Alle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali, non si applicano la Bolkestein e il diritto primario Ue sulla libertà di concorrenza e stabilimento

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di Vincenzo De Michele

INDICE

a) Considerazioni preliminari sulla vicenda delle proroghe delle concessioni balneari. – b) Il quadro normativo primario e derivato dell’Unione europea in subiecta materia. – c) La compatibilità del codice della navigazione nella versione originaria con il diritto Ue fino al 31 dicembre 2006 con la reiterazione illimitata delle concessioni balneari e l’esclusione del settore dal codice degli appalti o contratti pubblici. – d) La inaccettabile applicazione da parte del Governo Prodi dal 1.1.2007 della direttiva Bolkestein alle concessioni balneari, escluse, secondo l’Avvocato generale Capeta, dal campo di applicazione sia del diritto primario che della normativa derivata dell’Unione. – e) La procedura di infrazione della Commissione Ue sui balneari italiani prima della entrata in vigore della Bolkestein e l’exequatur Governo/Regione Emilia Romagna dinanzi alla Corte costituzionale sull’abrogazione del diritto di insistenza. – f) La sentenza Promoimpresa del 2016 della Corte di giustizia Ue. – g) La Commissione Ue esclude le concessioni balneari dal campo di applicazione della Bolkestein dopo la sentenza Promoimpresa della Corte Ue. – h) La legge n.145/2018 proroga fino al 31.12.2033 le concessioni demaniali marittime e la normativa emergenziale del 2020 blocca le procedure amministrative di devoluzione dei beni e proroga le concessioni demaniali lacuali e fluviali fino al 31.12.2033. – i) Il colpo di Stato della Commissione europea con l’avvio della nuova procedura di infrazione della Commissione europea del 3.12.2020 in piena epidemia Covid, dopo la pregiudiziale Ue della Cassazione a Sezioni unite contro il Consiglio di Stato. – l) Il colpo di Stato del Consiglio di Stato con le sentenze nn.17-18/2021 dell’Adunanza plenaria su fattispecie di concessioni demaniali marittime antecedenti il 28.11.2009. – m) La Corte costituzionale con la sentenza n.46/2022 del 14.1.2022 non condivide la posizione assunta dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato sulla violazione del diritto Ue dell’art.1 commi 682-683 della legge n.145/2018. – n) Gli artt.3 e 4 della legge sulla concorrenza n. 118/2022 del Governo Draghi. – o) L’ordinanza di rinvio pregiudiziale del Consiglio di Stato sull’indennizzo al concessionario uscente che non c’è nella normativa vigente, ma ci sarà con i decreti legislativi emanandi e non più emanati. – p) La legge n.14/2023 di conversione del decreto legge n.198/2022 c.d. milleproroghe ha trasformato a tempo indeterminato la durata delle concessioni balneari. – q) La sentenza AGCM del 20.4.2023 della Corte di giustizia Ue. – r) Il Tavolo governativo sulla mappatura attesta la non scarsità della risorsa naturale. – s) Il discriminatorio e illegittimo parere motivato della Commissione Ue del 16.11.2023 contro i concessionari demaniali marittimi italiani. – t) La sentenza n.32559/2023 della Cassazione a Sezioni unite riforma per eccesso di potere la sentenza n.18/2021 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato. – u) La risposta anomala del Governo del 16.1.2024 al parere motivato della Commissione europea: la confusione regna sovrana grazie anche all’autarchia dell’Antitrust. – v) L’avvocato generale Capeta con l’esclusione dalla Bolkestein delle concessioni balneari iniziate prima del 28.12.2009 risolve il falso problema della mancanza di indennizzo al concessionario uscente per le opere non amovibili. – z) Le azioni esperibili o esperite dai concessionari balneari a tutela dei propri diritti.

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a) Considerazioni preliminari sulla vicenda delle proroghe delle concessioni balneari

1. Sono state pubblicate l’8 febbraio 2024 le conclusioni scritte dell’Avvocato generale croato Capeta nella causa pregiudiziale C-598/22 S.I.I.B. promossa dal Consiglio di Stato con l’ordinanza del 15.09.2022 n.8010/2022, che ha proposto il seguente quesito: «Se gli articoli 49 e 56 TFUE ed i principi desumibili dalla sentenza Laezza (C‑375/14) ove ritenuti applicabili, ostino all’interpretazione di una disposizione nazionale quale l’articolo 49 del codice della navigazione nel senso di determinare la cessione a titolo non oneroso e senza indennizzo da parte del concessionario alla scadenza della concessione quando questa venga rinnovata, senza soluzione di continuità, pure in forza di un nuovo provvedimento, delle opere edilizie realizzate sull’area demaniale facenti parte del complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa balneare, potendo configurare tale effetto di immediato incameramento una restrizione eccedente quanto necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito dal legislatore nazionale e dunque sproporzionato allo scopo».

2. La fattispecie della causa pregiudiziale riguarda una concessione demaniale marittima iniziata nel 1928 con lo stabilimento balneare «Bagni Ausonia» nel Comune di Rosignano Marittimo, e si inserisce nella complessa vicenda della legittimità delle proroghe legislative delle concessioni balneari italiane, che ha visto coinvolte tutte le principali Istituzioni dell’Unione europea (Commissione e Corte di giustizia in primo luogo, ma anche Parlamento europeo) e tutte le Istituzioni nazionali di vertice sia politiche e legislative (Governo e Parlamento; Presidente della Repubblica) sia giurisdizionali (Consiglio di Stato in adunanza plenaria, Cassazione a Sezioni unite e Corte costituzionale).

3. Si è creato così un vortice di contrastanti interventi istituzionali e politici e di gravi conflitti giurisprudenziali che sembrava essere arrivato finalmente ad un approdo di pace normativa e interpretativa sulla conformità della legislazione nazionale rispetto al diritto dell’Unione, dopo l’entrata in vigore a decorrere dal 27.2.2023 di un normativa interna (introdotta con la legge n.14/2023 di conversione del decreto legge n.198/2022) che prevede la durata a tempo indeterminato delle concessioni demaniali marittime in corso con il blocco definitivo delle gare da parte dei Comuni (si tratta dell’art.4 comma 4-bis della legge n.118/2022, introdotto dall’art.1 comma 8 lettera b) della legge n.14/2023, nonché dell’art.10-quater comma 3 d.l. n.198/2022), non essendo stata adottata entro il 27.2.2023 la decretazione legislativa prevista dall’art.4 comma 1 della legge n.188/2022, che avrebbe dovuto stabilire i criteri per bandire le gare entro il 31 dicembre 2023 (termine prorogato al 31 dicembre 2024 con la modifica dell’art.3 commi 1 e 2 della legge n.118/2022) e gli indennizzi previsti per i concessionari uscenti.

4. Come sottolineato da chi scrive in progress in più occasioni1, dopo la sentenza della Corte di giustizia Ue del 20 aprile 2023 nella causa C-378/22 AGCM la legislazione nazionale che ha recentemente trasformato a tempo indeterminato la durata delle concessioni demaniali marittime – diversamente da quanto opinato dal Consiglio di Stato in più occasioni dopo le sentenze della Plenaria nn.17 e 18 del 9 novembre 2021 (cfr. Consiglio di Stato, sentenze del 1° marzo 2023, n. 2192, del 19 aprile 2023 n. 3964, del 7 luglio 2023 n. 6675, del 28 agosto 2023 n. 7992 e del 27 dicembre 2023 n.11200) – non può essere disapplicata dai Comuni se non incorrendo in una gravissima violazione della Costituzione nazionale e della legislazione ordinaria interna vigente del codice della navigazione, perché l’art.4 comma 4-bis della legge n.118/2022 e l’art.10-quater comma 3 d.l. n.198/2022 sono norme assolutamente conformi al diritto dell’Unione europea, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia.

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b) Il quadro normativo primario e derivato dell’Unione europea in subiecta materia

5. Infatti, va precisato, preliminarmente, che gli artt.49, 50, 51, 195 e 345 del TFUE escludono le concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali dal campo di applicazione sia del diritto primario dell’Unione che delle direttive comunitarie di armonizzazione.

6. L’art. 49 TFUE (ex art.44 TCE) vieta le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro.

6.1. L’art.50 TFUE (ex art.45 TCE) prevede che l’art.49 TDUE non opera fino a quando detta norma primaria del Trattato non sia stata recepita da una direttiva specifica di armonizzazione idonea a regolare il settore, e comunque l’applicazione dell’art.49 TDUE è esclusa dall’art. 51 TFUE (ex art.46 TCE), che appunto consente la non applicazione delle disposizioni dello stesso Capo 2 (artt.49 – 55 TFUE), per quanto riguarda lo Stato membro interessato, alle attività che in tale Stato partecipino, sia pure occasionalmente, all’esercizio dei pubblici poteri, come nel caso delle concessioni demaniali marittime.

6.2. Inoltre, l’art.195 del TFUE con decorrenza dal 1.12.2009 (la norma non era presente nel TCE) ha escluso nel settore turismo che il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, possano introdurre misure specifiche di armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri. Pertanto, le direttive di armonizzazione non si applicano alle concessioni demaniali marittime.

6.3. Infine, l’art.345 del TFUE stabilisce che i trattati lasciano del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri.

7. In siffatto contesto normativo di diritto primario dell’Unione è intervenuta la direttiva 2006/123/CE (c.d. direttiva Bolkestein) che all’art.11 ha previsto la regola della durata illimitata delle autorizzazioni allo svolgimento dei servizi disciplinati dalla direttiva in questione e all’art.12 paragrafo 1 ha dettato l’eccezione delle procedure selettive «qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali».

7.1. Il considerando n.9 della direttiva 2006/123/CE esclude espressamente dal campo di applicazione della stessa direttiva servizi i servizi che implicano come requisiti per lo svolgimento dell’attività economica il rispetto delle norme riguardanti lo sviluppo e l’uso delle terre.

7.2. Il considerando n.57 2° capoverso della direttiva Bolkestein prevede l’esclusione delle fattispecie delle concessioni di beni pubblici (come le cdm) e di servizi pubblici (come le concessioni in materia di scommesse) dal campo di applicazione della stessa direttiva servizi: «Le disposizioni della presente direttiva relative ai regimi di autorizzazione dovrebbero riguardare i casi in cui l’accesso ad un’attività di servizio o il suo esercizio da parte di operatori richieda la decisione di un’autorità competente. Ciò non riguarda né le decisioni delle autorità competenti relative all’istituzione di un ente pubblico o privato per la prestazione di un servizio particolare, né la conclusione di contratti da parte delle autorità competenti per la prestazione di un servizio particolare, che è disciplinata dalle norme sugli appalti pubblici, poiché la presente direttiva non si occupa di tali norme».

7.3. Ai sensi dell’art.44 della direttiva 2006/123/CE gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alle disposizioni della stessa direttiva entro il 28 dicembre 2009.

7.4. Pertanto, la direttiva Bolkestein non è stata mai applicabile alle concessioni demaniali marittime essendo concessioni di beni (cfr. Consiglio di Stato, sentenza 5.1.2024 n.204; Corte di giustizia, sentenza Promoimpresa2, punti 47-48; Corte costituzionale, sentenza n.29/20173) e non di servizi o di lavori e, comunque, la direttiva 2006/123/CE non poteva essere applicata alle cdm iniziate prima della scadenza del termine di recepimento (28.12.2009), come ha precisato ai punti 27-28 delle conclusioni scritte in commento nella causa C-598/22 l’Avvocato generale Capeta.

8. Ai sensi del considerando 15 della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione prevede testualmente: «Inoltre, taluni accordi aventi per oggetto il diritto di un operatore economico di gestire determinati beni o risorse del demanio pubblico, in regime di diritto privato o pubblico, quali terreni o qualsiasi proprietà pubblica, in particolare nel settore dei porti marittimi o interni o degli aeroporti, mediante i quali lo Stato oppure l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore fissa unicamente le condizioni generali d’uso senza acquisire lavori o servizi specifici, non dovrebbero configurarsi come concessioni ai sensi della presente direttiva. Ciò vale di norma per i contratti di locazione di beni o terreni di natura pubblica che generalmente contengono i termini che regolano la presa di possesso da parte del conduttore, la destinazione d’uso del bene immobile, gli obblighi del locatore e del conduttore per quanto riguarda la manutenzione del bene immobile, la durata della locazione e la restituzione del possesso del bene immobile al locatore, il canone e le spese accessorie a carico del conduttore».

8.1. L’articolo 1 paragrafo 1 della direttiva 2014/23/UE prevede: «1. La presente direttiva stabilisce le norme applicabili alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione indette da amministrazioni aggiudicatrici ed enti aggiudicatori il cui valore stimato non è inferiore alla soglia indicata all’articolo 8», pari ad € 5.186.000,00.

8.2. L’articolo 2 della direttiva 2014/23/UE fissa il principio di libera amministrazione delle autorità pubbliche e prevede: «1. La presente direttiva riconosce il principio per cui le autorità nazionali, regionali e locali possono liberamente organizzare l’esecuzione dei propri lavori o la prestazione dei propri servizi in conformità del diritto nazionale e dell’Unione. Tali autorità sono libere di decidere il modo migliore per gestire l’esecuzione dei lavori e la prestazione dei servizi per garantire in particolare un elevato livello di qualità, sicurezza e accessibilità, la parità di trattamento e la promozione dell’accesso universale e dei diritti dell’utenza nei servizi pubblici. 2. La presente direttiva fa salvi i regimi di proprietà degli Stati membri. In particolare non richiede la privatizzazione di imprese pubbliche che forniscono servizi al pubblico.

8.3. L’articolo 5 n.1) lettera b) della direttiva 2014/23/UE fornisce la definizione di «concessione di servizi»: «si intende un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più enti aggiudicatori affidano la fornitura e la gestione di servizi diversi dall’esecuzione di lavori di cui alla lettera a) ad uno o più operatori economici, ove il corrispettivo consista unicamente nel diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o in tale diritto accompagnato da un prezzo.».

8.4. In buona sostanza, l’aggiudicazione delle concessioni balneari marittime come concessioni di servizi rientra, teoricamente, nel campo di applicazione della direttiva 2014/23/UE e non in quello della direttiva “servizi” 2006/123/CE.

8.5. Tuttavia, il considerando 15 della direttiva 2014/23/UE esclude testualmente le concessioni demaniali marittime dal campo di applicazione della stessa direttiva 2014/23/UE, alla luce del principio di libera amministrazione delle autorità pubbliche enunciato dall’art.2 della direttiva sull’aggiudicazione delle concessioni e del rispetto del regime di proprietà degli Stati e del demanio pubblico secondo il diritto nazionale, dal momento che, proprio per le concessioni demaniali marittime, alla scadenza della concessione le opere costruite dal concessionario vengono acquisite al demanio pubblico, in evidente deroga dei principi di libera circolazione dei beni e dei servizi e della libertà di iniziativa economica a cui si ispirano sia la direttiva 2006/123/CE sia la direttiva 2014/23/UE.

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c) La compatibilità del codice della navigazione nella versione originaria con il diritto Ue fino al 31 dicembre 2006 con la reiterazione illimitata delle concessioni balneari e l’esclusione del settore dal codice degli appalti o contratti pubblici

9. L’art. 36 del Codice della Navigazione (R.D. 30 marzo 1942 n.327; d’ora innanzi cod.nav.) prevede la possibilità della pubblica amministrazione concedente (in precedenza il Ministero competente o le Capitanerie di porto a seconda della durata, con l’art.42 del d.lgs. n.96/1999 i Comuni), compatibilmente con le esigenze del pubblico uso, può concedere l’occupazione e l’uso, anche esclusivo, di beni demaniali e di zone di mare territoriale per un determinato periodo di tempo.

10. L’art. 37 cod.nav. disciplina l’esperimento di un procedimento finalizzato alla valutazione comparativa tra gli aspiranti solo in via eventuale, ovvero nell’ipotesi di più domande di rilascio di concessione sul medesimo bene demaniale. Il medesimo articolo, al secondo comma, contemplava tuttavia in tal caso la preferenza in favore del soggetto già titolare della concessione (c.d. diritto di insistenza). La norma sul diritto di insistenza è stata in vigore fino al 30 dicembre 2009, quando è stata abrogata con la modifica del comma 2 dell’art.37 cod.nav. dall’art.1 comma 10 del d.l. n.194/2009 (convertito con modificazioni dalla legge n.25/2010).

11. L’art. 42 cod.nav. disciplina la revoca delle concessioni demaniali marittime, disponendo al comma 2 che le concessioni di durata superiore al quadriennio o che comunque importino impianti di difficile sgombero sono revocabili per specifici motivi inerenti al pubblico uso del mare o per altre ragioni di pubblico interesse, senza indennizzo e al comma 4, nel caso di concessioni che hanno dato luogo a costruzione di opere stabili, un indennizzo pari al rimborso di tante quote parti del costo delle opere quanti sono gli anni mancanti al termine di scadenza fissato.

12. L’art. 49 cod.nav. prevede che, quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell’autorità concedente di ordinarne la demolizione con la restituzione del bene demaniale nel pristino stato.

13. L’art.01 comma 2 del decreto legge n. 400 del 1993, nel testo modificato dall’art.10 comma 1 della legge n.88/2001 e in vigore fino al 31 dicembre 2006, ha previsto il rinnovo automatico delle concessioni demaniali marittime in essere di sei anni in sei anni, salvo la revoca di cui all’art.42 cod.nav.

