Mini-idroelettrico e Bolkestein: le Conclusioni dell’Avvocato Generale smontano un dogma. E il Governo ora non può più nascondersi dietro Bruxelles

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Corte di Giustizia dell'Unione Europea

Sono state depositate ieri le Conclusioni dell’Avvocato Generale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Campos Sánchez-Bordona, nella causa C-653/2024 relativa al rinvio pregiudiziale disposto dalla Corte Costituzionale italiana (ordinanza n. 161/2024) sulla proroga delle concessioni demaniali micro-idroelettriche prevista dalla legge regionale dell’Emilia-Romagna n. 28/2023.

Le Conclusioni dell’Avvocato Generale, diffuse dal Sindacato Italiano Balneari (SIB-FIPE) tramite una nota ufficiale indirizzata ai presidenti regionali e territoriali, contengono spunti di forte rilievo non solo per il settore idroelettrico ma anche – indirettamente – per il contenzioso sulle concessioni demaniali marittime e non sono un semplice passaggio tecnico. Sono, politicamente, un terremoto. Non per ciò che dicono espressamente sui balneari – settore estraneo al giudizio – ma per ciò che dimostrano sul piano dei rapporti tra Stato e Unione, e soprattutto sul margine che gli Stati membri conservano nella regolazione delle loro concessioni.

1. Il punto politico: Bruxelles non impone la Bolkestein a tutto. È Roma che ha scelto di piegarsi.

L’Avvocato Generale è chiarissimo:
la direttiva Bolkestein non si applica alle concessioni micro-idroelettriche.
Ma il punto è più ampio: non ogni concessione rientra nel perimetro della direttiva servizi. Occorre distinguere. Serve analisi, serve politica, non automatismi.

È l’opposto di ciò che una parte della burocrazia italiana ripete da anni – e che alcuni governi hanno fatto propria per evitare responsabilità:

“Ce lo chiede l’Europa, non possiamo fare diversamente.”

Le Conclusioni dimostrano il contrario: è l’Italia che deve decidere, indicando motivi, priorità e scelte normative. Bruxelles non impone nulla di precostituito.

2. Il messaggio implicito sui balneari: l’UE non vieta regimi speciali. Chiede che siano motivati, proporzionati e coerenti.

Sánchez-Bordona afferma un principio politico di enorme peso:

Uno Stato può adottare un regime specifico, fondato su motivi imperativi di interesse generale, purché proporzionato e non discriminatorio.

È un punto chiave.
Significa che non esistono settori preclusi a priori da soluzioni legislative nazionali: ciò che conta è la logica dell’interesse generale e la coerenza normativa.

Applicato al dossier balneare, questo principio è una bomba:

  • il Governo non può più sostenere che l’UE impedisce una disciplina nazionale;
  • la narrazione fatalistica dell’obbligo di gara generalizzato perde credibilità;
  • il Parlamento recupera un ruolo centrale: decidere politicamente come bilanciare concorrenza, lavoro, investimenti e stabilità delle imprese.

3. La politica italiana messa davanti alle sue responsabilità

La nota del Sindacato Italiano Balneari (SIB-FIPE) coglie perfettamente il punto:

“La soluzione della questione balneare non spetta ai giudici, ma al Governo e al Parlamento italiano.”

È esattamente ciò che le Conclusioni dell’AG suggeriscono: non c’è automatismo europeo che obblighi l’Italia a non legiferare.

Per anni il tema è stato delegato ai tribunali (TAR, Consiglio di Stato, Cassazione, CGUE).
Oggi la CGUE – indirettamente, ma inequivocabilmente – rimette la palla nel campo della politica nazionale.

Se la Bolkestein non si applica automaticamente a tutto e se gli Stati possono modulare i regimi concessori, allora il Parlamento non ha più alibi.

4. Il Governo Meloni sotto pressione: scegliere una linea o assumersi il fallimento

Il Governo, intanto, ha impugnato davanti alla Corte Costituzionale la proroga regionale delle concessioni micro-idro.
Una scelta politica precisa: centralizzare il controllo, ma senza proporre un modello alternativo.

Ora, però, l’AG dice:

  • che la Bolkestein non si applica;
  • che lo Stato può prevedere regimi speciali;
  • che i motivi imperativi di interesse generale (anch’essi richiamati nella sentenza CGUE AGCM 2023) possono legittimare soluzioni non concorsuali o attenuate.

Questo mette il Governo davanti a una scelta politica netta:

  1. Scrivere una disciplina organica sulle concessioni, assumendosi la responsabilità di definire l’interesse generale prevalente;
  2. Oppure continuare a rinviare, lasciando che siano i tribunali a decidere – con conseguenze sociali, economiche e politiche devastanti.

5. Il vero nodo: il Parlamento deve riprendersi la competenza sottratta dalla narrativa “tecnica”

La grande vittoria politica delle Conclusioni dell’AG è una:
sgretolano la narrazione secondo cui il Parlamento avrebbe le mani legate.

Non è così.
Non è mai stato così.
E oggi diventa impossibile continuare a dirlo.

Il Parlamento può:

  • definire criteri settoriali;
  • graduare l’applicazione della concorrenza;
  • riconoscere specificità economiche e sociali;
  • stabilire regimi transitori lunghi e strutturati;
  • prevedere compensazioni e sistemi di salvaguardia.

Se non lo fa, è per scelta politica – non per un vincolo europeo.

Conclusione: l’Europa non chiude, apre. Ora tocca all’Italia.

Le Conclusioni dell’Avvocato Generale non decidono il caso (lo farà la CGUE nel 2026), ma cambiano il quadro politico:

  • dimostrano che la Bolkestein non è un totem;
  • riaffermano la sovranità regolatoria degli Stati membri;
  • mettono in crisi anni di letture burocratiche e giurisprudenziali automatiche;
  • spingono il Governo e il Parlamento a riprendersi il proprio ruolo.

Ora il dossier balneare non può più essere nascosto sotto il tappeto.
Serve una legge. Serve una scelta. Serve politica.

Questo articolo ha 2 commenti

  1. Lorenzo

    Mi sembra che al governo abbiamo diversi parlamentari che ci rappresentano.. La palla adesso è nel loro campo, vediamo cosa faranno. Li abbiamo eletti per questo…

  2. Mario DI NITTO

    Andiamo tutti Roma e ci rimaniamo sotto palazzo Chigi fina a quanto non decidono X una legge giusta senza espropri arbitrarii

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