Le procedure d’infrazione che l’Italia paga effettivamente e per cui Bonelli dovrebbe indignarsi

L’on. Bonelli di Europa Verde negli ultimi giorni si è scagliato ferocemente contro l’approvazione delle disposizioni contenute nel decreto Milleproroghe, che prolungano le concessioni al 2024 (o in caso di contenziosi o impossiblità dei comuni a preparare i bandi, al 2025).

Bonelli afferma di “aver depositato un esposto all’UE per aprire una procedura d’infrazione per la proroga delle concessioni affermando che la destra sta tutelando i privilegi di pochi, che pagano 106 milioni di euro per i canoni e fatturano miliardi l’anno”, dimenticando però che su quei miliardi vengono pagate le tasse, l’Imu, viene pagata l’Iva (al 22% caso unico nel settore turistico in tutta europa), viene pagata la tari per tutto l’anno, nonostante il lavora sia stagionale, venga fornito il servizio di salvataggio, sia garantita la pulizia delle spiagge durante tutto l’anno.

Bonelli dimentica inoltre che i canoni di cui si lamenta sono stati proprio da lui determinati con la Finanziaria del 2007 (legge 296/2006): a quei tempi, infatti, era il capogruppo di uno dei partiti di governo. E dimentica inoltre che l’attuale Governo li ha aumentati del 25%.

Il ritornello è sempre lo stesso, con la proroga l’Ue potrebbe aprire la procedura d’infrazione, ma nel caso Bonelli pensa bene di ricordarlo alla Commisione. Invitiamo Bonelli ad avere la stessa “foga” nel segnalare per esempio la questione “Discariche abusive” ed “Ecoballe Campania” per la quali l’Italia ha già sborsato fino al 2020 (dati Corte dei conti) cifre stratosferiche: nello specifico 232,68 milioni per la prima e 217,5 milioni per la seconda. E valutando la situazione attuale, sembra ancora lontana la possibilità di chiudere la vicenda a breve termine.

E che dire dei 114 milioni versati all’Ue per il mancato recupero di aiuti di Stato concessi a favore di alcune imprese di Venezia e Chioggia, così come previsto dalla sentenza C-367/14. Per questo sono stati pagati 30 milioni una tantum, più una penalità di mora da 12 milioni di euro a semestre. Altra questione aperta quella delle acque reflue: con sentenza C-251 del 2017, infatti, la Corte di Giustizia europea ci ha giudicati colpevoli per la scorretta gestione degli impianti di collettamento, fognature e depurazione: 102 milioni in 8 anni il costo per le tasche degli italiani.

Ricordardiamo a Bonelli che il conto che l’Italia sta pagando per le infrazioni effettivamente aperte per aver trasgredito alle regole dell’unione europea ammonta, nel periodo compreso tra il 2012 e giugno 2022 a 878 milioni di euro secondo le fonti del Ministero delle Finanze. La cifra riguarda 83 procedure aperte nei confronti dellItalia per non avere recepito le direttive comunitarie o per violazioni del diritto Ue. In realtà le procedure per cui l’Italia paga una “multa” sono in effetti solo sei e riguardano quelle giunte alla seconda condanna da parte della CGUE.
Questo perchè l’iter per arrivare al pagamento di una penalità di mora o un’ammenda è molto lungo ed articolato e può richiedere svariati anni per arrivare a conclusione.
Si parte infatti con la segnalazione da parte della Commisione, che è il guardiano sul rispetto del diritto dell’Unione, allo Stato che ha violato una norma Comunitaria. Questo ha due mesi di tempo per per rispondere ai rilievi espressi dalla Commissione. L’organo comunitario ha potere assoluto, può decidere se cominciare la segnalazione inviare un parere motivato, ovvero lo step successivo alla messa in mora. Rispetto a queste indicazioni, lo Stato membro può decidere se adeguarsi a quanto richiesto o, in alternativa, dissentire rispetto alle indicazioni comunitarie. Giunti a questo punto la Commissione può inviare un parere motivato in cui indica al paese un ulteriore termine entro il quale allinearsi alle indicazioni comunitarie, un secondo “avvertimento”.
Se a seguito di questo secondo avviso il Paese a cui è stata segnalata l’infrazione non si allinea a quanto richiesto dalal Commissione può rivolgersi alla CGUE per aprire un processo nei confronti dello stato insolvente. La prima sentenza è di accertamento si verifica cioè che l’infrazione sia effettiva ma la sanzione non viene ancora comminata. Lo sarà solo in un secondo step è cioè se lo Stato non si conforma a quanto deciso. In questo caso la Commissione solleciterà un nuovo processo nel quale si prevederà il pagamenti di una penalità di mora o di un’ammenda.
Alla penalità di mora o all’ammenda, dunque, si arriva solo in una fase finale ma è necessario arrivare davanti alla Corte di Giustizia per ben due volte, quella che viene definita ‘seconda condanna’. Normalmente tra le due condnne trascorrono mediamente 3/4 anni.