14. In conclusione, il c.d. diritto di insistenza o di precedenza, previsto dall’originario testo dell’art.37 comma 2 cod.nav. fino al 29.12.2009, del precedente titolare del rapporto concessorio con il demanio marittimo, come dimostra il caso della cdm iniziata nel 1928 dello stabilimento balneare «Bagni Ausonia» nel Comune di Rosignano Marittimo, si coniugava perfettamente fino alla pubblicazione sulla G.U.C.E. della direttiva 2006/123/CE con l’art.49 del cod.nav., che prevede la devoluzione delle opere non amovibili allo Stato, senza indennizzo per il concessionario il cui titolo concessorio sia cessato, la norma sospettata di contrasto dal Consiglio di Stato con l’ordinanza di rinvio pregiudiziale del 15.09.2022 n.8010/2022 nella causa C-598/22, su cui l’Avvocato generale Capeta ha depositato le conclusioni scritte in commento l’8.2.2024.

14.1. Peraltro, la legislazione ordinaria italiana ha disciplinato con il codice della navigazione e con la legislazione speciale (d.l. 400/1993) le concessioni demaniali marittime come concessioni di beni demaniali e non di lavori o di servizi e quindi le cdm non sono mai state disciplinate come appalti pubblici di lavori o di servizi e non rientrano espressamente nell’attuale disciplina del codice dei contratti pubblici.

14.2. In particolare, il d.lgs. 18 aprile 2016 n.50 (codice dei contratti pubblici) ha recepito le direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25 e, coerentemente, all’art.17 comma 1 lettera a) ha escluso l’applicazione delle disposizioni del codice dei contratti pubblici «agli appalti e alle concessioni di servizi: a) aventi ad oggetto l’acquisto o la locazione, quali che siano le relative modalità finanziarie, di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili o riguardanti diritti su tali beni», ripetendo le analoghe previsioni dell’art. 19 del d.lgs. n.163/2006 e dell’art.5 comma 2 lettera a) del d.lgs. n.157/1995.

14.3. L’art.56 comma 1 lettera e) del d.lgs. 31 marzo 2023 n.36 (nuovo codice dei contratti pubblici) a decorrere dal 1° luglio 2023, con l’abrogazione del d.lgs. n.50/2016, ha sostituito con identica formulazione l’art.17 comma 1 lettera a) del codice dei contratti pubblici, elevando, sempre con decorrenza dal 1.7.2023, all’art.14 comma 1 lettera a) del nuovo decreto fino ad euro 5.382.000 la soglia di rilevanza europea degli appalti pubblici di lavori e per le concessioni.

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d) La inaccettabile applicazione da parte del Governo Prodi dal 1.1.2007 della direttiva Bolkestein alle concessioni balneari, escluse, secondo l’Avvocato generale Capeta, dal campo di applicazione sia del diritto primario che della normativa derivata dell’Unione

15. La scelta “aggressiva” della Commissione europea di applicare alle concessioni demaniali marittime la direttiva Bolkestein fin dalla pubblicazione della direttiva servizi sulla G.U.C.E. (28 dicembre 2006) e tre anni prima della sua entrata in vigore (28 dicembre 2009) è legata esclusivamente alla opzione del Governo Prodi di introdurre con l’art.1 commi 253 della legge finanziaria n.296/2006, con decorrenza dal 1° gennaio 2007, l’art.03 comma 4-bis del d.l. n.400/1993, neutralizzando – con un termine di durata massima di venti anni in ragione dell’entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare e sulla base dei piani di utilizzazione delle aree del demanio marittimo predisposti dalle regioni – la proroga automatica e illimitata di cui all’art.01 comma 2 dello stesso decreto legge.

15.1. Nel testo della legge finanziaria approvato alla Camera, come risulta dal relativo dossier, l’originaria formulazione del nuovo comma introdotto – art.03 comma 4-bis d.l. n.400/1993 – prevedeva soltanto una durata compresa tra sei e cinquanta anni delle concessioni demaniali marittime, che non escludeva il diritto di precedenza di cui all’art.37 comma 2 cod.nav. ed era coerente con altra norma inserita nella legge finanziaria per il 2007 – art.1 comma 259 della legge n.296/2006 -, che prevede un periodo non superiore a cinquanta anni della concessione o della locazione a privati, a titolo oneroso, di beni immobili di proprietà dello Stato, ai fini della riqualificazione e riconversione dei medesimi beni tramite interventi di recupero, restauro, ristrutturazione anche con l’introduzione di nuove destinazioni d’uso finalizzate allo svolgimento di attività economiche o attività di servizio per i cittadini.

15.2. Inoltre, con l’art.1 comma 251 della legge n.296/2006 è stato modificato l’art.03 comma 1 del d.l. n.400/1993, introducendo canoni demaniali variabili in ragione della categoria del bene assegnato e della tipologia di area coperta o scoperta.

16. La nuova disciplina sul termine di venti anni di durata massima delle cdm nasce nel contesto politico e culturale della gestione del demanio marittimo della Regione Emilia Romagna, in cui la prof.ssa Lucia Serena Rossi4 si farà subito promotrice della diretta applicazione sia dell’art.49 TFUE sia dell’art.12 paragrafo 1 della direttiva Bolkestein, nonostante chiaramente non vi fossero i presupposti temporali e giuridici per far rientrare le concessioni demaniali marittime nel campo di applicazione della norma primaria e della disposizione di diritto derivato che prevede procedure selettive.

17. Questa scelta politica nazionale incongrua e lesiva dei diritti fondamentali dei concessionari balneari ha consentito l’individuazione di un interesse economico transfrontaliero certo con conseguente estensione dell’interpretazione della Corte di giustizia anche a situazioni puramente interne qualora le norme nazionali, la cui validità è in discussione, siano potenzialmente in grado di produrre effetti su cittadini o imprese di altri Stati membri5.

18. Viceversa, in settori in cui chiaramente già si applica(va) il diritto dell’Unione e la disciplina europea in materia di appalti pubblici di lavori o di servizi, come per le concessioni autostradali, il Governo Prodi ha operato contestualmente una restrizione della libertà di stabilimento e della libertà di concorrenza, con proroghe illimitate incoerenti con gli obblighi comunitari di indire gare pubbliche6.

19. L’avvocato generale Capeta nelle conclusioni scritte dell’8 febbraio 2024 nella causa C-598/22 ha chiarito perfettamente che la problematica in questione attiene alle scelte interne del Governo nazionale sulla gestione delle concessioni legate al demanio pubblico.

19.1. Per l’avvocato generale Capeta esistono diversi tipi di concessioni, che di conseguenza possono essere classificate in modo diverso secondo il diritto dell’Unione. Ad esempio, la concessione aggiudicata nel caso di specie si differenzia dalle concessioni di servizi attribuite a investitori privati, attraverso le quali uno Stato soddisfa determinate esigenze pubbliche (come la realizzazione di una strada o quella di un aeroporto), richiamando il punto 47 della sentenza Promoimpresa della Corte Ue, secondo cui le concessioni demaniali marittime vertono non su una prestazione di servizi determinata dell’ente aggiudicatore, bensì sull’autorizzazione a esercitare un’attività economica in un’area demaniale e, pertanto, non rientrano nella categoria delle concessioni di servizi, con l’ulteriore conseguenza che la natura e lo scopo di una concessione ne determinano il trattamento giuridico (conclusioni scritte Capeta causa C-598/22, punto 79).

19.2. Inoltre, secondo l’AG, le concessioni demaniali marittime, legate alla decisione di mantenere talune aree nella proprietà demaniale, presentano alcune caratteristiche intrinseche, tra le quali il fatto che l’attività economica per la quale viene rilasciata la concessione è inscindibile dalla natura pubblica di quell’area e, quindi, sono direttamente collegate all’uso di una particolare area di proprietà dello Stato (conclusioni scritte Capeta causa C-598/22, punto 80), rientrando così nell’ambito di applicazione dell’art.51 TFUE e dell’esclusione alle cdm della norma primaria dell’art.49 TFUE del divieto di restrizione sulla libertà di stabilimento.

19.3. La partecipazione delle attività svolte dalle concessioni demaniali marittime all’esercizio dei pubblici poteri della salvaguardia della proprietà pubblica, della salvaguardia delle finanze pubbliche, nonché del turismo, della cultura e dell’ambiente di cui all’art.51 TFUE, del resto, è stata pacificamente invocata dal Governo italiano come causa di esclusione del divieto di restrizioni alla libertà di stabilimento di cui all’art.49 del TFUE (conclusioni scritte Capeta causa C-598/22, punto 87), ai fini della giustificazione dell’art.49 cod.nav. per la mancata previsione di un indennizzo in caso di acquisizione al demanio marittimo delle opere non amovibili realizzate dal concessionario uscente.

20. Sarà la stessa prof.ssa Rossi, come inusuale Presidente del Collegio a tre della IX Sezione della Corte di giustizia, che, con la sentenza OL (Prorogation des concessions italiennes) del 16.3.2023 nella causa C-517/20 (EU:C:2023:219) su una fattispecie di concessione di servizi di scommesse come nel caso della sentenza Laezza, prenderà atto del fatto che le concessioni demaniali marittime non entrano nel campo di applicazione del diritto dell’Unione alla luce della giurisprudenza della Corte Ue sopravvenuta all’entrata in vigore della direttiva Bolkestein.

20.1. La Corte Ue ha fatto una verifica preliminare per verificare l’applicabilità della direttiva 2014/23/UE alle concessioni di servizi per l’attività di scommesse, escludendo al punto 29 che le concessioni demaniali marittime possano qualificarsi concessioni di servizi e richiamando il punto 48 della sentenza Promoimpresa: «Per contro, taluni accordi aventi ad oggetto il diritto di un operatore economico di gestire determinati beni o risorse pubblici, in regime di diritto privato o pubblico, come dei terreni, mediante i quali lo Stato fissa unicamente le condizioni generali d’uso dei beni o delle risorse in questione senza acquisire lavori o servizi specifici, non dovrebbero – come risulta dal considerando 15 della citata direttiva – essere qualificati come «concessioni di servizi», ai sensi della direttiva 2014/23 (v., in tal senso, sentenza del 14 luglio 2016, Promoimpresa e a., C-458/14 e C-67/15, EU:C:2016:558, punto 48).» [punti 28 e 29 della sentenza OL (Prorogation des concessions italiennes)].

20.2. Infine, la Corte Ue ha esaminato indirettamente il profilo della esclusione delle proroghe delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali (oltre che delle concessioni di servizi di attività di scommesse) dal campo di applicazione anche delle norme primarie del TFUE, ai sensi degli artt.51 e 52 del TFUE: «48. Tale proroga delle concessioni nel settore dei giochi d’azzardo e dei diritti risultanti dalla regolarizzazione della situazione dei CTD e degli allibratori, la quale impedisca a questi ultimi, se stabiliti in un altro Stato membro, di offrire i propri servizi nello Stato membro in questione, anche per il tramite dei CTD, costituisce, secondo la giurisprudenza ricordata ai punti da 42 a 45 della presente sentenza, una restrizione delle libertà fondamentali sancite dagli articoli 49 e 56 TFUE. 49 Tuttavia, detta proroga può essere ammessa sulla base delle deroghe espressamente previste dagli articoli 51 e 52 TFUE, oppure può essere giustificata, conformemente alla giurisprudenza della Corte, da motivi imperativi di interesse generale (v., in tal senso, sentenza del 13 settembre 2007, Commissione/Italia, C-260/04, EU:C:2007:508, punto 26).» [punti 48 e 49 della sentenza OL (Prorogation des concessions italiennes)].

21. Ecco perché l’Avvocato generale Capeta fa riferimento al punto 97 delle sue conclusioni nella causa C-598/22 alla conoscenza da parte del concessionario balneare alle norme interne applicabili, in quanto, in questo caso, «può negoziare un indennizzo adeguato nel caso in cui l’investimento necessario fosse troppo grande per essere riassorbito nel corso della concessione».

22. Se il concessionario demaniale marittimo è a conoscenza del fatto che, fino alla data del 31 dicembre 2006 (art.37 comma 2 cod.nav. e art.01 comma 2 del d.l. n.400/1993, nel testo all’epoca vigente) e dal 27 febbraio 2023 fino all’attualità (art.4 comma 4-bis della legge n.118/2022 e art.10-quater comma 3 del d.l. n.198/2022), il proprio titolo concessorio sul demanio marittimo ha una durata illimitata, salvo revoca per ragioni di interesse pubblico o decadenza, perché dovrebbe stabilire un indennizzo legato ad un elevato investimento, non avendo peraltro neanche la forza contrattuale per interloquire con l’autorità pubblica concedente?

23. In conclusione, la problematica della legittima mancanza di indennizzo in favore del concessionario uscente è la foglia di fico creata dal Consiglio di Stato con l’ordinanza di rinvio pregiudiziale nella causa C-598/22 per mascherare le conseguenze discriminatorie di scelte politiche e legislative interne, che risalgono alla legge finanziaria per il 2007, che sono state concordate successivamente con la Commissione europea per salvaguardare gli interessi economici anticoncorrenziali e antieconomici per lo Stato dei concessionari autostradali, in particolare.

23.1. Ciò è avvenuto con decorrenza (dal 1.1.2007) per la scelta politica dello Stato italiano di affidare alle regole della concorrenza e degli appalti pubblici di derivazione europea un settore, quale quello delle concessioni demaniali marittime, completamente escluso dal campo di applicazione del diritto dell’Unione e con elevato tasso di concorrenzialità dei prezzi offerti agli utenti dei servizi grazie alla capillare presenza sul territorio costiero di decine di migliaia di piccole e piccolissime imprese, che non meritavano di ricevere dal governo nazionale un trattamento così deteriore, rispetto a quello riservato ai balneari spagnoli o a quelli portoghesi.

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e) La procedura di infrazione della Commissione Ue sui balneari italiani prima della entrata in vigore della Bolkestein e l’exequatur Governo/Regione Emilia Romagna dinanzi alla Corte costituzionale sull’abrogazione del diritto di insistenza

24. E’ dunque responsabilità interna del legislatore nazionale se la Commissione Ue per quanto riguarda la disciplina della durata delle concessioni demaniali marittime è sempre stata in antitesi al diritto dell’Unione (non) applicabile alla materia sia per quanto riguarda le norme primarie del Trattato per il funzionamento dell’Unione europea (TFUE) sia per quanto riguarda il c.d. diritto derivato e, in particolare, la direttiva servizi 2006/123/CE (c.d. Direttiva Bolkestein).

25. Dopo la segnalazione AS481 del 20.10.2008 dell’AGCM, la Commissione Ue ha censurato la disciplina italiana delle concessioni demaniali marittime regolata dal codice della navigazione, avviando la procedura di infrazione n. 2008/4908 nei confronti dell’Italia con lettera di messa in mora del 2.2.2009, con cui si contestava l’incompatibilità del modello concessorio con il diritto comunitario e, in particolare, con il principio della libertà di stabilimento e di libertà di concorrenza sancito dall’art. 49 TFUE, che, in realtà, ai sensi dell’art.50 TFUE, non operava fino a quando la norma primaria del Trattato non fosse stata recepita da una direttiva specifica di armonizzazione idonea a regolare il settore, e la cui applicazione era comunque esclusa dall’art. 51 TFUE e dall’art.195 TFUE per il settore turismo.

26.Senza nessuna “resistenza” rispetto alla mera lettera di messa in mora della Commissione europea del 2.2.2009, il Governo Berlusconi con l’art.1 comma 18 del d.l. “milleproroghe” 30 dicembre 2009 n.194 (convertito con modificazioni dalla legge n.25/2010) ha abrogato il diritto di insistenza previsto dall’art.37 comma 2 2° periodo cod.nav., che era stato ormai depotenziato dall’art.03 comma 4-bis del d.l. n.400/1993 con il blocco della reiterazione automatica delle proroghe a seguito della fissazione del termine massimo di venti anni della durata delle concessioni demaniali marittime, e ha prorogato dapprima al 31.12.2012 e poi, in sede di conversione della norma, al 31.12.2015 il termine di durata delle concessioni balneari in essere alla data di entrata in vigore del decreto (30.12.2009), sempre nel rispetto del termine massimo di durata ventennale della concessione.

26.1. L’intesa tra il precedente Governo Prodi e il successivo Governo Berlusconi è ben rappresentata nella vicenda del ricorso alla Corte costituzionale n.63/2009 del 24 settembre 2009 proposto dal Presidente del Consiglio dei ministri, che ha impugnato l’art. 1 della legge della Regione Emilia-Romagna 23 luglio 2009 n. 8, per violazione dell’art. 117, primo comma, della Costituzione, anche in relazione agli articoli 43 e 81 del Trattato dell’Unione europea, nella parte in cui ha inserito, nella legge regionale n. 9 del 2002, l’art. 8-bis, comma 2, il quale così dispone(va): «i titolari di concessioni demaniali marittime di cui al decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400 (Disposizioni per la determinazioni dei canoni relativi a concessioni demaniali marittime), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, potranno chiedere, entro il 31 dicembre 2009, la proroga della durata della concessione fino ad un massimo di 20 anni a partire dalla data di rilascio, secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 253, della legge n. 296 del 2006 ed in conformità a quanto disposto dal presente articolo».

