limitazione di una libertà fondamentale garantita dal Trattato» (punto 121 della sent. Commissione / Ungheria).
Ciascun imprenditore balneare è perciò legittimato a contestare le fonti statali che conculcano i loro diritti di cittadinanza europea, privandoli dei beni aziendali (sia quelli sorti sul demanio, sia il bene demaniale stesso), in difetto di una causa di pubblica utilità e di un indennizzo giusto, che tenga cioè conto sia del valore venale pieno dell’azienda, sia della sua capacità di produrre redditi futuri.
Avv. Roberto Righi Avv. Ettore Nesi