Procura e rappresentanza: la Plenaria 11/2025 ribalta il precedente del TAR Liguria

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Il principio affermato dal Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria con la sentenza n. 11 del 2 ottobre 2025 (presidente Luigi Maruotti, estensore Luca Lamberti)è destinato a produrre un effetto immediato su molte controversie pendenti, a cominciare dalla sentenza n. 1001/2025 del TAR Liguria sul caso Albenga–AGCM.

Il TAR, lo scorso 15 settembre, aveva ritenuto sanabile il difetto di rappresentanza dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, applicando per analogia l’art. 182, comma 2, del codice di procedura civile come novellato dalla “riforma Cartabia”. In base a tale norma, il giudice può concedere un termine per la regolarizzazione della procura o del potere di rappresentanza.

Ma la Plenaria del Consiglio di Stato ha ora chiuso definitivamente la porta a questa interpretazione. Con una decisione di principio, ha stabilito che il processo amministrativo non ammette sanatorie di procura o rappresentanza, perché la sua disciplina è completa e autonoma:

“L’art. 182, comma 2, c.p.c. – si legge nella motivazione – non è espressione di un principio generale applicabile al giudizio amministrativo”.

In altri termini, se la rappresentanza o la procura non sono valide al momento della proposizione del ricorso o della costituzione, il vizio è insanabile e l’atto processuale è inammissibile.

Di conseguenza, qualora la vicenda di Albenga dovesse approdare in appello, l’esito sarebbe quasi inevitabilmente diverso: il Consiglio di Stato, vincolato ai principi della Plenaria, non potrebbe confermare la sanatoria disposta dal TAR e dovrebbe dichiarare inammissibile la costituzione dell’AGCM per difetto originario di rappresentanza.

Resta un’unica possibile via d’uscita: la valutazione dell’errore scusabile, richiamata dalla stessa Plenaria come clausola di equità per le cause avviate in un contesto interpretativo ancora incerto. Ma per il futuro la linea è tracciata.

Il messaggio ai pratici del diritto è chiaro: nel processo amministrativo la forma torna centrale. Procure e deleghe devono essere perfette sin dall’origine, perché dopo la Plenaria 11/2025 non c’è più spazio per regolarizzazioni a posteriori.

Il caso: una procura rilasciata in Francia e autenticata da un avvocato italiano

Il giudizio prende le mosse dal ricorso di un cittadino francese contro il silenzio del Ministero della Giustizia su una richiesta di “garanzia preventiva di non estradizione” verso gli Stati Uniti.
Nel corso dell’appello, il Governo americano aveva eccepito la nullità della procura alle liti, rilasciata all’estero ma autenticata dal difensore italiano.
La Terza Sezione, ravvisando un contrasto interno al Consiglio di Stato, ha rimesso la questione all’Adunanza Plenaria, chiedendo se fosse possibile sanare il vizio attraverso il successivo deposito di una nuova procura, come avviene nel processo civile ai sensi dell’art. 182, comma 2, c.p.c.

L’Adunanza Plenaria ha escluso ogni possibilità di sanatoria, chiarendo che la disciplina del codice del processo amministrativo (c.p.a.) è completa e non presenta lacune da colmare con norme del codice di procedura civile.
Secondo i giudici, la procura speciale deve esistere prima o al momento della sottoscrizione del ricorso: in mancanza, l’atto è giuridicamente privo di sottoscrizione e il processo non può dirsi validamente instaurato.

“La mancanza di una norma sulla sanatoria non è una lacuna, ma una scelta consapevole del legislatore”, afferma la Plenaria, ricordando che il processo amministrativo, a differenza di quello civile, è strutturato su termini decadenziali rigidi e su un modello impugnatorio che non consente integrazioni successive.

Procura all’estero: serve un pubblico ufficiale locale

Nel merito, la sentenza ribadisce che il potere di autenticazione dell’avvocato italiano vale solo entro il territorio nazionale.
Pertanto, se la procura è rilasciata all’estero, l’autenticazione deve essere compiuta da un notaio o altro pubblico ufficiale dello Stato estero, in grado di attribuirle pubblica fede.

“Il potere di autenticazione del difensore ha natura speciale e territoriale – sottolinea la Plenaria – e non può essere esercitato oltre i confini della Repubblica”.

Fine del rinvio “automatico” al codice civile

La decisione delimita in modo netto il campo di applicazione dell’art. 39 c.p.a., secondo cui il giudice amministrativo può richiamare le norme del processo civile solo “in quanto compatibili o espressive di principi generali”.
Secondo l’Adunanza, l’art. 182, comma 2, c.p.c. non è un principio generale, ma una disposizione specifica del processo di merito civile, estranea alla logica impugnatoria e decadenziale del processo amministrativo.

Le conseguenze pratiche: attenzione formale e rischio inammissibilità

La pronuncia ha effetti immediati sull’attività forense:
gli avvocati dovranno verificare con la massima attenzione la regolarità formale della procura alle liti, specie nei ricorsi provenienti da soggetti esteri.
In caso di errori o difetti di autenticazione, il ricorso è inammissibile e non potrà essere sanato successivamente, neppure con il deposito di una nuova procura.

L’Adunanza ha tuttavia lasciato alla Sezione rimettente la possibilità di valutare, nel caso concreto, l’applicabilità dell’istituto dell’errore scusabile, per evitare conseguenze eccessivamente punitive in presenza di incertezze interpretative.

Sentenza Plenaria

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