26.2. La norma regionale era meramente ricognitiva della legislazione nazionale di cui all’art.03 comma 4-bis del d.l. n.400/1993, ma il Governo Berlusconi con il suo ricorso, come riferito dalla Corte costituzionale nella sentenza n.180/2010 che ha dichiarato illegittimo l’art.8-bis comma 2 della predetta legge regionale n. 9 del 2002, ha riferito «che l’intervento legislativo della Regione Emilia-Romagna si colloca nel solco di una normativa preesistente che attiene alla disciplina dell’esercizio delle funzioni amministrative in materia di demanio marittimo e di zone di mare territoriale. Tuttavia, disponendo nei termini sopra riportati, la norma regionale impugnata violerebbe l’art. 117, primo comma, della Costituzione, per la incoerenza con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario in tema di libertà di stabilimento e tutela della concorrenza (rispettivamente gli articoli 43 e 81 del Trattato CE) cui detto parametro offre copertura. Ed infatti la norma regionale prevede ed introduce un diritto di proroga in favore del soggetto già possessore della concessione, consentendo il rinnovo automatico della medesima. Detto automatismo determinerebbe una disparità di trattamento tra gli operatori economici in violazione dei principi di concorrenza e di libertà di stabilimento. Non sono infatti previste né procedure di gara né forme idonee di pubblicità afferenti la procedura relativa al rinnovo, al fine di tutelare le esigenze concorrenziali di altre imprese presenti sul mercato, in contrapposizione al titolare della concessione scaduta o in scadenza. Del resto – prosegue il ricorrente – la procedura selettiva è del tutto auspicabile in funzione della più proficua utilizzazione della concessione demaniale e del miglior uso della stessa nell’interesse pubblico. A conforto della tesi sostenuta, il ricorrente fa presente che è già in corso, in danno dell’Italia, la procedura di infrazione n. 2008/4908. La Commissione, infatti, ha sollevato questioni di compatibilità con il diritto comunitario della normativa italiana in materia di concessioni del demanio marittimo, nonché delle conseguenti iniziative legislative regionali.».

26.3. In buona sostanza, il Governo ha preannunciato alla Corte costituzionale con il ricorso n.63/2009 del 24 settembre 2009 che avrebbe abrogato con normativa successiva – l’art.1 comma 18 del d.l. “milleproroghe” 30 dicembre 2009 n.194 (convertito con modificazioni dalla legge n.25/2010) – il diritto di insistenza per imporre le gare in un settore sprovvisto di selezione pubblica di appalti.

26.4. Contestualmente all’art. 1 della legge della Regione Emilia-Romagna 23 luglio 2009 n. 8, la Giunta della Regione Veneto, con i poteri riconosciuti dall’art.94 della legge regionale 4 novembre 2002 n.33, con deliberazione n.2389/2009 (pubblicata sul BUR n.74 dell’8 settembre 2009) ha inserito nell’Allegato S/3 della stessa legge regionale del Veneto n.33/2002 (“Allegato sul demanio marittimo a finalità turistica” avente ad oggetto “Rilascio, rinnovo e variazione delle concessioni e criteri di valutazione delle domande”) una disposizione normativa che riproduce sostanzialmente l’art.1 comma 253 della legge n.296/2006 e disciplina al punto e) bis la «Procedura per il rilascio di nuove concessioni di durata superiore ai sei anni e non superiore ai venti anni e per la variazione del contenuto di concessioni in corso di validità comportante una durata superiore a sei anni e non superiore a venti anni.».

26.5. La nuova legislazione regionale del Veneto sulla durata massima ventennale delle concessioni demaniali marittime non è stata impugnata dal Governo davanti alla Corte costituzionale e ha determinato la messa a bando di quelle concessioni rilasciate in base alla predetta disciplina anche in continuità rispetto a quelle già in corso e per la residua durata, che sono scadute dopo venti anni e non sono state assoggettate alla proroga legislativa nazionale fino al 31 dicembre 2033 prevista dall’art.1 commi 682-683 della legge n.145/2018 né a quella a tempo indeterminato prevista dal combinato disposto dell’art.3 comma 1 e 3 e dell’art.4 comma 4-bis della legge n.118/2022 nonché dell’art.10-quater comma 3 1° capoverso del d.l. n.198/2022, convertito dalla legge n.14/2023.

26.6. Infatti, a fine gennaio 2024 sono state assegnate tre nuove concessioni demaniali marittime nel Comune di Jesolo, dopo l’espletamento di una gara non prevista dal codice dei contratti pubblici e dal codice della navigazione ma dalla legge regionale del Veneto n.33/2002.

26.7. Dalla sentenza n.180/2010 della Corte costituzionale si è sviluppata una costante giurisprudenza del Giudice delle leggi, secondo cui la disciplina delle concessioni su beni demaniali marittimi investe diversi ambiti materiali, attinenti tanto alle competenze legislative statali quanto a quelle regionali (sentenze n. 157 e n. 40 del 2017) e, tuttavia, i criteri e le modalità di affidamento di tali concessioni debbono essere stabiliti nell’osservanza dei principi della libera concorrenza recati dalla normativa statale e dell’Unione europea, con conseguente loro attrazione nella competenza esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che rappresenta sotto questo profilo un limite insuperabile alle pur concorrenti competenze regionali (ex multis, sentenze n. 161 del 2020, n. 86 del 2019, n. 221, n. 118, n. 109 del 2018 e n.10 del 2021).

26.8. La giurisprudenza della Corte costituzionale troverà un approdo definitivo, come vedremo, con la sentenza n.46/2022, confermando la legittimità costituzionale dell’art.1 commi 682-683 della legge n.145/2018 contro il parere non pro veritate dell’Adunanza plenaria di Stato con le sentenze gemelle del 2021.

27. Come riviene dalla lettera di messa in mora complementare del 5.5.2010 nella procedura di infrazione n. 2008/4908 la Commissione Ue è ben consapevole che la procedura di infrazione non avrebbe potuto trovare giustificazione nella direttiva Bolkestein, non essendo scaduto, quando la procedura di infrazione ha avuto inizio, il termine per il recepimento del 28.12.2009, mentre con la diffida complementare lamenta anche la violazione dell’art.12 della direttiva 2006/123/CE, evidenziando che, lo Stato italiano, nelle more di una preannunciata riforma del settore delle concessioni demaniali marittime con finalità turistico ricreative, con l’art. 1, comma 18, del d.l. 194/2009 ha abrogato il cd. diritto di insistenza del concessionario, e ha disposto una proroga delle concessioni in essere dapprima fino al 31 dicembre 2012, successivamente in sede di conversione fino al 31 dicembre 2015, contestando l’eccessiva durata della proroga di sei anni.

28. Nessuna procedura di infrazione è stata iniziata dalla Commissione Ue fino al 2022 nei confronti di Portogallo e Spagna, che avevano una situazione di durata delle concessioni demaniali marittime sostanzialmente a tempo indeterminato (75 anni) e, per quanto riguarda il Portogallo, anche il diritto di insistenza del precedente concessionario.

28.1. Infatti, ai “proprietari” di beni realizzati in aree costiere prima del 1988, cui la legge spagnola (Ley de costas) ha riconosciuto prima una concessione trentennale e, successivamente, con il benestare della Commissione Europea (Comunicato stampa 3 agosto 2012), una proroga della stessa per un periodo oscillante (a seconda della tipologia della concessione) tra i trenta e i settantacinque anni.

28.2. Addirittura la disciplina in materia di concessioni demaniali marittime vigente in Portogallo (Decreto legge 226-A/2007 del 31 maggio 2007, attuativo della Legge n. 58/2005 – Lei da Água) prevede che, alla scadenza della concessione, il precedente concessionario possa esercitare un diritto di prelazione nel momento in cui si procede alla riassegnazione del titolo (art. 21 comma 7). Inoltre, il comma 2 dell’articolo 35 dispone, peraltro, che, qualora il titolare della concessione originaria abbia realizzato investimenti addizionali rispetto a quelli in origine previsti e venga dimostrato che non è stato possibile recuperare il valore di tali investimenti, egli possa richiedere all’autorità competente o il rimborso degli investimenti non recuperati o la proroga della concessione per un periodo massimo di 75 anni.

29. A seguito dell’art. 41 della legge delega n. 88/2009 è intervenuto il d.lgs. 26 marzo 2010 n. 59, di formale recepimento della direttiva 2006/123/CE.

30. La Commissione europea ha disposto il 27 febbraio 2012 l’archiviazione della procedura di infrazione n.2008/4908, ritenendo alla fine congruo il termine di proroga di sei anni (fino al 31.12.2015) per l’approvazione di una normativa di riordino del settore e di attuazione della direttiva Bolkestein.

31. L’art. 34-duodecies del c.d. “decreto sviluppo” n. 179/2012, convertito in L. n. 221/2012, ha disposto la proroga al 31.12.2020 del termine delle concessioni con finalità turistico ricreative in scadenza dal 31.12.2015.

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f) La sentenza Promoimpresa del 2016 della Corte di giustizia Ue

32. Nonostante il quadro normativo europeo si fosse ormai delineato nel senso di escludere l’aggiudicazione delle concessioni demaniali marittime e lacunari dal campo di applicazione sia della direttiva 2006/123/CE sia della direttiva 2014/23/UE, i Giudici amministrativi hanno proposto due distinte domande pregiudiziali alla Corte di giustizia, l’una in materia di proroga di concessione demaniale lacuale e l’altra che concerne la proroga di concessione demaniale marittima.

33. La Corte di giustizia nella sentenza Promoimpresa del 14 luglio 2016 nelle cause riunite C-458/14 e C-67/15 (EU:C:2016:558) ai punti 44 – 48 ha escluso decisamente che le concessioni demaniali marittime – esaminate nella causa C-67/15 Melis – potessero rientrare nel campo di applicazione sia dell’art.12, paragrafi 1 e 2, della direttiva Bolkestein 2006/123/CE sia dell’art.49 TFUE.

33.1. Preliminarmente, la Corte Ue ha individuato tra la normativa Ue applicabile al punto 4 il considerando 57 della direttiva 2006/123/CE e al punto 7 il considerando 15 della direttiva 2014/23/UE, che nel combinato disposto escludono le concessioni demaniali marittime, come concessioni di beni da parte dell’autorità pubblica, dal campo di applicazione sia della direttiva Bolkestein del 2006 sia della direttiva sull’aggiudicazione delle concessioni del 2014.

33.2. Secondo la Corte, oggetto dei procedimenti principali sono talune concessioni demaniali marittime e lacuali rilasciate dalle autorità pubbliche e che mirano allo sfruttamento di un’area demaniale a fini turistico‑ricreativi (sentenza Promoimpresa, punto 40). Tali concessioni possono quindi essere qualificate come «autorizzazioni», ai sensi delle disposizioni della direttiva 2006/123, in quanto costituiscono atti formali, qualunque sia la loro qualificazione nel diritto nazionale, che i prestatori devono ottenere dalle autorità nazionali al fine di poter esercitare la loro attività economica (sentenza Promoimpresa, punto 41). Occorre, dall’altro lato, sottolineare che le concessioni di cui ai procedimenti principali riguardano risorse naturali ai sensi dell’articolo 12 della direttiva 2006/123, dato che le aree demaniali in questione sono situate o sulle rive del Lago di Garda o sulle coste marittime italiane (sentenza Promoimpresa, punto 42).

33.3. A questo punto, però, la Corte di giustizia ai punti 44 – 48 ha affermato categoricamente che le concessioni demaniali, come concessioni di beni, non rientrano tra le concessioni di servizi e, quindi, non rientrano nel campo di applicazione della direttiva 2006/123/CE.

33.4. La Corte comunitaria tratta dell’applicazione dell’art.49 TFUE, nella parte in cui preliminarmente chiarisce che qualsiasi misura nazionale in un settore che abbia costituito oggetto di un’armonizzazione completa a livello dell’Unione deve essere valutata in rapporto non alle disposizioni del diritto primario, ma a quelle di tale misura di armonizzazione (sentenza Promoimpresa, punto 59), cioè alla direttiva 2006/123/CE, considerata negli articoli da 9 a 13 direttiva di armonizzazione esaustiva concernente i servizi che rientrano nel loro campo di applicazione, tra cui però non rientrano le concessioni demaniali (sentenza Promoimpresa, punti 44 – 48).

33.5. Alcun cenno viene fatto dalla Corte Ue all’art.195 TFUE, che esclude per il settore turismo l’applicazione delle direttive di armonizzazione.

33.6. Secondo la Corte, se il giudice nazionale vuole, può far rientrare dalla finestra apodittica della sua valutazione l’accertamento del numero limitato di autorizzazioni disponibili per una determinata attività per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili (sentenza Promoimpresa, punti 43, 49 e 62).

33.7. Solo nel caso in cui le concessioni demaniali non rientrino tra le concessioni di servizi della direttiva 2006/123/CE nella valutazione dell’incompetente Giudice nazionale e non di quella (unicamente) competente della Corte di giustizia, allora la Corte Ue può valutare l’eventuale contrasto tra la norma primaria dell’art.49 TFUE e la disposizione interna di proroga automatica della durata delle concessioni demaniali, dimenticando il Collegio di Lussemburgo che l’art.51 TFUE non prevede l’applicabilità dell’art.49 TFUE per le attività che concorrono anche occasionalmente all’esercizio dei pubblici poteri.

33.8. La Corte evidenzia (sentenza Promoimpresa, punto 64) che le autorità pubbliche, qualora intendano assegnare una concessione che non rientra nell’ambito di applicazione delle direttive relative alle diverse categorie di appalti pubblici, sono tenute a rispettare le regole fondamentali del Trattato FUE, in generale, e il principio di non discriminazione, in particolare (v., in tal senso, sentenza del 17 luglio 2008, ASM Brescia, C‑347/06, EU:C:2008:416, punti 57 e 58 nonché giurisprudenza ivi citata).

33.9. In particolare, qualora siffatta concessione presenti un interesse transfrontaliero certo, la sua assegnazione in totale assenza di trasparenza ad un’impresa con sede nello Stato membro dell’amministrazione aggiudicatrice costituisce una disparità di trattamento, vietata dall’art.49 TFUE, a danno di imprese con sede in un altro Stato membro che potrebbero essere interessate alla suddetta concessione (sentenza Promoimpresa, punto 65).

33.10 La Corte Ue ricorda che, per quanto riguarda l’esistenza di un interesse transfrontaliero certo, occorre ricordare che quest’ultimo deve essere valutato sulla base di tutti i criteri rilevanti, quali l’importanza economica dell’appalto, il luogo della sua esecuzione o le sue caratteristiche tecniche, tenendo conto delle caratteristiche proprie dell’appalto in questione (sentenza Promoimpresa, punto 66), ed esclude che per la concessione demaniale marittima della causa C-67/15 esista un interesse transfrontaliero certo, dichiarando così irricevibile la prima questione sollevata dal TAR Sardegna nella sua ordinanza pregiudiziale sulla presunta violazione dell’art.49 TFUE.

33.11. Pertanto, poco comprensibile è la complessiva risposta della Corte per quanto riguarda almeno l’ordinanza pregiudiziale della causa Melis C-67/15 sulla proroga delle concessioni demaniali marittime, laddove la conformazione costiera dell’intera penisola esclude ex sé sia la scarsità delle risorse naturali da utilizzare per esigenze turistico-ricreative e, come già evidenziato nella sentenza Promoimpresa, anche l’interesse transfrontaliero certo in ragione della (ridotta o ridottissima) importanza economica della concessione di beni demaniali.

33.12. Singolare, infine, è il ragionamento della Corte nel prosieguo della motivazione della sentenza Promoimpresa, quando ha affidato al giudice nazionale al punto 49 la valutazione se le concessioni di cui ai procedimenti principali rientrino o meno nell’ambito di applicazione dell’art.12 della direttiva 2006/123 e possano così essere soggette a una procedura di selezione tra i candidati potenziali che deve presentare tutte le garanzie di imparzialità e di trasparenza, in particolare un’adeguata pubblicità.

34. Appare evidente che la Corte Ue nella sentenza Promoimpresa era ben consapevole della volontà del Governo Renzi, attestata dalla presenza come esperta della prof.ssa Rossi, di confermare i precedenti accordi con la Commissione Ue per la sottoposizione del settore delle concessioni demaniali marittime al regime della Bolkestein e delle gare per la supposta scarsità delle risorse naturali individuata a livello locale e non nazionale, per cui l’interpretazione comunitaria che ne è derivata è coerente con la presa d’atto che la giurisprudenza amministrativa e il governo dell’epoca insistevano per assoggettare al diritto dell’Unione una situazione giuridica e fattuale soltanto interna, salvo precisare, in parte motiva, che le concessioni in questione sono concessioni di beni e non di servizi che, in quanto tali, non rientrano nel campo di applicazione né della direttiva servizi né della direttiva pertinente 2014/23/Ue sull’aggiudicazione dei contratti di concessione.

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g) La Commissione Ue esclude le concessioni balneari dal campo di applicazione della Bolkestein dopo la sentenza Promoimpresa della Corte Ue

35. E’ chiaro che, alla luce della sentenza Promoimpresa, a livello nazionale si è diffuso il legittimo convincimento della inapplicabilità della Direttiva servizi alle concessioni di beni, anche perché questa tesi è stata sostenuta dallo stesso Frits Bolkestein, il proponente la direttiva 2006/123/CE, proprio in riferimento alle concessioni balneari in un’audizione alla Camera dei Deputati il 18.4.20187.