Ci sono problemi ben più gravi come “sollevare gli scudi” sull’evasione fiscale da parte di Meta per Iva non versata nel periodo compreso tra il 2015 e il 2021 e per un importo pari a 870 milioni di euro.

Elenco procedure aperte

Infrazione alla Spagna per aver permesso concessioni di 75 anni sulla costa senza procedure selettive

La Commissione europea ha deciso di aprire un fascicolo contro la Spagna per non aver garantito una procedura di selezione trasparente e imparziale per l’ affidamento delle concessioni relative alle zone costiere . Secondo Bruxelles, la possibilità di prorogare le concessioni esistenti per un periodo fino a 75 anni senza giustificazione , come previsto dalla legge costiera spagnola , è contraria alla normativa UE.

La normativa spagnola prevede, come ha spiegato la Commissione Europea, la possibilità di concedere “concessioni” o “autorizzazioni” ai sensi della Direttiva Servizi” per costruire locali permanenti come ristoranti, aziende agricole, aziende cartarie o chimiche nella cosiddetta “ demanio marittimo-terrestre”, al di fuori dei porti, senza effettuare una procedura di selezione aperta e trasparente. Inoltre, consente di estendere la durata di tali concessioni per un periodo fino a 75 anni, sempre senza avviare una procedura di selezione.
Ciò, secondo l’analisi preliminare della Commissione che ha portato al fascicolo, viola la direttiva servizi che mira ad eliminare gli ostacoli agli scambi di servizi all’interno dell’Ue. La norma semplifica le procedure amministrative per i prestatori di servizi, rafforza i diritti dei consumatori e delle imprese che ricevono servizi e incoraggia la cooperazione tra i paesi dell’UE. Obbliga inoltre i governi a rimuovere tutti i divieti assoluti sulle comunicazioni commerciali , in particolare tutti i divieti assoluti su una forma di comunicazione commerciale, nel caso delle professioni regolamentate.
Tuttavia, gli ostacoli persistono ed è un problema “pressante” perché il 60% degli ostacoli incontrati dalle imprese c’erano già 20 anni fa.Tra i problemi individuati, Bruxelles cita l’esistenza di procedure nazionali complesse e la mancanza di informazioni in merito , requisiti nazionali sproporzionati nel settore dei servizi e onerosi requisiti amministrativi per la prestazione di servizi, anche per quanto riguarda il distacco dei lavoratori.

Primo passo della procedura

L’invio della lettera di citazione è il primo passo della procedura di infrazione . Come regola generale, le autorità hanno ora due mesi per rispondere a Bruxelles e correggere la situazione. In caso contrario, la Commissione europea potrebbe lanciare un ultimatum che, se non risolto positivamente, potrebbe sfociare in un ricorso davanti alla Corte di giustizia dell’Ue . Ed è quello che potrebbe accadere con una seconda procedura d’infrazione aperta da Bruxelles contro la Spagna per non aver portato a termine la revisione dei piani di gestione dei bacini idrografici prevista dalla Direttiva Quadro sulle Acque e/o dalla Piani di gestione del rischio di alluvione richiesti dalla direttiva Alluvioni.

Entrambe le direttive impongono agli Stati membri di aggiornare e riferire ogni sei anni rispettivamente sui rispettivi piani di gestione del bacino idrografico e del rischio di alluvione . Secondo Bruxelles, la Spagna e altri dieci paesi non hanno rivisto, adottato e notificato in tempo tutti i loro piani di gestione del terzo bacino idrografico e del secondo piano di gestione del rischio di inondazione. I piani di gestione dei bacini comprendono un programma di misure chiave per garantire il buono stato di tutte le masse d’acqua, mentre i piani di gestione del rischio di alluvione sono preparati sulla base di mappe che mostrano le possibili conseguenze negative associate agli scenari di alluvione.

Fonte: diariodeibiza.es