Domani la risposta del governo sui balneari, si lavora per evitare procedura Ue

Il governo invierà domani, entro il termine previsto, alla Commissione europea la risposta al parere motivato dell’esecutivo europeo sul dossier delle concessioni balneari. A quanto si apprende da fonti dell’esecutivo, nelle ultime ore è proseguito il lavoro dei tecnici dei vari ministeri interessati, fra cui Affari europei, Infrastrutture, Made in Italy e Turismo, nonché di quelli della Presidenza del consiglio. Il tema non dovrebbe passare nel Consiglio dei ministri, che si riunirà domani per la prima volta nel 2024, ma ancora non c’è una posizione completamente condivisa.

Giovedì scorso si è svolta una riunione tecnica per acquisire tutti gli elementi utili a stilare una risposta in grado di convincere la Commissione europea, che due mesi fa, il 16 novembre, con il parere motivato inviato a Roma ha sancito un passo avanti nella procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per il mancato adeguamento alla direttiva Bolkestein. In base alla risposta del governo, Bruxelles deciderà se procedere o meno alla Corte di giustizia europea. Il tema ha creato qualche fibrillazione nell’esecutivo, anche nell’ultimo Consiglio dei ministri del 2023, quando il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini tenne un’informativa a sorpresa e si decise di posticipare la soluzione a gennaio. Nel frattempo sono andate avanti le
interlocuzioni sull’asse Roma-Bruxelles. Nei giorni scorsi, nella maggioranza, è circolata anche l’ipotesi di chiedere alla Commissione europea ulteriore tempo per completare il lavoro del tavolo tecnico istituito a maggio presso la Presidenza del
Consiglio, e definire i criteri in base ai quali stabilire se c’è (condizione con cui si applicherebbe la direttiva) o meno scarsità del bene demaniale. Nel centrodestra c’è chi spinge per sostenere che non ci sia scarsità, alla luce della mappatura che a ottobre ha indicato al 33% circa la quota delle aree demaniali delle coste in concessione.

Un esito, però, contestato dall’esecutivo europeo perché “non riflette una valutazione qualitativa delle aree in cui è effettivamente possibile fornire servizi di concessione balneare” e “non tiene conto delle situazioni specifiche a livello regionale e comunale”. Per questo motivo, secondo un’altra visione diffusa nell’esecutivo, difficilmente ci sarebbero i margini per chiedere più tempo a Bruxelles.

Le concessioni demaniali non riguardano la prestazione di servizi, lo afferma il Consiglio di Stato

Le concessioni di beni demaniali non riguardano la prestazione di servizi o di lavori affidata dall’ente aggiudicatore e legittimano il concessionario allo svolgimento di un’ attività economica.. Lo afferma il Consiglio di Stato con sentenza numero 225, pubblicata il 05/01/2024 (presidente Claudio Contessa, estensore Brunella Bruno).

Il ricorso è stato proposto dalla società Marina di Baunei e Santa Maria Navarrese S.r.l contro la Regione Autonoma della Sardegna e il Comune di Dorgali per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna (Sezione Seconda) n. 856/2022, pubblicata in data 19 dicembre 2022.
La società appellante, la Marina di Baunei e Santa Maria Navarrese S.r.l ha impugnato la sentenza con la quale il competente TAR ha respinto il ricorso da essa proposto avverso gli atti con cui la Regione Sardegna, a seguito di procedura a evidenza pubblica, ha aggiudicato in favore del Comune di Dorgali, ai sensi dell’art. 36 cod. nav., una concessione demaniale marittima con finalità turistico ricreativa, finalizzata alla ristrutturazione, gestione e manutenzione del pontile ubicato in località “Cala Luna” e delle relative aree di pertinenza

Nella sentenza viene affermato che tali concessioni legittimano il concessionario a svolgere un’attività economica in un’area demaniale, con l’assunzione del relativo rischio operativo. Questo aspetto sembra essere rilevante per escludere l’applicabilità del codice dei contratti pubblici a questa particolare procedura, sottolineando la natura delle concessioni demaniali come contratti attivi, con una maggiore libertà economica per il concessionario nella gestione del bene pubblico concesso.

Il Consiglio di Stato sta forse ripensando a quanto deciso con le sentenze gemelle della Plenaria?

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