35.1. Dopo la sentenza Promoimpresa della Corte Ue, anche la Commissione europea si è convinta del fatto che la direttiva servizi non si applicava alle concessioni demaniali marittime, come si evince dal punto 39 della sentenza del 18 settembre 2019 della Corte di giustizia nella causa C-526/17 Commissione contro Repubblica italiana (EU:C:2019:756), in cui la Corte Ue ha registrato il seguente argomento della Commissione nel ricorso per inadempimento per proroghe ritenute illegittime in materia di concessioni autostradali: «In quarto luogo, .. la Commissione sostiene che la sentenza del 14 luglio 2016, Promoimpresa e a. (C‑458/14 e C‑67/15, EU:C:2016:558), invocata dalla Repubblica italiana, non è pertinente nel caso di specie, dato che tale sentenza riguarda la possibilità di assoggettare ai principi derivanti dal Trattato FUE le concessioni che, fino all’entrata in vigore della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione (GU 2014, L 94, pag. 1), non erano soggette alle disposizioni di alcuna direttiva».

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h) La legge n.145/2018 proroga fino al 31.12.2033 le concessioni demaniali marittime e la normativa emergenziale del 2020 blocca le procedure amministrative di devoluzione dei beni e proroga le concessioni demaniali lacuali e fluviali fino al 31.12.2033

36. Pertanto, coerentemente con la motivazione (sostanziale) della sentenza Promoimpresa della Corte di giustizia, il Governo Conte I con la legge finanziaria n.145/2018 (art.1 commi 682-683) ha disposto ulteriore proroga delle concessioni demaniali marittime in vigore fino al 31 dicembre 2033 e tutti i Comuni italiani hanno notiziato i concessionari della nuova scadenza delle concessioni con atti di ricognizione della nuova durata delle concessioni, pretendendo il pagamento in un’unica soluzione dell’imposta di registro fino al 31.12.2033, e in qualche caso facendo ricorso alla procedura di evidenza pubblica con la pubblicazione dell’atto di ricognizione al fine di eventuali osservazioni di altri richiedenti.

37. Con l’emergenza Covid, il Governo Conte II è giustamente intervenuto con l’art.182 comma 2 del d.l. n.34/2020 (convertito con modificazioni dalla legge n.77/2020), che, per le necessità di rilancio del settore turistico e al fine di contenere i danni, diretti e indiretti, causati dall’emergenza epidemiologica da COVID-19, ha vietato alle amministrazioni competenti di avviare o proseguire, a carico dei concessionari che intendono proseguire la propria attività mediante l’uso di beni del demanio marittimo, lacuale e fluviale, i procedimenti amministrativi per la devoluzione delle opere non amovibili, di cui all’art.49 del cod.nav., per il rilascio o per l’assegnazione, con procedure di evidenza pubblica, delle aree oggetto di concessione alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, salvo il caso in cui la devoluzione, il rilascio o l’assegnazione a terzi dell’area sono stati disposti in ragione della revoca della concessione oppure della decadenza del titolo per fatto e colpa del concessionario.

38. Sempre nell’ambito della legislazione emergenziale, il Governo Conte II è intervenuto sulle concessioni del demanio marittimo, lacuale e fluviale con l’art.100 del d.l. n.104/2020 (convertito con modificazioni dalla legge n.126/2020), che al comma 1 1° periodo ha disposto la proroga delle concessioni demaniali lacuali e fluviali fino al 31.12.2033 e al comma 3 ha «stabilito che, con effetto dal 1° gennaio 2021, anche laddove oggetto della concessione di beni del demanio marittimo per finalità turistico ricreative siano “pertinenze destinate ad attività commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi”, il canone è determinato comunque in misura fissa e non variabile in rapporto al valore commerciale dei beni concessi. Si tratta di una modifica significativa, in quanto evidenzia la volontà del legislatore italiano di recidere qualsiasi residuo profilo di collegamento, sia pure indiretto, tra il concessionario e l’attività svolta mediante il bene oggetto di concessione, atteso che l’utilizzazione dell’immobile demaniale avviene sempre dietro il pagamento di un canone fisso, indipendentemente dalla destinazione economica del bene stesso (come del resto era previsto prima del 2007).» (cfr. pag. 9 della risposta del 4.2.2021 del prof. Condinanzi per conto del Governo italiano alla Commissione Ue).

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i) Il colpo di Stato della Commissione europea con l’avvio della nuova procedura di infrazione della Commissione europea del 3.12.2020 in piena epidemia Covid, dopo la pregiudiziale Ue della Cassazione a Sezioni unite contro il Consiglio di Stato

39. La Cassazione a Sezioni unite con ordinanza del 18 settembre 2020 n.19588 nella causa C-497/20 Randstad Italia ha proposto, con istanza di procedura accelerata, questioni pregiudiziali in cui si evidenziava la necessità della stessa Suprema Corte, ai sensi dell’art.111, comma 8, della Costituzione, di poter sindacare “per motivi di giurisdizione” le decisioni del Consiglio di Stato (nel caso in questione, la sentenza n.5606/2019 del 7 agosto 2019 del Consiglio di Stato, Pres. Garofoli) che si porrebbero, a giudizio della Suprema Corte di legittimità, in flagrante contrasto con il diritto dell’Unione, come interpretato dalla Corte di giustizia, in materia di appalti pubblici.

39.1. I quesiti pregiudiziali sollevati dalle Sezioni unite sintetizzano perfettamente il senso e la portata della complessa e sofisticata operazione di politica del diritto e di modifica sul piano giurisprudenziale dei rapporti “di forza” tra le Corti superiori nazionali in materia di appalti pubblici e di competenza esclusiva della giustizia amministrativa.

39.2. La sentenza n.5606/2019 del 7 agosto 2019 del Consiglio di Stato, impugnata da Randstad Italia s.p.a. davanti alle Sezioni unite della Cassazione nel giudizio di cui all’ordinanza n.19598/2020, ha aperto anche la voragine di una possibile instaurazione da parte della stessa società ricorrente, entro il termine di tre anni dalla pubblicazione della decisione già impugnata davanti alla Suprema Corte (cioè entro il 7 agosto 2022) di un’azione giudiziaria nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri davanti al Tribunale civile di Roma9 ai sensi dell’art.2, comma 3, e dell’art.4, comma 2, della legge n.117/1988, dal momento che le decisioni del Consiglio di Stato esauriscono i mezzi ordinari di impugnazione nell’ambito della giustizia amministrativa.

40. Inaspettatamente, contestualmente alle fibrillazioni interne che hanno portato alla crisi del Governo Conte II e al subentro del supertecnico Governo Draghi, la Commissione europea ha inviato allo Stato italiano il 3 dicembre 2020, in piena emergenza covid, una lettera di messa in mora che avviava la nuova procedura di infrazione 2020/4118 C (2020) 7826 final.

41. Paradossalmente, la lettera di messa in mora della seconda procedura di infrazione della Commissione Ue del 3 dicembre 2020 riguardava anche l’art. 182 comma 2 del d.l. n. 34/2020 (e sembrava muoversi proprio in conseguenza di questa disciplina emergenziale per il settore), andando a precisare che «la reiterata proroga della durata delle concessioni balneari prevista dalla legislazione italiana scoraggia […] gli investimenti in un settore chiave per l’economia italiana e che sta già risentendo in maniera acuta dell’impatto della pandemia da COVID-19. Scoraggiando gli investimenti nei servizi ricreativi e di turismo balneare, l’attuale legislazione italiana impedisce, piuttosto che incoraggiare, la modernizzazione di questa parte importante del settore turistico italiano. La modernizzazione è ulteriormente ostacolata dal fatto che la legislazione italiana rende di fatto impossibile l’ingresso sul mercato di nuovi ed innovatori fornitori di servizi.».

41.1. Si tratta di affermazioni ideologiche che immaginavano imprecisati innovatori fornitori di servizi, in grado di modernizzare, a differenza degli attuali titolari delle concessioni balneari, questa parte importante del turismo nazionale, nonostante in Portogallo e in Spagna la durata delle concessioni balneari sia prevista per 75 anni (con proroga di 75 anni per la Spagna) e nonostante in Portogallo permanga, ancora oggi, il diritto di insistenza del concessionario uscente ai sensi dell’art.21 commi 6 e 7 del decreto ley 226/A/2007.

42. Il Governo italiano ha risposto alla lettera di messa in mora della Commissione Ue con la comunicazione del 4 febbraio 2021a firma del prof. Massimo Condinanzi, rigettandone tutte le argomentazioni.

42.1. Secondo il Governo italiano, dunque, il regime delle concessioni demaniali marittime non è soggetto alla disciplina eurounitaria, rectius alla competenza dell’Unione che, pertanto, non può ingerirsi nei regimi di proprietà dei beni pubblici e privati degli Stati, ai sensi dell’art. 345 del TFUE (ex art. 295 del TCE) a mente del quale “I trattati lasciano del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri“.

42.2. Altrettanto condivisibilmente il Governo italiano nella sua risposta del 4.2.2021 alla Commissione Ue ai paragrafi 6 e 7 ha precisato l’esatta portata e interpretazione della sentenza Promoimpresa della Corte di giustizia e la non applicabilità della decisione e della direttiva 2006/123/CE ai fini della regolamentazione comunitaria delle concessioni demaniali marittime.

42.3. Come già evidenziato, il prof. Condinanzi ha sottolineato la correttezza della legislazione emergenziale dell’art.100 commi 1 e 3 d.l. n.104/2020 con la proroga estesa al 31.12.2033 anche delle concessioni demaniali lacuali e fluviali che erano ferme al 31.12.2020 e il ritorno ad un canone fisso (comma 3), e ha evidenziato giustamente che, «contrariamente a quanto affermato nella lettera della Commissione, inoltre, i proventi delle concessioni demaniali non sono destinati ai Comuni. Questi ultimi enti provvedono, infatti, al rilascio delle concessioni e a tutta la relativa attività amministrativa, ma i canoni costituiscono esclusivamente un corrispettivo percepito dal titolare del demanio (lo Stato) per l’utilizzo del bene. Conseguentemente, non è neppure condivisibile l’affermazione secondo la quale posticipando il ricorso alle procedure di evidenza pubblica per l’assegnazione delle concessioni si priverebbero i Comuni della possibilità di ottenere immediatamente maggiori potenziali introiti. Non solo, infatti, come detto, i Comuni non sono destinatari dei canoni, ma – in ogni caso – tali canoni sono stabiliti per legge in misura uguale per tutti i concessionari, con la conseguenza che una eventuale procedura di gara non potrebbe mirare alla selezione degli operatori sulla base del corrispettivo offerto per l’uso del bene.».

43. Immediatamente dopo, però, il colpo di Stato della Commissione europea di aprire una procedura di infrazione contro lo Stato italiano e sollecitare la crisi del Governo Conte II che aveva ottenuto il risultato dell’approvazione di un PNRR estremamente favorevole per l’Italia si è completato con l’arrivo del nuovo Governo Draghi, con Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri il dott. Roberto Garofoli, Presidente del Collegio del Consiglio di Stato che ha deciso la sentenza n.5606/2019, sindacata dalle Sezioni unite della Cassazione con l’ordinanza di rinvio pregiudiziale in Corte di giustizia nella causa Randstad Italia.

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l) Il colpo di Stato del Consiglio di Stato con le sentenze nn.17-18/2021 dell’Adunanza plenaria su fattispecie di concessioni demaniali marittime antecedenti il 28.11.2009

44. Per la prima volta nella storia della giustizia amministrativa, con decreto n. 160 del 2021, il Presidente del Consiglio di Stato dott. Filippo Patroni Griffi, rilevato che la questione oggetto del ricorso n.311/2021 R.G. CGARS pendente davanti al Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, così come altra identica questione pendente davanti al Consiglio di Stato – VII Sezione oggetto del ricorso n.1375/2021 R.G., rivestivano una particolare rilevanza economico-sociale che rendeva opportuna una pronuncia della Adunanza plenaria, onde assicurare certezza e uniformità di applicazione del diritto da parte delle amministrazioni interessate nonché uniformità di orientamenti giurisprudenziali, ha deferito d’ufficio l’affare all’Adunanza plenaria, ai sensi dell’art. 99, comma 2, c.p.a., rimettendo, in particolare, le seguenti questioni di diritto:

1) se sia doverosa, o no, la disapplicazione, da parte della Repubblica Italiana, delle leggi statali o regionali che prevedano proroghe automatiche e generalizzate delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative; in particolare, se, per l’apparato amministrativo e per i funzionari dello Stato membro sussista, o no, l’obbligo di disapplicare la norma nazionale confliggente col diritto dell’Unione europea e se detto obbligo, qualora sussistente, si estenda a tutte le articolazioni dello Stato membro, compresi gli enti territoriali, gli enti pubblici in genere e i soggetti ad essi equiparati, nonché se, nel caso di direttiva self-executing, l’attività interpretativa prodromica al rilievo del conflitto e all‘accertamento dell’efficacia della fonte sia riservata unicamente agli organi della giurisdizione nazionale o spetti anche agli organi di amministrazione attiva;

2) nel caso di risposta affermativa al precedente quesito, se, in adempimento del predetto obbligo disapplicativo, l’amministrazione dello Stato membro sia tenuta all’annullamento d’ufficio del provvedimento emanato in contrasto con la normativa dell’Unione europea o, comunque, al suo riesame ai sensi e per gli effetti dell’art. 21-octies della legge n. 241 del 1990 e s.m.i., nonché se, e in quali casi, la circostanza che sul provvedimento sia intervenuto un giudicato favorevole costituisca ostacolo all’annullamento d’ufficio.

3) se, con riferimento alla moratoria introdotta dall’art. 182, comma 2, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, come modificato dalla legge di conversione 17 luglio 2020, n. 77, qualora la predetta moratoria non risulti inapplicabile per contrasto col diritto dell’Unione europea, debbano intendersi quali «aree oggetto di concessione alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto» anche le aree soggette a concessione scaduta al momento dell’entrata in vigore della moratoria, ma il cui termine rientri nel disposto dell’art. 1, commi 682 e seguenti, della legge 30 dicembre 2018, n. 145.

45. Nonostante la chiarissima risposta del Governo del 4.2.2021 alla Commissione europea (ignorata dal Consiglio di Stato), inaspettatamente, con due contestuali sentenze nn.17 e 18 del 9 novembre 2021 l’Adunanza plenaria del CdS è intervenuta sulle concessioni demaniali marittime, fissando tre principi di diritto di immediata applicazione normativa:

• il dovere dei giudici e della pubblica amministrazione di disapplicare le «norme legislative nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero ancora disporre) la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative», cioè l’art. 1, commi 682 e 683, della legge n.145/2018, n. 145 e l’art. 182, comma 2, del d.l.34/2020, in quanto contrastanti con l’art. 49 TFUE, e con l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE, che richiede una «selezione tra diversi candidati» qualora «il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili», e vieta «la procedura di rinnovo automatico»;

• l’insussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo agli attuali concessionari anche qualora siano intervenuti atti amministrativi di proroga, senza che rispetto a questi ultimi sia necessario attivare i poteri di autotutela della pubblica amministrazione, «in quanto l’effetto di cui si discute é direttamente disposto dalla legge, che ha nella sostanza legificato i provvedimenti di concessione prorogandone i termini di durata», ragion per cui la non applicazione della legge implica che gli effetti da essa prodotti sulle concessioni già rilasciate debbano parimenti ritenersi tamquam non esset;

• «al fine di evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere, di tener conto dei tempi tecnici perché le amministrazioni predispongano le procedure di gara richieste e, altresì, nell’auspicio che il legislatore intervenga a riordinare la materia in conformità ai principi di derivazione europea, le concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continuano ad essere efficaci sino al 31 dicembre 2023, fermo restando che, oltre tale data, anche in assenza di una disciplina legislativa, esse cesseranno di produrre effetti, nonostante qualsiasi eventuale ulteriore proroga legislativa che dovesse nel frattempo intervenire, la quale andrebbe considerata senza effetto perché in contrasto con le norme dell’ordinamento dell’U.E.».

46. Rispondendo all’ordinanza pregiudiziale delle Sezioni unite della Cassazione nella causa C‑497/20 la Corte di giustizia in Grande Sezione con la sentenza Randstad Italia del 21 dicembre 2021 (EU:C:2021:1037) ha messo in evidenza come le uniche azioni esperibili nella fattispecie di causa – in cui il Consiglio di Stato come giudice di ultima istanza aveva violato in maniera flagrante e grave il diritto dell’Unione europea e in particolare la consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia in materia di appalti pubblici -, erano rappresentate da un ricorso per inadempimento della Commissione europea ai sensi dell’articolo 258 TFUE o da un’azione del tipo Francovich10, che offra la possibilità di far valere la responsabilità dello Stato al fine di ottenere in tal modo una tutela giuridica dei diritti dei singoli riconosciuti dal diritto dell’Unione.

46.1. In particolare, secondo la Corte di giustizia (sentenza Randstad Italia, punto 79) il rimedio contro la violazione della direttiva 89/665 e dell’articolo 47, primo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione derivante dalla giurisprudenza del supremo giudice amministrativo consiste nell’obbligo, per ogni giudice amministrativo dello Stato membro interessato, compreso lo stesso supremo giudice amministrativo, di disapplicare tale giurisprudenza non conforme al diritto dell’Unione e, in caso di inosservanza di un tale obbligo, nella possibilità per la Commissione europea di proporre un ricorso per inadempimento contro tale Stato membro.

46.2. La Corte di giustizia (sentenza Randstad Italia, punti 75 – 77) ha sottolineato che la citata sentenza n.5606/2019 del 7 agosto 2019 del Consiglio di Stato, intervenuta nel corso del procedimento principale, era contraria al diritto dell’Unione, confermando la premessa argomentativa del rinvio pregiudiziale delle Sezioni unite della Cassazione.

46.3. Inoltre, la Corte di giustizia, ha così risposto al Consiglio di Stato sul contenuto dell’obbligo del Giudice di ultima istanza di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art.267 paragrafo 3 TFUE con l’ordinanza del 15 dicembre 2022 in causa C-144/2022 (EU:C:2022:1013), precisando al punto 45: «45 Quando l’esistenza di orientamenti giurisprudenziali divergenti – in seno agli organi giurisdizionali di un medesimo Stato membro o tra organi giurisdizionali di Stati membri diversi – relativi all’interpretazione di una disposizione del diritto dell’Unione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale è portata a conoscenza del giudice nazionale di ultima istanza, esso deve prestare particolare attenzione nella sua valutazione riguardo a un’eventuale assenza di ragionevole dubbio quanto all’interpretazione corretta della disposizione dell’Unione di cui trattasi e tenere conto, segnatamente, dell’obiettivo perseguito dalla procedura pregiudiziale che è quello di assicurare l’unità di interpretazione del diritto dell’Unione.».

47. E’ evidente, pertanto, che alla luce della inequivoca giurisprudenza della Corte di giustizia, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nelle cause decise con le sentenze nn.17 e 18 del 2021 aveva anche l’obbligo del rinvio pregiudiziale, che non ha rispettato, incorrendo in quella presupposizione di chiarezza della giurisprudenza comunitaria sulla questione, che verrà specificamente censurata dalla sentenza AGCM della Corte Ue.

48. Il Consiglio di Stato nel suo massimo consesso si è, dunque, rifiutato di rimettere la questione alla Corte di giustizia come Giudice di ultima istanza, ritenendo che la direttiva Bolkestein e la sentenza Promoimpresa della Corte di giustizia avessero già risolto tutte le questioni controverse, violando l’obbligo di leale cooperazione tra giudice nazionale e Corte di giustizia Ue.

49. Ciò emerge in tutta evidenza anche dalla (immediatamente) successiva sentenza del 13 gennaio 2022 n.229/2022 dello stesso Consiglio di Stato (Pres.Volpe), che al punto 6.7 ha precisato, richiamando alla sentenza Togel della Corte di giustizia11, che le concessioni demaniali marittime iniziate prima del 28.12.2009 non entrano nel campo di applicazione della Direttiva servizi, profilo non esaminato dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato: «6.7 Da ultimo, occorre pronunciare sul denunciato contrasto della decisione appellata con il diritto eurounitario sul rilievo che l’automatismo della proroga/rinnovo sarebbe contrario all’art. 12 Direttiva 2006/123/CE e alla sentenza Corte di Giustizia, Sez. V, 14 luglio 2016, Promoimpresa S.r.l. e Melis, C-458/14 e C-67/15. La censura è inammissibile per difetto d’interesse. Come sottolineato dal ricorrente appellato, i canoni per cui è causa sono stati liquidati anteriormente al 28 dicembre 2009 e nel vigore dell’ultimo rinnovo disposto anteriormente alla medesima data. Oltretutto il rapporto concessorio s’è costituito in data anteriore alla scadenza del termine di trasposizione (d.28 dicembre 2009) della Direttiva Servizi 2006/123/CE, ed anche il rinnovo di cui alla concessione n. 1/2007 è stato disposto anteriormente a detto termine. Da cui l’inapplicabilità della Direttiva Servizi ai rapporti concessori sorti anteriormente al termine di trasposizione della stessa. A riguardo va richiamato quanto affermato dalla Corte di Giustizia: “..il diritto comunitario non impone ad un’amministrazione aggiudicatrice di uno Stato membro di intervenire, su domanda di un singolo, in rapporti giuridici in essere, instaurati a tempo indeterminato o con durata pluriennale, qualora tali rapporti siano stati posti in essere prima della scadenza del termine di trasposizione della direttiva 92/50” (Corte di Giustizia, Sez. VI, 24.9.1998, Tögel, C76/97; nello stesso senso v. Corte di Giustizia, 5.10.2000, Commissione / Francia, C-337/98).».

50. Singolarmente, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha individuato tra le norme della legge di bilancio 2019 da disapplicare per ritenuta incompatibilità con il diritto comunitario soltanto i commi 682 e 682 della legge n.145/2018 e non il comma 684, per cui, fedelmente ma incomprensibilmente, le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative per uso residenziale o abitativo di cui all’art.01 comma 1 lettera f) del d.l. n.400/1993 continuano a mantenere la durata prevista dalla proroga al 31.12.2033.

51. La ὕβϱις del Consiglio di Stato contro la Cassazione a Sezioni unite si consumava con le sentenze nn.267/2022 e 2688/2022 del 14.1.2022 della V Sezione del CdS, con cui venivano incredibilmente annullate dal giudice supremo amministrativo le nomine da parte del Consiglio superiore della Magistratura rispettivamente della Presidente aggiunta della Cassazione e del Primo Presidente della Cassazione, costringendo il Presidente della Repubblica ad intervenire personalmente per riparare il gravissimo vulnus di immagine subito dai vertici della magistratura ordinaria e per far sostituire dal CSM a tempo di record, prima dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, con nuovi giudizi confermativi delle prestigiose cariche quelli bocciati dal Consiglio di Stato con motivazioni apparse ai più, come a chi scrive, del tutto pretestuose e strumentali.

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m) La Corte costituzionale con la sentenza n.46/2022 del 14.1.2022 non condivide la posizione assunta dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato sulla violazione del diritto Ue dell’art.1 commi 682-683 della legge n.145/2018

52. Prima dell’inammissibile intervento legislativo dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato in subiecta materia, la Corte costituzionale con sentenza n.10/2021 del 29.1.2021 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Calabria n.46/2020, che aveva previsto la durata pluriennale delle concessioni demaniali marittime stagionali in violazione della competenza esclusiva dello Stato sulla durata delle concessioni demaniali marittime. La Corte ha sottolineato che la «circostanza, rilevata dalla difesa regionale, che la stessa disciplina statale più recente abbia previsto, nelle more della revisione del sistema delle concessioni marittime da parte di un d.P.C.m., il prolungamento della durata delle concessioni esistenti al 30 dicembre 2018 per quindici anni dalla data di entrata in vigore della legge n. 145 del 2018, non può d’altra parte legittimare le Regioni a dettare discipline che ad essa si sovrappongano, in un ambito riservato alla competenza esclusiva dello Stato

53. Con ricorso notificato il 16-23 luglio 2020 il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato davanti alla Corte costituzionale l’art. 2 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 18 maggio 2020 n. 8, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, perché la normativa regionale prevede(va), al comma 1, che la validità delle concessioni con finalità turistico-ricreativa e sportiva, diportistica e attività cantieristiche connesse, nonché con finalità di acquacoltura sia in mare che in laguna, in essere alla data del 31 dicembre 2018, con scadenza antecedente al 2033, sia estesa, a domanda dei concessionari, fino al 31 dicembre 2033; mentre il comma 2 prevede(va) poi che la «durata degli atti concessori» sia prorogata fino al termine del procedimento di cui al comma 1, comunque, per un periodo massimo di un anno decorrente dalla data di entrata in vigore della legge regionale impugnata.

53.1. Con ricorso notificato l’11-14 dicembre 2020, a sua volta, la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha impugnato l’art. 100, commi 1, 2, 3, 4, 5, 7, 8, 9, 10 e 10-bis, del d.l. n.104/2020, che contengono le descritte disposizioni in materia di concessioni demaniali marittime, in riferimento, complessivamente, agli artt. 3, 5, 81, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione, nonché agli artt. 4 e 48 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), come attuato dall’art. 6, comma 1, del d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 469, dagli artt. 1, 2 e 3 del d.lgs. 25 maggio 2001 n. 265 e dall’art. 9, commi 2 e 5, del d.lgs. 1° aprile 2004 n. 111.

53.2. Sempre prima delle sentenze n.17 e 18 del 2021 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato che hanno provocato il gravissimo vulnus ordinamentale di cui si continua a subire le conseguenze, con sentenza n.139/2021 del 9.6.2021 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 18 maggio 2020 n. 8, sottolineando che «l’invasione della competenza statale non è esclusa nemmeno nell’ipotesi in cui la legislazione regionale si limiti – come accade nella specie – a riprodurre, nella sostanza, una disciplina già prevista dalla legislazione statale, e in particolare dall’art. 1, commi 682 e 683, della legge n. 145 del 2018 e successive modificazioni. Infatti, qualsiasi disciplina che comporti una restrizione al libero accesso nel mercato di altri operatori, come certamente accade quando si stabiliscano proroghe dei rapporti concessori in corso, è riservata dall’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., alla legislazione statale, restando invece precluso qualsiasi intervento della legislazione regionale in questa materia.».

54. Infine, la Corte costituzionale con la sentenza n.46/2022, nel rigettare il ricorso proposto dalla Regione Friuli-Venezia Giulia avverso l’art.100 del d.l. 104/2020, in particolare nella parte in cui al comma 1 aveva esteso alle concessioni demaniali lacuali e fluviali la proroga della durata fino al 31.12.2033 di cui all’art.1 commi 682-683 della legge n.145/2018, non ha condiviso le sentenze n.17 e 18 del 2021 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, pure citate in motivazione, anzi per facta concludentia ha affermato legittimità costituzionale dell’art.100 comma 1 d.l. n.104/2020 e di tutte le disposizioni impugnate dello stesso articolo, senza rilevare alcuna questione di legittimità costituzionale d’ufficio della predetta normativa statale ai sensi dell’art.117 comma 1 Cost., ritenendo così corretta la scelta del legislatore nazionale di regolamentare il settore nell’ambito della sua competenza esclusiva e così precisando: «Va premesso che non è qui in discussione la legittimità costituzionale della disposizione impugnata, né dei commi 682 e 683 dell’art. 1 della legge n. 145 del 2018 da essa richiamati, sotto il profilo del rispetto dei vincoli comunitari ai sensi dell’art. 117, primo comma, Cost. La Regione ricorrente non sostiene, infatti, la contrarietà di tali disposizioni al diritto dell’Unione europea – medio tempore affermata da due recenti pronunce dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (sentenze 9 novembre 2021, n. 17 e n. 18) –; bensì, esclusivamente, la violazione delle proprie competenze legislative, ai sensi dell’art. 4 dello statuto (anche alla luce delle pertinenti norme di attuazione) e degli artt. 117, terzo e quarto comma, Cost., oltre che del principio di leale collaborazione rispetto all’asserita chiamata in sussidiarietà in ambiti riservati alla competenza regionale.».

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54.1. Incidentalmente, va evidenziato che il ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia è stato discusso all’udienza pubblica del 25.1.2022, il giorno prima del giuramento come Giudice costituzionale del dott. Filippo Patroni-Griffi, che era stato il Presidente del Consiglio di Stato che aveva dettato con il decreto n.160/2021 i principi di diritto che l’Adunanza plenaria del 2021 avrebbe sviluppato nelle sentenze nn.17 e 18.

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n) Gli artt.3 e 4 della legge sulla concorrenza n. 118/2022 del Governo Draghi

55. In “applicazione” delle sentenze nn.17 e 18 del 2021 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato è intervenuto il legislatore del Governo Draghi, che, dopo aver abrogato senza disciplina transitoria le disposizioni dell’art.1 commi 682-683 della legge n.145/2018 che prevedevano la proroga fino al 31.12.2033, all’art. 3, comma 1, della legge 5 agosto 2022 n.118 (entrato in vigore il 27.8.2022) ha disposto la continuazione dell’efficacia delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l’esercizio delle attività turistico-ricreative e sportive fino al 31 dicembre 2023.

56. L’art.3 comma 3 della legge n.118/2022 consente una ulteriore proroga dei rapporti concessori fino al 31.12.2024, «in presenza di ragioni oggettive che impediscono la conclusione della procedura selettiva entro il 31 dicembre 2023, connesse, a titolo esemplificativo, alla pendenza di un contenzioso o a difficoltà oggettive legate all’espletamento della procedura stessa».

57. L’art.4 comma 1 della legge n.118/2022 ha previsto la delega al Governo entro sei mesi (scadenza 27 febbraio 2023) di uno o più decreti legislativi volti a riordinare e semplificare la disciplina in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive, ivi incluse quelle affidate ad associazioni e società senza fini di lucro.

58. L’art. 4 comma 2 della legge n.118/2022 ha delineato i principi e i criteri direttivi a cui avrebbe dovuto ispirarsi la delega legislativa prevista dal comma 1 dello stesso articolo, tra cui alla lettera i) la «definizione di criteri uniformi per la quantificazione dell’indennizzo da riconoscere al concessionario uscente, posto a carico del concessionario subentrante».

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o) L’ordinanza di rinvio pregiudiziale del Consiglio di Stato sull’indennizzo al concessionario uscente che non c’è nella normativa vigente, ma ci sarà con i decreti legislativi emanandi e non più emanati

59. E’ in questo travagliato e spesso eversivo (dell’ordine costituzionale) percorso giurisprudenziale/normativo che si inserisce l’ordinanza di rinvio pregiudiziale del Consiglio di Stato del 15.9.2022 n.8010 nella causa C-598/22 S.I.I.B., con cui il giudice amministrativo di ultima istanza, ha affrontato il problema della compatibilità comunitaria (soltanto) con l’art.49 TFUE (e non con l’art.12 paragrafo 1 della direttiva Bolkestein) dell’art.49 cod.nav.

59.1. In particolare, con l’incamerazione allo Stato delle opere non amovibili in caso di cessazione del titolo concessorio per scadenza (viceversa l’indennizzo a carico dello Stato è previsto dall’art.42 comma 4 cod.nav. in caso di revoca anticipata per ragioni pubbliche), non consente al concessionario uscente di ricevere nessun indennizzo neanche nel caso in cui vi sia stato l’esproprio ante tempus dell’utilizzazione del demanio marittimo dieci anni prima di quanto previsto dalla normativa vigente, prima con l’intervento legislativo dell’Adunanza plenaria e poi con l’intervento esecutivo della legge sulla concorrenza per il 2022.

60. La questione pregiudiziale appare inammissibile e la III Sezione della Corte di giustizia, dopo il nuovo intervento normativo con la legge n.14/2023 di conversione del decreto legge milleproroghe n.198/2022 e dopo la sentenza AGCM della Corte Ue, formulerà al Consiglio di Stato una richiesta di chiarimenti in data 17.7.2023, che disvelano l’assenza dei presupposti per una risposta interpretativa comunitaria utile per la soluzione della controversia.

61. Il rapporto concessorio sottoposto all’attenzione della Corte Ue, infatti, è iniziato in periodo antecedente al 28.12.2009 (dal 1928) e l’ultima devoluzione delle opere non amovibili al demanio marittimo è avvenuta nel 2008, per cui al quarto quesito della Corte di giustizia («Se la devoluzione al demanio marittimo è intervenuta dopo il 28 dicembre 2009, nella presente causa è applicabile la direttiva 2006/1233. Il giudice del rinvio è allora invitato a indicare le disposizioni di tale direttiva che gli sembrino pertinenti nell’ambito del procedimento principale») il Consiglio di Stato con l’ordinanza del 6.9.2023 n.8184 risponderà confermando il fatto che la devoluzione è avvenuta prima del 28 dicembre 2009.

61.1. In ogni caso, appare chiaro che il Consiglio di Stato è stato sempre ben consapevole che l’operazione interpretativa di applicare direttamente la direttiva Bolkestein ai concessionari balneari rappresentava una forzatura inaccettabile sotto il profilo etico e giuridico almeno per coloro che erano assegnatari del demanio marittimo da epoca antecedente all’entrata in vigore della direttiva servizi, anche se giustificata da scelte interne di politica governativa e legislativa concordate con la Commissione europea per sacrificare, sull’altare del rispetto degli obblighi comunitari non sussistenti per i balneari, questa categoria di imprese nazionali concessionarie di beni pubblici già operanti in regime concorrenziale per la varietà dell’offerta di servizi, a vantaggio di altre categorie di concessionari operanti in regime di oligopolio o di quasi monopolio in settori in cui gli appalti pubblici di derivazione comunitaria trovavano applicazione.

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p) La legge n.14/2023 di conversione del decreto legge n.198/2022 c.d. milleproroghe ha trasformato a tempo indeterminato la durata delle concessioni balneari

62. Il legislatore ha introdotto, con la legge di conversione n.14/2023 del d.l. milleproroghe n.198/2022, modifiche normative idonee a paralizzare, a tempo indeterminato, gli effetti della legge sulla concorrenza n.118/2022, alla luce del seguente quadro normativo.

63. L’art.3 comma 1 della legge n.118/2022, come modificatodall’art.12 comma 6-sexies del d.l. n.198/2022, convertito dalla legge n.14/2023, ha previsto una proroga “tecnica” delle concessioni demaniali marittime fino al 31 dicembre 2024, modificando l’originario termine del 31.12.2023.

64. L’art.3 comma 3 della legge n.118/2022, come modificatodall’art.10-quater comma 3 1° capoverso del d.l. n.198/2022, convertito dalla legge n.14/2023, ha spostato al 31 dicembre 2025 l’originario termine del 31 dicembre 2024 di scadenza delle concessioni in essere, «in presenza di ragioni oggettive che impediscono la conclusione della procedura selettiva entro il 31 dicembre 2024, connesse, a titolo esemplificativo, alla pendenza di un contenzioso o a difficoltà oggettive legate all’espletamento della procedura stessa», precisando altresì che fino a tale data l’occupazione dell’area demaniale da parte del concessionario uscente è comunque legittima anche in relazione all’articolo 1161 del codice della navigazione.

65. Dispone l’art.10-quater comma 3 d.l. n.198/2022, introdotto in sede di conversione dalla legge n.14/2023: «Le concessioni e i rapporti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere a) e b), della legge 5 agosto 2022, n. 118, continuano in ogni caso ad avere efficacia sino alla data di rilascio dei nuovi provvedimenti concessori».

66. Infine, l’art.4 comma 4-bis della legge n.118/2022, introdotto dall’art.1 comma 8 lettera b) della legge n.14/2023, di conversione con modificazioni del d.l. n.198/2022 prevede: «Fino all’adozione dei decreti legislativi di cui al presente articolo, è fatto divieto agli enti concedenti di procedere all’emanazione dei bandi di assegnazione delle concessioni e dei rapporti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere a) e b)».

67. In buona sostanza, è attualmente in vigore la nuova disciplina del settore, con trasformazione della durata a tempo indeterminato delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative per il blocco a tempo indeterminato delle gare, stabilendo comunque un termine di durata al 31.12.2024 (art.3 comma 1 legge n.118/2022) o, se successivo, al 31.12.2025 (art.3 comma 3 legge n.118/2022).

67.1. Infatti, innanzitutto, i Comuni e le Amministrazioni pubbliche concedenti diverse dai Comuni (come la Regione siciliana e la Regione Friuli Venezia-Giulia) fino all’emanazione dei decreti legislativi che avrebbero dovuto riordinare la materia (art.4 comma 1 della legge n.118/2022), non possono fare bandi (art.4 comma 4-bis della legge n.118/2022), che non possono essere più emanati perchè la delega legislativa di sei mesi è scaduta infruttuosamente il 27 febbraio 2023, il giorno della entrata in vigore della legge n.14/2023.

67.2. In secondo luogo, le concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali continuano ad avere efficacia fino al 31 dicembre 2024 ovvero fino al 31 dicembre 2025 (art.3 commi 1 e 3 1° capoverso della legge n.118/2022), cioè fino alla conclusione della procedura selettiva (che non può essere più effettuata), l’occupazione dell’area demaniale da parte del concessionario uscente è comunque legittima (il combinato disposto dell’art.3 comma 3 2° capoverso della legge n.118/2022, dell’art.10-quater comma 3 2° capoverso d.l. n.198/2022 e dell’art.4 comma 4-bis della legge n.112/2022).

68. Il legislatore nazionale del Governo Meloni con il d.l. n.198/2022 e la legge di conversione n.14/2023 ha neutralizzato, dunque, le predette sentenze dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, modificando sostanzialmente le disposizioni della legge sulla concorrenza e ripristinando la situazione giuridica vigente alla data del 31.12.2006, con reiterazione automatica e illimitata dei rapporti concessori.

69. Tuttavia, il Consiglio di Stato con sentenze del 1° marzo 2023 n. 2192 e del 19 aprile 2023 n. 3964 ha confermato i principi enunciati dalle due sentenze nn.17 e 18 del 2021 dell’Adunanza plenaria, ordinando alle amministrazioni pubbliche concedenti la disapplicazione della normativa sopravvenuta. Fatto inaudito come quello che ha generato tutta questa assurda e confusa situazione e che costituisce gravissima lesione dei principi fondamentali della democrazia parlamentare e dell’ordinamento costituzionale.

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q) La sentenza AGCM del 20.4.2023 della Corte di giustizia Ue

70. Con la sentenza AGCM del 20 aprile 2023 la Corte di giustizia Ue ha risposto ai quesiti pregiudiziali del TAR Lecce con l’ordinanza dell’11 maggio 2022 iscritta a Lussemburgo il 31 maggio 2022 come causa C-348/22.

71. Dal combinato disposto delle due sentenze Promoimpresa e AGCM è possibile argomentare che la direttiva 2006/123/CE non è (e non è stata mai) applicabile alla fattispecie delle concessioni balneari, che sono escluse sia dalla pertinente direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione sia dalle norme primarie dei Trattati per il combinato disposto degli artt.49, 50, 51, 56, 195 e 345 del TFUE.

72. La Corte Ue, in via preliminare, ha ribadito ai punti 37 e 38 che, come risulta da una giurisprudenza costante tra cui vengono richiamati i punti 59 e 61 della sentenza Promoimpresa, qualsiasi misura nazionale adottata in un settore che è stato oggetto di un’armonizzazione esaustiva o completa a livello dell’Unione deve essere valutata in rapporto non alle disposizioni del diritto primario, ma a quelle di tale misura di armonizzazione, precisando che gli articoli da 9 a 13 della direttiva 2006/123/CE provvedono a un’armonizzazione esaustiva concernente i servizi che rientrano nel loro campo di applicazione.

72.1. Pertanto, secondo la Corte, le norme primarie del Trattato (gli artt.49, 51 e 56 del TFUE) non sono oggetto di delibazione nella sentenza comunitaria, in presenza di misure di armonizzazione. Anche in questo caso la Corte, come nel precedente Promoimpresa, ha omesso il dato normativo primario secondo cui l’art.195 TFUE non prevede l’applicazione di direttive di armonizzazione nel settore del turismo.

72.2. A questo punto la Corte di giustizia ha interpretato l’art.12 paragrafo 1 della direttiva 2006/123/CE in modo tale da pervenire al risultato utile di rendere inapplicabile la direttiva servizi alle concessioni in corso, da un lato a) per mancanza del presupposto fondamentale per l’applicazione della predetta normativa derivata che limita la durata delle autorizzazioni e impone la selezione nella scelta dei concessionari; dall’altro, b) escludendo l’applicabilità della Bolkestein alle concessioni demaniali marittime assegnate prima del 28 dicembre 2009.

73. Sotto il primo e fondamentale profilo, ai punti 43-49 la Corte nella sentenza AGCM ha risposto alla prima parte dell’ottavo quesito pregiudiziale, con il quale il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 12 paragrafo 1 della direttiva 2006/123/CE debba essere interpretato nel senso che esso osta a che la scarsità delle risorse naturali e delle concessioni disponibili sia valutata combinando un approccio generale e astratto, a livello nazionale, e un approccio caso per caso, basato su un’analisi del territorio costiero del comune in questione, oppure se tale valutazione debba essere effettuata esclusivamente sulla base dell’uno o dell’altro di detti approcci (sentenza AGCM, punto 43).

73.1. La Corte ha ammesso che effettivamente la sua decisione Promoimpresa del 2016 aveva ivi precisato che si doveva prendere in considerazione la circostanza che le concessioni di cui trattasi sono rilasciate a livello non nazionale bensì comunale, al fine di determinare se le aree demaniali che possono essere oggetto di sfruttamento economico fossero in numero limitato (sentenza AGCM, punto 44).

73.2. Tuttavia, secondo la Corte Ue tale precisazione contenuta nella sentenza Promoimpresa costituiva una mera indicazione rivolta al giudice del rinvio e si spiegava con il contesto della causa che ha dato luogo a detta sentenza (sentenza AGCM, punto 45).

73.3. Infatti, alla luce del suo tenore letterale, l’articolo 12 paragrafo 1 della direttiva servizi conferisce agli Stati membri un certo margine di discrezionalità nella scelta dei criteri applicabili alla valutazione della scarsità delle risorse naturali. Tale margine di discrezionalità può condurli a preferire una valutazione generale e astratta, valida per tutto il territorio nazionale, ma anche, al contrario, a privilegiare un approccio caso per caso, che ponga l’accento sulla situazione esistente nel territorio costiero di un comune o dell’autorità amministrativa competente, o addirittura a combinare tali due approcci (sentenza AGCM, punto 46).

73.4. In particolare, la combinazione di un approccio generale e astratto, a livello nazionale, e di un approccio caso per caso, basato su un’analisi del territorio costiero del comune in questione, risulta equilibrata e, pertanto, idonea a garantire il rispetto di obiettivi di sfruttamento economico delle coste che possono essere definiti a livello nazionale, assicurando al contempo l’appropriatezza dell’attuazione concreta di tali obiettivi nel territorio costiero di un comune (sentenza AGCM, punto 47).

73.5. In ogni caso, è necessario che i criteri adottati da uno Stato membro per valutare la scarsità delle risorse naturali utilizzabili si basino su criteri obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati (sentenza AGCM, punto 48).

73.6. Alla luce delle considerazioni che precedono, la Corte ha risposto alla prima parte dell’ottava questione dichiarando che l’articolo 12 paragrafo 1 della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che la scarsità delle risorse naturali e delle concessioni disponibili sia valutata combinando un approccio generale e astratto, a livello nazionale, e un approccio caso per caso, basato su un’analisi del territorio costiero del comune in questione (sentenza AGCM, punto 49 e conclusioni).

74. Sotto un secondo profilo, come già anticipato, la Corte Ue ha affermato che «occorre sottolineare che una sentenza pregiudiziale, come la sentenza del 14 luglio 2016, Promoimpresa e a. (C‑458/14 e C‑67/15, EU:C:2016:558), chiarisce e precisa, quando ve ne sia bisogno, il significato e la portata della norma stabilita da detta disposizione della direttiva 2006/123, quale deve o avrebbe dovuto essere intesa e applicata dal momento della sua entrata in vigore, ossia, conformemente all’articolo 44 di tale direttiva, a decorrere dal 28 dicembre 2009.» (sentenza AGCM, punto 73).

75. In buona sostanza, anche su questo punto la Corte nella sentenza del 20.4.2023 ha corretto (in realtà ha demolito) la sentenza Promoimpresa, nella parte in cui la precedente decisione ha preteso di chiarire il significato e la portata dell’art.12 paragrafi 1 e 2 della direttiva 2006/123/CE rispetto a rapporti giuridici dei concessionari demaniali marittimi e lacuali iniziati prima del 28 dicembre 2009 e che, quindi, erano al di fuori del campo di applicazione della direttiva servizi.

76. La più autorevole dottrina amministrativista12 ha subito evidenziato che l’interpretazione del diritto dell’Unione nella sentenza AGCM della Corte di giustizia si poneva in distonia con le indicazioni ermeneutiche e normopoieutiche delle sentenze del 9 novembre 2021 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, in particolare per quanto riguarda la verifica della scarsità della risorsa naturale e la non assoggettabilità alla direttiva Bolkestein delle concessioni assegnate prima del 28.12.2009, scaricando però le responsabilità del caos nel settore alle modifiche legislative e non all’invenzione normopoieutica del CdS e facendo rientrare inaccettabilmente le concessioni balneari ante 28.12.2009 nel campo di applicazione del diritto Ue attraverso il richiamo all’art. 13, commi 2 e 5, del d.lgs. n. 36/2023, inapplicabile alla categoria che, invece, è ricompresa pacificamente tra i soggetti esclusi dal codice dei contratti pubblici, come previsto dall’art.56 comma 1 lettera e) del d.lgs. n.36/2023.

77. Pertanto, il potere dei Comuni di rilasciare, rinnovare, modificare o revocare le concessioni demaniali marittime è regolamentato esclusivamente secondo le regole del codice della navigazione e al di fuori della disciplina del nuovo codice dei contratti pubblici (d.lgs. 36/2023).

78. Nonostante la sentenza AGCM della Corte Ue, il Consiglio di Stato con le sentenze del 7 luglio 2023 n. 6675 e del 28 agosto 2023 n. 7992 ha continuato ad applicare i principi enunciati dall’Adunanza plenaria e a disapplicare la normativa interna sopravvenuta.

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r) Il Tavolo governativo sulla mappatura attesta la non scarsità della risorsa naturale

79. Il 5 ottobre 2023 si sono conclusi i lavori del Tavolo tecnico consultivo in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali, istituito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri ai sensi dell’art.10-quater commi 1 e 2, del d.l. n.198/2022, con il compito di definire i criteri tecnici per la determinazione della sussistenza della scarsità della risorsa naturale disponibile.

80. I dati sui rapporti concessori in essere sulle aree demaniali marittime, nelle more dell’operatività del sistema Siconbep, sono stati acquisiti attraverso la banca dati SID – Portale del mare. Sulla base dei dati disponibili all’attualità, secondo il Governo, è risultato che la quota di aree occupate dalle concessioni demaniali equivale, attualmente, al 33% delle aree disponibili.

81. La Presidenza del Consiglio dei Ministri con la nota ufficiale del 6.10.2023 ha comunicato che, quanto ai criteri tecnici utili a determinare la sussistenza della scarsità della risorsa naturale, il Tavolo tecnico ha evidenziato come, in base agli elementi finora raccolti e analizzati, questi debbano essere individuati tenendo conto del dato nazionale, secondo un approccio generale e astratto, proporzionato e non discriminatorio.

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s) Il discriminatorio e illegittimo parere motivato della Commissione Ue del 16.11.2023 contro i concessionari demaniali marittimi italiani

82. La Commissione europea ha notificato al Governo italiano il 16.11.2023, preannunciato sugli organi di stampa nazionale, il parere motivato sulle concessioni balneari a conclusione della procedura di infrazione 2020/4118.

83. Il parere motivato della procedura di infrazione 2020/4118 sui balneari italiani non ha avuto alcuna informazione ufficiale da parte della Commissione europea e non è stato neanche inserito nel pacchetto infrazioni pubblicato il 16.11.2023.

84. In modo irrituale, contestualmente il 16.11.2023 il parere motivato sui balneari in Portogallo nella procedura di infrazione 2022/2020 è stato archiviato senza nessuna comunicazione ufficiale da parte della Commissione e senza nessuna pubblicità sulla stampa nazionale lusitana, nonostante l’art.21 commi 6 e 7 del decreto ley n.226/A/2007 nel testo vigente in Portogallo preveda ancora il diritto di insistenza, mentre in Spagna le concessioni demaniali marittime continuano ad avere una durata massima di 75 anni in base alla riforma del 2012 espressamente elogiata dalla Vice Presidente della Commissione Ue nel comunicato del 3.8.201213.

85. A pag. 3 del parere motivato del 16.11.2023 la Commissione Ue riproduce esattamente il nuovo quadro normativo interno italiano, stigmatizzando il fatto che, con le modifiche degli artt.3 e 4 della legge n.118/2022 inserite nella legge di conversione del decreto milleproroghe n.14/2023, le concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali abbiano sostanzialmente durata a tempo indeterminato.

86. La Commissione Ue nel parere motivato ha ignorato tutta la normativa di diritto primario e di diritto derivato dell’Unione che escludeva ed esclude tassativamente che le concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali, sia se intese come concessioni di servizi sia se intese, più correttamente, come concessioni di beni (come affermato espressamente dalla sentenza Promoimpresa della Corte UE) rientrino nel campo di applicazione del diritto comunitario, così come ha ignorato quanto affermato nella sentenza AGCM della Corte di giustizia al punto 73, nella parte in cui ha chiarito il significato e la portata dell’art.12 paragrafi 1 e 2 della direttiva Bolkestein rispetto a CDM iniziate prima del 28 dicembre 2009 che, quindi, erano comunque al di fuori del campo di applicazione della direttiva servizi.

86.1. In particolare, la Commissione europea ha ignorato nell’analisi della normativa Ue applicabile gli artt. 50, 51, 195, 345 e 352 del TFUE, nonchè il considerando 57 della direttiva servizi 2006/123/CE e il considerando 15 della direttiva 2014/23/UE sulla aggiudicazione dei contratti di concessione, disposizioni che escludono in una lettura logico-sistematica e letterale che le concessioni demaniali marittime entrino nel campo di applicazione del diritto dell’Unione.

86.2. La Commissione Ue ha fornito nel parere motivato una manipolata e illegittima interpretazione della sentenza AGCM della Corte proprio nel punto di maggior chiarezza (punti 46-48), cioè sulla necessità di una preventiva valutazione della scarsità della risorsa naturale da parte del Governo centrale che è il proprietario dei beni, arrivando addirittura a sostenere il contrario rispetto a quanto precisato dalla Corte Ue.

86.3. Sul piano interno e per giustificare con l’incertezza giurisprudenziale l’esigenza di certezze giuridiche con l’espletamento di gare, la Commissione europea si è affidata totalmente alle sentenze dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato sul punto della scarsità delle risorse naturali, rilevando che tali decisioni sono state valorizzate dal Presidente della Repubblica con il messaggio del 26.2.2023, come si evince a pag.5 del parere motivato.

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t) La sentenza n.32559/2023 della Cassazione a Sezioni unite riforma per eccesso di potere la sentenza n.18/2021 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato

87. Con la sentenza n.32559/2023 del 23 novembre 2023 delle Sezioni unite della Cassazione è stata cassata con rinvio per eccesso di potere giurisdizionale la sentenza n.18 del 2021 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato e la pretesa del giudice amministrativo di appello di dettare norme generali di rango legislativo primario (e anche regolamentare) applicabili a tutti gli operatori economici del settore e a tutte le pubbliche amministrazioni che intervengono a disciplinare la materia delle concessioni demaniali marittime, fluviali e lacuali.

88. Per le Sezioni unite della Cassazione la celebrazione del nuovo processo davanti all’Adunanza plenaria dopo la cassazione della sentenza n.18/2021 dovrà essere orientata a fissare nuovi principi di diritto vincolati ai motivi di ricorso presentati da SIB, ASSOMAT e Regione Abruzzo che sono stati assorbiti dalla sentenza, «anche alla luce delle sopravvenienze legislative, avendo il Parlamento e il Governo esercitato, successivamente alla sentenza impugnata, i poteri normativi loro spettanti.».

88.1. Il monito delle Sezioni unite della Cassazione al Consiglio di Stato è molto chiaro: le sentenze nn.17 e 18 del 2021 dell’Adunanza plenaria non esistono più in quanto espressione di inammissibili principi di diritto che si sono tradotti in norme di rango primario e regolamentare, invadendo la sfera riservata al legislatore e al Governo anche per quanto riguarda la produzione legislativa ed amministrativa generale futura.

89. Le Sezioni unite della Suprema Corte, con le stesse motivazioni della sentenza n.32559/2023, hanno anche annullato con ordinanza del 9 gennaio 2024 n.786 la decisione del 23 maggio 2022 n.4072 del Consiglio di Stato, che aveva recepito i principi enunciati nella riformata sentenza n.18/2021 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato.

90. Come giustamente evidenziato dal TAR Lecce nel decreto cautelare presidenziale del 21 dicembre 2023 n.614 «l’Ad. Plen n. 17/2021, ancorché formalmente estranea all’ambito di decisione della predetta sentenza della S.C. Sez. Unite, deve essere riguardata come mero presupposto e, in quanto tale, deve essere valutata anche sotto il profilo della sua nullità, in quanto affetta dai medesimi vizi radicali ed insanabili della sentenza cassata (n.18/2021), della quale non può non condividerne le sorti…. che – sotto altro e diverso profilo – la specifica statuizione contenuta nelle citate sentenze C.d.S. Ad. Plen. 17 e 18 del 2021 (nella parte in cui si riferisce ad eventuali future leggi o provvedimenti dispositivi di proroga automatica) non appare vincolante o, comunque, valido supporto per l’amministrazione, in quanto adottata in evidente violazione dell’art. 34 comma 2 del C.P.A. ed estranea pertanto all’ambito della giurisdizione e dei poteri attribuiti al giudice, nonché in violazione del principio costituzionale del primato della legge».

90.1. Tuttavia, con sentenza del 27.12.2023 n.11200 il Consiglio di Stato – Sezione VI al punto 8.6. ha insistito con il furore creativo normopoieutico, precisando che le proroghe delle concessioni balneari sono illegittime perché la sentenza del 9 novembre 2021 n. 17 dell’Adunanza plenaria, a differenza della sentenza n. 18/2021 annullata per diniego di giurisdizione dalla sentenza delle SS.UU. n. 32559/2023, non risulta impugnata e quindi continua ad essere applicata a tutte le amministrazioni pubbliche e a tutti gli operatori economici.

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u) La risposta anomala del Governo del 16.1.2024 al parere motivato della Commissione europea: la confusione regna sovrana grazie anche all’autarchia dell’Antitrust

91. Il Governo con lettera del 16 gennaio 2024 a firma del Capo dell’Ufficio legislativo del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha incredibilmente negato il dato normativo correttamente individuato dalla Commissione Ue, secondo cui le modifiche introdotte con la legge di conversione n.14/2023 hanno trasformato a tempo indeterminato la durata delle concessioni demaniali marittime.

92. Il funzionario governativo ritiene applicabile solo la proroga prevista dal nuovo testo dell’art.3 comma 1 della legge n.118/2022 fino al 31 dicembre 2024 e aveva già dato questa indicazione nell’informativa presentata a margine del Consiglio dei Ministri del 28 dicembre 2023, del seguente tenore: «Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini ha svolto una informativa per portare all’attenzione del Consiglio dei Ministri le numerose richieste di chiarimento presentate, nelle ultime settimane, dalle competenti amministrazioni, sugli adempimenti da adottare a decorrere dal 1° gennaio 2024 in relazione all’affidamento delle concessioni per l’utilizzo di proprietà demaniali marittime, lacuali e fluviali per attività ricreative e turistiche. Nel corso dell’informativa, è stato illustrato il frammentato quadro normativo e giurisprudenziale di settore, su cui è in corso una interlocuzione con la Commissione europea sui rilievi contenuti nel parere motivato (INFR(2020)4118 C(2023)7231 final). Sulla base dell’informativa resa, il Consiglio dei Ministri ha sottolineato la necessità di pervenire a una rapida conclusione dei lavori di competenza del tavolo tecnico istituito presso la Presidenza del Consiglio, finalizzati all’adozione dei criteri tecnici per la determinazione della sussistenza della scarsità della risorsa naturale disponibile. Il Governo resta impegnato nell’individuazione con la Commissione europea di una soluzione che, in coerenza con l’ordinamento europeo, assicuri le necessarie certezze agli operatori economici e agli enti concedenti in merito all’affidamento dei beni demaniali marittimi. Nelle more dell’individuazione della citata soluzione, in via prudenziale, è opportuno evitare che le amministrazioni competenti assumano iniziative disomogenee, che potrebbero avere ripercussioni negative sul sistema economico e sociale legato alle concessioni per finalità turistiche e ricreative, utilizzando a tal fine le facoltà previste a legislazione vigente in relazione alla sussistenza di ragioni oggettive che impediscono lo svolgimento della procedure di affidamento entro i termini normativamente previsti.».

93. I Comuni, nella massima parte dei casi, anche sulla base delle indicazioni provenienti dall’ANCI, hanno revocato l’originaria durata al 31 dicembre 2033 delle concessioni demaniali marittime prevista dalla legge n.145/2018 e hanno fissato quale nuovo termine quello del 31 dicembre 2024, preparandosi ad indire gare pubbliche di nuova assegnazione delle concessioni.

94. L’esproprio illegittimo dei beni demaniali legittimamente detenuti dalle società ricorrenti è stata sollecitata da sedicente Associazione denominata CO.NA.MA.L., che, con lettere di identico contenuto indirizzate a gennaio 2024 a vari Comuni costieri, in particolare della riviera romagnola, ha sollecitato gli Enti comunali procedere immediatamente alla rimozione degli stabilimenti balneari già prima dell’inizio della stagione estiva 2024 e alla messa a gara delle concessioni, indirizzando la temeraria diffida anche all’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato e alle Procure della Repubblica.

94.1. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, ignorando evidentemente che una legge dello Stato vieti a tempo indeterminato l’indizione di gare pubbliche per l’affidamento delle concessioni in corso, con lettera del 1.2.2024 ha raccolto la segnalazione strumentale di CO.NA.MA.L., per chiedere alle pubbliche amministrazioni comunali del litorale romagnolo, a cui la denuncia-esposto era stata indirizzata, chiarimenti in merito a possibili profili anticoncorrenziali riguardanti il rilascio delle concessioni demaniali a uso turistico-ricreativo e alle modalità di indizione di gara.

94.2. In precedenza, con il parere n.AS1930 del 12.12.2023 sulle procedure di affidamento delle concessioni demaniali marittime avviate dal Comune di Jesolo (v.pagg. 32-34 del Bollettino AGCM n.49/2023), l’AGCM, nell’avallare sostanzialmente le procedure di gara avviate dal Comune veneto al di fuori del quadro normativo interno che vieta le procedure di affidamento di nuove concessioni balneari, ha riaffermato la cogenza delle sentenze n.17 e del 18 del 2021 dell’Adunanza plenaria, svuotando di pratico significato la sentenza n.32559/2023 delle Sezioni unite con la seguente incredibile e manipolatrice motivazione: «Appare opportuno precisare che la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza del 23 novembre 2023, n. 32559,nel cassare con rinvio al Consiglio di Stato la sentenza dell’Adunanza plenaria n. 18/2021 per diniego o rifiuto di giurisdizione, ha rigettato la richiesta di enunciare “i principi di diritto nell’interesse della legge sulle questioni trattate nei restanti motivi assorbiti, sulle quali spetterà al Consiglio di stato pronunciarsi nuovamente, anche alla luce delle sopravvenienze legislative, avendo il Parlamento e il Governo esercitato, successivamente alla sentenza impugnata, i poteri legislativi loro spettanti”.».

94.3. Soltanto la risposta del Comune di Rimini con comunicazione del 1.2.2024 è stata in linea con le argomentazioni di CO.NA.MA.L., affermando l’Ente locale, in dichiarata disobbedienza amministrativa delle leggi dello Stato, di aver prorogato la durata delle concessioni al 31.12.2024 alla luce dell’art.3 comma 3 della legge n.118/2022 nel testo previgente alla modifica introdotta dalla legge n.14/2023 e di essere in procinto di preparare le gare per sostituire i vecchi concessionari non nuovi titolari.

94.4. Anche l’AGCM con lettera del 28.2.2024 indirizzata a CO.NA.MA.L. ha condiviso le argomentazioni della denunziante associazione, fino al punto di ritenere applicabile l’art.3 comma 3 della legge n.118/2022 nel testo previgente, dimostrando un’ignoranza devastante del diritto dell’Unione, della Costituzione nazionale e delle leggi ordinarie, a cui anche e soprattutto le Autorità indipendenti dovrebbero informare la propria azione amministrativa di controllo.

94.5. Viceversa, dimostrando di conoscere la legislazione ordinaria vigente molto meglio del Comune di Rimini e dell’Antitrust, il Comune di Riccione con lettera del 14.1.2024 ha risposto a CO.NA.MA.L. contestandone le fantasiose argomentazioni e precisando che l’Ente locale deve applicare le leggi vigenti, che prevedono da un lato la proroga automatica al 31.12.2024 della durata delle concessioni demaniali marittime in corso e dall’altro l’impossibilità di indizione di gare pubbliche senza una cornice normativa che spetta al legislatore nazionale di delineare.

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v) L’avvocato generale Capeta con l’esclusione dalla Bolkestein delle concessioni balneari iniziate prima del 28.12.2009 risolve il falso problema della mancanza di indennizzo al concessionario uscente per le opere non amovibili

95. Come anticipato, la domanda pregiudiziale del Consiglio di Stato nella causa C-598/22 ha evidenziato che nelle sentenze dell’Adunanza plenaria del CdS sulle CDM l’illegittima disciplina legislativa introdotta dalla giurisdizione amministrativa è comunque del tutto carente della parte relativa agli indennizzi per i concessionari “uscenti” rispetto agli investimenti immobiliari e mobiliari legittimamente effettuati sul suolo demaniale, quando i concessionari balneari fino al 31.12.2006 potevano fare affidamento su un quadro normativo certo di durata indeterminata del titolo di utilizzazione del demanio marittimo, determinato dal combinato disposto dell’art.37 comma 2 2° periodo del codice della navigazione con il diritto di insistenza e dalla reiterazione illimitata del rapporto concessorio prevista dall’art.01 comma 2 del d.l. n.400/1993.

96. Questo quadro normativo di certezze giuridiche per gli operatori economici del settore è stato indebolito con decorrenza dal 1.1.2007 dal Governo Prodi, che, con la legge finanziaria n.296/2006, aveva fissato (art.1 comma 253) la durata massima ventennale delle concessioni demaniali marittime, aggiungendo all’art.03 del d.l. n.400/1993 il comma 4-bis, norma attualmente in vigore, per concordare con la Commissione europea il sacrificio al mercato delle CDM per finalità turistico-ricreative che non rientrano nel campo di applicazione della direttiva servizi e del diritto primario dell’Unione, in cambio del “salvataggio” di imprese concessionarie in settori sicuramente obbligate alle evidenze pubbliche (mai fatte) di derivazione comunitaria, come quelle autostradali, areoportuali, idroelettriche, delle scommesse.

97. Il parere dell’Avvocato generale Capeta nelle sue conclusioni scritte depositate l’8 febbraio 2024 nella causa C-598/22 non lascia ombra a dubbi sul fatto che la emananda sentenza della III Sezione della Corte di giustizia confermerà la questione interpretativa fondamentale già affrontata e risolta dalla stessa Sezione della Corte Ue nella sentenza AGCM del 20.4.2023 al punto 72, che svuota di ogni (residuo) valore giuridico il contenuto interpretativo e impositivo di norme delle decisioni del 2021 dell’Adunanza plenaria: le concessioni demaniali marittime assegnate prima del 28.12.2009 non entrano nel campo di applicazione della direttiva Bolkestein.

98. L’AG precisa ai punti 27 e 28 delle conclusioni scritte della causa C-598/22 che le norme nazionali relative alle concessioni di risorse naturali scarse rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva sui servizi e che, tuttavia, il termine di recepimento di tale direttiva è scaduto il 28 dicembre 2009, mentre i fatti pertinenti della causa pregiudiziale si sono verificati in una data anteriore, in quanto, come spiegato dal Consiglio di Stato, sulla base del codice della navigazione vi è stata una cessione di beni allo Stato alla fine del 2008. Poiché la direttiva sui servizi non è applicabile al caso oggetto del procedimento principale ratione temporis, la questione pregiudiziale, secondo l’Avvocato generale Capeta, richiede un’interpretazione in rapporto al diritto primario dell’art.49 TFUE.

99. Anche il riferimento alla scarsità della risorsa naturale come presupposto di applicazione dell’art.12 della direttiva Bolkestein depone nel senso che, emergendo dalla mappatura governativa del patrimonio demaniale costiero statale la non scarsità della risorsa naturale, anche le concessioni balneari assegnate dopo l’entrata in vigore della direttiva servizi hanno durata illimitata, come nella legislazione vigente.

100. Infine, come già ampiamente illustrato, gli stessi argomenti sulla natura pubblica dei servizi svolti dai concessionari demaniali marittimi, evidenziati dall’Avvocato generale Capeta al punto 87 delle conclusioni scritte in relazione alla posizione nella causa del Governo italiano, che giustificano la non applicazione dell’indennizzo alla cessazione del rapporto concessorio con la deroga al divieto di restrizioni alla libertà di stabilimento di cui all’art.49 TFUE, possono essere ampiamente utilizzati invocando l’art.51 TFUE per escludere le CDM dal diritto primario Ue, così come l’art.195 TFUE non lascia dubbi sull’inapplicabilità delle direttive di armonizzazione al settore turismo.

101. Certamente non spetta ai concessionari balneari nessun indennizzo per l’applicazione dell’art.49 cod.nav., norma giustamente ritenuta compatibile con il diritto primario dell’Unione nell’opinione dell’AG.

101.1. La soluzione dell’indennizzo, peraltro in mancanza definitiva dei decreti legislativi di cui all’art.4 comma 2 lettera i) della legge n.118/2022 che avrebbero dovuto determinarne la quantificazione a carico del concessionario subentrante, non è assolutamente praticabile, nonostante le aspettative del Consiglio di Stato con l’ordinanza del 17 gennaio 2024 n.138/2024, che ha accolto l’appello cautelare proposto dal Fallimento del concessionario uscente in materia di mancato indennizzo per l’incameramento al demanio statale delle opere non amovibili.

102. Tuttavia, spetta ai concessionari demaniali marittimi uscenti “iussu iudicis e “contra legem” l’indennizzo del valore integrale dell’azienda perduta (a carico del demanio pubblico trattandosi di esproprio illegittimo), compreso l’avviamento commerciale e quello delle opere non amovibili, ai sensi dell’art.42 comma 4 cod.nav. e delle regole sulla responsabilità contrattuale dello Stato proprietario del demanio, vertendosi in materia di revoca illegittima di concessioni a tempo indeterminato senza ragioni oggettive di interesse pubblico.

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z) Le azioni esperibili o esperite dai concessionari balneari a tutela dei propri diritti

103. Le azioni giudiziarie esperibili dai concessionari demaniali marittimi a tutela dei propri diritti alla durata illimitata del titolo concessorio, salvo revoca o decadenza ma secondo le norme del codice della navigazione e non le bizzarre invenzioni legislative del Consiglio di Stato, sono tutte di carattere straordinario ed eccezionale, in relazione ad una situazione straordinaria ed eccezionale determinata dal caos giuridico ed istituzionale innanzi descritto, a cui peraltro la Corte di giustizia con l’ambiguità dell’interpretazione proposta dalla sentenza Promoimpresa e la Commissione europea con le strumentali e discriminatorie procedure di infrazione attivate nel corso del tempo hanno ampiamente contribuito, seppure su “sollecitazione” dei vari Governi nazionali che si sono occupati della questione.

104. Sicuramente sarebbe auspicabile il ripensamento della questione da parte dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, come sottolineato dalla Corte di giustizia nella sentenza Randstad Italia, all’esito del giudizio n.1975/2021 R.G. riassunto davanti al Consiglio di Stato – VII Sezione dall’appellata concessione demaniale marittima del Comune di Lecce, dopo l’annullamento della sentenza n.18/2021 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato da parte della Cassazione a Sezioni unite.

105. In secondo luogo, i concessionari balneari, che si vedranno sottratta la legittima gestione a tempo indeterminato del demanio marittimo assegnato e senza indennizzo alla data del 31.12.2024 o a quella successiva del 31.12.2025, hanno specifico e attuale interesse ad impugnare la sentenza n.17/2021 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato davanti alla Suprema Corte di Cassazione a Sezioni unite, ai sensi dell’art.111 commi 7 e 8 Cost., per chiederne l’integrale riforma nella parte in cui il Giudice amministrativo di ultima istanza nel suo Massimo Consesso ha preteso di sostituirsi al legislatore e al Governo per fissare norme di legge di rango primario e disposizioni regolamentari applicabili a tutti i concessionari demaniali marittimi sul territorio nazionale, a tutte le pubbliche amministrazioni, anche nei confronti di quei concessionari balneari che non hanno fatto parte del giudizio n.14/2021 Reg.ric.AP (giudizio n.311/2021 Reg.ric.CGARS) definito dalla predetta decisione dell’Adunanza plenaria.

105.1. A tal proposito, alcuni concessionari demaniali marittimi del Comune di Rimini hanno già impugnato davanti alla Corte di legittimità la sentenza n.17/2021 dell’A.P. del CdS, sollevando anche i seguenti quesiti pregiudiziali ai sensi dell’art.267 comma 3 TFUE, che potrebbero essere dirimenti a risolvere la problematica ove il supremo organo della giustizia ordinaria nel suo massimo Consesso ne facesse proprie le domande interpretative alla Corte di giustizia Ue come Giudice di ultima istanza:

«1. Si chiede se la Corte di giustizia dell’Unione può confermare quanto già precisato ai punti 45-48 della precedente sentenza Promoimpresa della stessa Corte di giustizia dell’Unione (EU:C:2016:558), cioè che le concessioni demaniali marittime per uso turistico-ricreativo come quelle dei ricorrenti, che non vertono su una prestazione di servizi determinata dell’ente aggiudicatore, bensì sull’autorizzazione a esercitare un’attività economica in un’area demaniale statale, non rientrano nella categoria delle concessioni di servizi e, quindi, non entrano nel campo di applicazione né delle autorizzazioni di cui alla direttiva servizi 2006/123/CE né della direttiva 2014/23/UE, trattandosi di alcuni accordi aventi per oggetto il diritto di un operatore economico di gestire determinati beni o risorse del demanio pubblico, in regime di diritto privato o pubblico, quali terreni, mediante i quali lo Stato fissa unicamente le condizioni generali d’uso dei beni o delle risorse in questione.».

«2. A prescindere dalla risposta della Corte al primo quesito, si chiede se le concessioni demaniali marittime per uso turistico-ricreativo come quelle dei ricorrenti, iniziate prima del 28 dicembre 2009, data di entrata in vigore della direttiva 2006/123/CE, sono comunque fuori dal campo di applicazione della direttiva servizi, come sembrerebbe ricavarsi dal punto 73 della sentenza Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Commune de Ginosa)” della Corte di giustizia dell’Unione (EU:C:2023:301).».

«3. A prescindere dalla risposta della Corte al primo e al secondo quesito, si chiede se l’art.195 del Trattato di funzionamento dell’Unione europea deve essere interpretato nel senso che le concessioni demaniali marittime come quelle dei ricorrenti, operanti nel settore del turismo, sono escluse dal campo di applicazione delle direttive di armonizzazione, come la direttiva 2006/123/CE.».

«4. A prescindere dalla risposta della Corte al primo, al secondo quesito e al terzo quesito, si chiede se l’art.51 del Trattato di funzionamento dell’Unione europea deve essere interpretato nel senso che le concessioni demaniali marittime come quelle dei ricorrenti, che svolgono in maniera costante e non occasionale attività di interesse pubblico sul territorio del demanio statale, quali la salvaguardia della proprietà pubblica, la tutela della salute e dell’igiene pubblica, la tutela del diritto delle persone con disabilità all’accesso alle attività di elioterapia e di balneazione, nonché attività turistiche, culturali e ambientali, sono escluse dall’applicazione dell’art.49 del T.F.U.E.».

106. In terzo luogo, i concessionari balneari potranno proporre entro il 9 novembre 2024 davanti al Tribunale civile di Roma, nei confronti del Governo italiano a causa della sentenza n.17 del 2021 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, che ha preteso di sostituirsi al legislatore nazionale violando contestualmente anche il diritto dell’Unione europea per il mancato rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia in violazione dell’art.267 ultimo comma TFUE, l’azione giudiziaria disciplinata dall’art.2 e ss. della legge n.117/1988 anche secondo le indicazioni e i criteri della sentenza Francovich della Corte di giustizia, per chiedere il risarcimento dei danni in forma specifica cagionati dall’illegittimo esercizio delle funzioni giudiziarie. Esattamente come potrebbe essere successo nel caso Randstad Italia.

107. Infine, per quanto riguarda la Commissione europea può essere proposta diffida ai sensi dell’art.340 del Trattato per il funzionamento dell’Unione europea, per il risarcimento dei danni causato dalla responsabilità extracontrattuale dell’Unione europea nei confronti dei concessionari demaniali marittimi italiani in conseguenza dell’illegittimità e della discriminatorietà dell’operato degli agenti della Commissione Ue che hanno predisposto il parere motivato del 16.11.2023, con richiesta di immediata archiviazione.

108. Senza dubbio, l’evocazione di queste azioni giudiziarie straordinarie davanti alla giustizia civile per il fallimento di quella amministrativa disvela la gravità del conflitto istituzionale tra Cassazione a Sezioni unite (e Corte costituzionale) da un lato e l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, la Commissione Ue e l’AGCM dall’altro, che avrebbe dovuto essere evitato dal Presidente della Repubblica, perché le leggi dello Stato si applicano quando la Corte costituzionale non è intervenuta, pur avendo avuto l’occasione di farlo, a dichiarare l’illegittimità costituzionale di norme statali sospettate di contrasto con il diritto Ue per la pretesa eversiva del Consiglio di Stato di accentrare a sé i tre poteri cardinali dell’ordinamento democratico.

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1 V. De Michele, Lo strano caso delle concessioni balneari e la giurisprudenza creativa del Consiglio di Stato sulla primazia del diritto Ue, 15.9.2022, su europeanrights.eu; La sentenza AGCM della Corte Ue sulla compatibilità con il diritto dell’Unione delle norme interne sulle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali, 2.5.2023, su europeanrights.eu; La questione delle concessioni balneari dopo le sentenze del TAR Lecce e della Corte di cassazione a sezioni Unite, 1.12.2023, sempre su europeanrights.eu.

2 Corte di giustizia Ue, sentenza 14 luglio 2016 nelle cause riunite C-458/14 e C-67/15 Promoimpresa (EU:C:2016:558).

3 La Corte costituzionale ha così precisato nella sentenza n.29/2017 sulla natura del rapporto concessorio del demanio marittimo: «La stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato ha riconosciuto che «non tutti i manufatti insistenti su aree demaniali partecipano della natura pubblica – e dell’inerente qualificazione demaniale – della titolarità del sedime, poiché solo ad alcuni, nella stessa dizione della legge, appartiene la natura pertinenziale. Per gli altri (che la legge indica come impianti di difficile o non difficile rimozione: definizione che appare inadatta a stabilire una differenza di categoria, dato che anche gli immobili pertinenziali sono o possono essere, di per sé, rimovibili con facilità o con difficoltà) si deve allora riconoscere, per esclusione, la qualificazione di cose immobili di proprietà privata fino a tutta la durata della concessione, evidentemente in forza di un implicito diritto di superficie» (Consiglio di Stato, sez. VI, 13 giugno 2013, n. 3308; nello stesso senso, Consiglio di Stato, sez. VI, 13 giugno 2013, n. 3307 e Consiglio di Stato, sez. VI, 10 giugno 2013, n. 3196). Come osservato anche dalla difesa statale, nelle concessioni che prevedono la realizzazione di infrastrutture da parte del concessionario, il pagamento del canone riguarda soltanto l’utilizzo del suolo e non anche i manufatti, sui quali medio tempore insiste la proprietà superficiaria dei concessionari e lo Stato non vanta alcun diritto di proprietà.»

4 La prof.ssa Lucia Serena Rossi è docente ordinario in aspettativa in diritto dell’Unione europea al dipartimento di scienze giuridiche dell’Università di Bologna ed è una figura molto nota agli imprenditori balneari italiani, in quanto è stata consulente in materia di demanio marittimo prima per la Regione Emilia-Romagna e poi per il governo italiano, in particolare affiancando il sottosegretario agli affari europei Sandro Gozi, e partecipando come esperto del governo nelle cause pregiudiziali riunite C-458/14 e C-67/15, che verranno definite dalla confusa sentenza Promoimpresa della Corte di giustizia Ue del 14.7.2016. La prof.ssa Rossi è Giudice italiano in Corte di giustizia dal 1° ottobre 2018, dopo essere stata designata a dicembre 2017 sempre dal sottosegretario agli affari europei Sandro Gozi (fonte www.mondobalneare.it, 3 dicembre 2017). Dal 1° ottobre 2024 sarà sostituita nella prestigiosa carica dal nuovo Giudice italiano designato in Corte Ue, il prof. Massimo Condinanzi.

5 Cfr. Corte di giustizia Ue, sentenza del 15 novembre 2016 Ullens de Schooten nella causa C‑268/15 (EU:C:2016:874), punti 50, 52 e 55; sentenza del 19 dicembre 2019 Comune di Bernareggio nella causa C‑465/18 (EU:C:2019:1125), punto 33; sentenza del 14 luglio 2016 Promoimpresa nelle cause riunite C-458/14 e C-67/15 (EU:C:2016:558), punto 28; conclusioni scritte Avvocato generale Capeta dell’8 febbraio 2024 nella causa S.I.I.B. C-598/22 (EU:C:2024:129), punti 20 e 21.

6 Cfr. l’introduzione della convenzione unica per le concessioni autostradali di cui all’art.2 commi 82-90, del d.l. n.262/2006, come modificata dall’art.1 comma 1030 della legge n.296/2006, che ha portato a proroghe illimitate per tutto il settore con una situazione di particolare privilegio quasi monopolistico, come è noto, per Autostrade per l’Italia e con il corrispondente tacito assenso della Commissione europea, che proporrà un ricorso per inadempimento contro lo Stato italiano soltanto limitatamente alla scadenza prorogata della concessione relativa all’autostrada A12 Livorno-Civitavecchia, che sarà deciso con la sentenza del 18 settembre 2019 della Corte di giustizia nella causa C-526/17 Commissione contro Repubblica italiana (EU:C:2019:756).

7 Cfr. E. Ajmar, P. Maffei, Concessioni balneari: si naviga a vista. Uno studio di caso, in federalismi.it, n. 18/2020. Il discorso integrale di Frits Bolkestein, dal titolo “Convegno. L’Euro, l’Europa e la Bolkestein spiegate da Mr. Bolkestein” e registrato da Radio Radicale a Roma il 18 aprile 2018, è disponibile sul sito www.radioradicale.it.

8 Pres. Travaglino, Est. Lamorgese. Sull’ordinanza di rinvio pregiudiziale delle Sezioni Unite cfr. Cfr. V. De Michele, E la Cassazione il Giudice di ultima istanza nel caso di manifesta violazione del diritto dell’Unione? La pregiudiziale Ue delle Sezioni unite contro il giudicato del Consiglio di Stato, su www.europeanrights.eu, 1° marzo 2021; B. Nascimbene e P.Piva, Il rinvio della Corte di Cassazione alla Corte di giustizia: violazioni gravi e manifeste del diritto dell’Unione europea?, su www.giustiziainsieme.it; B. Nascimbene, La tutela dei diritti fondamentali in Europa: i cataloghi e gli strumenti a disposizione dei giudici nazionali (cataloghi, arsenale dei giudici e limiti o confini), in Eurojus, 2020, L. Daniele, Diritto dell’Unione europea, 7° ed., Milano, 2020, pp. 326 ss.; G. Tesauro, Diritto dell’Unione europea, a cura di P. De Pasquale e F. Ferraro, II ed., Napoli, 2020, pp.231 ss.; U. Villani, Istituzioni di Diritto dell’Unione europea, 6° ed., Bari, 2020, pp. 109, 450 ss.; R. Adam, A. Tizzano, Manuale di Diritto dell’Unione europea, III ed., Torino, 2020, pp. 921 ss., nonché K. Lenaerts, I. Maselis, K. Gutman, Eu Procedural Law, Oxford, 2014, pp. 48 ss.; F. Jacobs, The Role of National Courts and of the European Court of Justice in Ensuring the Uniform Application of Community Law, in Studi in onore di Francesco Capotorti, II Tomo, Milano, 1999, pp. 175 ss.; P. Baratta, E’ censurabile per Cassazione la violazione del diritto sovranazionale imputabile al giudice amministrativo?, in www.apertacontrada.it; S. Barbareschi, L.A. Caruso, La recente giurisprudenza costituzionale e la Corte di Cassazione «fuori contesto»: considerazioni a prima lettura di ord. Cass. SS.UU. 18 settembre 2020, n. 19598, in Federalismi.it, 2020; R.Bin, E’ scoppiata la terza “guerra tra le Corti”? A proposito del controllo esercitato dalla Corte di Cassazione sui limiti della giurisdizione, in Federalismi.it, 2020; M. Clarich, Giurisdizione: “Partita a poker” tra Cassazione e Consulta sulle sentenze del Consiglio di Stato, in Civile NTplus.ilsole24ore.com del 14 ottobre 2020; G. Costantino, A. Carratta, G. Ruini, Limiti esterni e giurisdizione: il contrasto fra Sezioni Unite e Corte Costituzionale arriva alla Corte UE. Note a prima lettura di Cass. SS.UU. 18 settembre 2020, n. 19598, in Questione giustizia, 2020; F. Francario, Quel pasticciaccio brutto di piazza Cavour, piazza del Quirinale e piazza Capodiferro (la questione di giurisdizione), in questa Rivista, 2020; G. Greco, La violazione del diritto dell’Unione europea come possibile difetto di giurisdizione?, in Eurojus, 2020; G. Tropea, Il Golem europeo e i «motivi inerenti alla giurisdizione» (Nota a Cass., Sez. un., ord. 18 settembre 2020, n. 19598), su www.giustiziainsieme.it, 2020.

9 Sulla competenza del Tribunale civile di Roma per quanto riguarda l’azione giudiziaria proposta ai sensi dell’art.2 della legge n.117/1988 quando la flagrante violazione del diritto dell’Unione sia stata causata dalla Cassazione o dal Consiglio di Stato v. Cass., SS.UU., sentenza 7 giugno 2018 n. 14842.

10 Corte di giustizia Ce, sentenza 19 novembre 1991, cause riunite C-6/90 e C-9/90 Andrea Francovich ed altri c. Repubblica italiana, EU:C:1991:428.

11 Corte di giustizia CE, sentenza 24 settembre 1998 in causa C-76/97 Togel.

12 Si fa riferimento all’autorevole commento della sentenza AGCM della Corte Ue da parte del Presidente aggiunto del CdS, dott. C. Volpe, Concessioni demaniali marittime: un’ulteriore puntata di una storia infinita, 26 aprile 2023, su www.giustizia-amministrativa.it. E’ stato il Presidente del Collegio della sentenza n.292/2022 del Consiglio di Stato, che ha escluso per la prima volta nella giurisprudenza amministrativa le concessioni balneari assegnate prima del 28.12.2009 dal campo di applicazione della direttiva servizi.

13 Questo il comunicato stampa della Commissione europea del 3.8.2012 sulle concessioni demaniali marittime in Spagna: «Oggi la Vicepresidente della Commissione europea e Commissaria europea per la Giustizia Viviane Reding ha accolto con favore l’intenzione annunciata dalla Spagna di migliorare la certezza giuridica per i proprietari di beni immobili lungo la costa spagnola soggetti alla Ley de Costas (legge costiera), il cui scopo è tutelare gli habitat locali qualificando come demaniale un’area situata lungo l’intera fascia costiera. I proprietari di alloggi ubicati nella zona sostengono tuttavia che la legge, e il modo in cui viene applicata, viola i loro diritti. In molti casi si tratta di cittadini europei che hanno esercitato il proprio diritto alla libera circolazione e investito i loro risparmi in proprietà spagnole. La Commissione europea ha sollevato ripetutamente la questione con le autorità spagnole dopo aver ricevuto un gran numero di denunce da spagnoli e altri cittadini dell’Unione. La commissione per le petizioni del Parlamento europeo ha organizzato un’audizione specifica sulla questione e ha esortato le autorità spagnole a rivedere la Ley de Costas. Ora la Spagna propone di riformare la legge per garantire un’effettiva tutela dell’ambiente costiero assicurando al tempo stesso maggiore certezza giuridica ai proprietari di alloggi e promuovendo le attività economiche e di altro genere, come quelle nei settori del tempo libero e del turismo. “Il governo spagnolo fa bene a proteggere la sua splendida costa e posso solo compiacermi dell’impegno con cui cerca di migliorare la certezza giuridica e di garantire il rispetto dei diritti dei cittadini che possiedono proprietà sulla costa spagnola o che pensano di procedere a un acquisto. Il disegno di legge preliminare sarà disponibile online nelle prossime settimane: invito tutte le persone interessate, ad esempio quelle che possiedono o intendono acquistare proprietà in Spagna, a consultarlo per capire esattamente le implicazioni di queste modifiche e formulare tutte le osservazioni necessarie”, ha dichiarato la Vicepresidente Viviane Reding, Commissaria europea per la Giustizia. “La nuova legge spagnola intende migliorare la certezza giuridica per i cittadini e le imprese dell’UE, permettendo loro di investire con maggiore fiducia in un contesto giuridico straniero. È una buona notizia non solo per i cittadini, ma anche per l’economia spagnola”. Il disegno di legge prolungherebbe il periodo dell’attuale concessione per il godimento dei beni situati nell’area protetta (area demaniale) da 30 a 75 anni. Verrebbe inoltre introdotta la possibilità di cedere, previa autorizzazione, tale diritto su questi beni e di ristrutturare gli edifici ubicati in questa zona, sempre che ciò non comporti modifiche in termini di volume, altezza o superficie. Inoltre, la pubblica amministrazione sarà tenuta a registrare la linea di demarcazione definitiva e provvisoria nel registro delle proprietà, affinché gli acquirenti sappiano esattamente se l’immobile si trova in un’area protetta e abbiano informazioni precise sull’ubicazione e sull’estensione dell’area stessa. Le linee di demarcazione saranno pubblicate anche sul sito Internet del ministero dell’Ambiente spagnolo.».

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Questo articolo ha un commento

  1. Giuseppe VF

    interessante disamina che poco importerà al governo, all’europa e a certa magistratura… Quando gli interessi dei poteri forti vanno oltre ogni diritto!

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