La Corte di Giustizia UE con l’ordinanza del 5 giugno 2025 esclude le concessioni balneari dalla Bolkestein e dal diritto primario europeo

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di Vincenzo De Michele

La ordinanza “difensiva” della Corte di giustizia Ue del 5 giugno 2025

  1. Con l’ordinanza del 5 giugno 2025 nella causa C-464/24 “Balneari Rimini” la Corte di giustizia Ue ha definitivamente escluso le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative dal campo di applicazione della direttiva Bolkestein e del diritto primario dell’Unione europea.
  2. Con un Collegio a tre Giudici della VII Sezione  la Corte di giustizia con l’ordinanza in commento ha risposto in modo “difensivo” e in molti punti omissivo, cioè con “non risposte”, ai quattro quesiti pregiudiziali sollevati dal Giudice di pace di Rimini con ordinanza del 26 giugno 2024 nella causa C-464/24, che riteneva le concessioni balneari assoggettate al solo diritto interno e non al diritto comunitario, stigmatizzando nel dialogo con la Corte di Lussemburgo gli errori interpretativi commessi dalla Commissione europea e dalla stessa Corte di giustizia con le sentenze Promoimpresa e AGCM nell’aver forzatamente indirizzato la legislazione nazionale verso l’espletamento di gare non previste per il settore delle imprese balneari né dalle direttive europee in materia di appalti pubblici né, conseguentemente, al codice dei contratti pubblici.
  3. Infatti, la Corte di giustizia nell’ordinanza del 5 giugno 2025 non ha voluto in realtà rispondere al terzo e al quarto quesito del Giudice di pace di Rimini, dichiarandoli irricevibili con una motivazione apparente (perché inesistente) per quanto riguarda il terzo e con motivazione fattuale o probatoria (non di competenza della Corte comunitaria) per quanto riguarda il quarto.
  4. Nella risposta al primo quesito la Corte di giustizia Ue non riesce ad uscire dalle contraddizioni della sentenza Promoimpresa, da un lato sembra dia ragione al Giudice di pace di Rimini sul fatto che le concessioni balneari sono concessioni di beni e non di servizi, dall’altro continuando a ritenere che, essendo prevista una autorizzazione per l’esercizio dell’attività turistico-ricreativa, esse rientrano nel campo di applicazione dell’art.12 della Bolkestein, sconfessando la stessa sentenza Promoimpresa che al punto 48 aveva espressamente precisato che le concessioni demaniali marittime e lacuali per finalità turistico-ricreative erano fuori dalla direttiva 2006/123/CE proprio in quanto concessioni di beni.
  5. In ogni caso, i dubbi si sono  sgretolati una volta per tutte con la risposta della Corte Ue al secondo quesito pregiudiziale, quello sulla esclusione dalla Bolkestein delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative iniziate prima del 28 dicembre 2009 (cioè le c.d. ante 2010), secondo quanto previsto dall’art.44 della direttiva 2006/123/CE, la norma che proprio la sentenza Promoimpresa aveva dimenticato di applicare evitando così di dichiarare irricevibili domande pregiudiziali che riguardano appunto concessioni demaniali marittime e lacuali indiscutibilmente iniziate prima del 28 dicembre 2009 e prorogate (non rinnovate con nuovo titolo) per legge dello Stato.
  6. L’analisi dell’ordinanza della Corte di giustizia in commento, naturalmente, sarà sviluppata sulla base dell’intera motivazione del provvedimento e sugli atti della causa pregiudiziale, in particolare le osservazioni scritte della Commissione europea e del concessionario ricorrente di Rimini nel giudizio principale e l’istanza congiunta di trattazione orale della causa del concessionario ricorrente e del concessionario intervenuto.

Le concessioni balneari iniziate prima del 28.12.2009 non rinnovate ma prorogate dalla legge o a tempo indeterminato sono fuori dalla Bolkestein nella risposta della Corte di giustizia al secondo quesito

  1. Con il secondo quesito pregiudiziale il Giudice di pace di Rimini nell’ordinanza del 26 giugno 2024 nella causa C-464/24 ha chiesto alla Corte Ue: «A prescindere dalla risposta della Corte al primo quesito, si chiede se le concessioni balneari come quella di cui è titolare la società ricorrente, iniziate prima del 28 dicembre 2009, sono comunque fuori dal campo di applicazione della direttiva 2006/123/CE ai sensi dell’art.44 della stessa direttiva autorizzazioni, come sembrerebbe ricavarsi dal punto 73 della sentenza “Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Commune de Ginosa)” della Corte del 20 aprile 2023 in causa C-348/22 (EU:C:2023:301).».
  2. L’art.44 della direttiva 2006/123/CE prevede che gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alle disposizioni della stessa direttiva entro il 28 dicembre 2009. Pertanto, secondo il Giudice di pace di Rimini, la direttiva Bolkestein non è stata mai applicabile alle concessioni demaniali marittime essendo concessioni di beni e non di servizi o di lavori e, comunque, la direttiva 2006/123/CE non poteva essere applicata alle concessioni balneari come quella della società ricorrente nel procedimento principale, iniziate prima del 28.12.2009.
  3. Secondo l’ordinanza di rinvio la sentenza AGCM del 20 aprile 2023 della Corte al punto 73 parrebbe esplicitare l’esclusione delle concessioni demaniali marittime dal campo di applicazione della direttiva 2006/123/CE quando iniziate prima del 28.12.2009.
  4. Lo stesso Consiglio di Stato con sentenza del 13 gennaio 2022 n.229/2022 al punto 6.7 ha precisato, richiamando la sentenza Togel della Corte del 24.9.1998 in causa C-76/97 (EU:C:1998:161), che le concessioni balneari iniziate prima del 28.12.2009 non entrano nel campo di applicazione della Direttiva Bolkestein.
  5. Il profilo della non applicabilità della Direttiva Bolkestein ai rapporti concessori iniziati prima del 28.12.2009 alla luce dell’art.44 della direttiva 2006/123/CE non è stato esaminato né dalla sentenza Promoimpresa della Corte né dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nelle sentenze nn.17 e 18 del 2021, nonostante, come già precisato, nelle due fattispecie delle due cause pregiudiziali riunite la concessione demaniale lacuale gestita da Promoimpresa dal 2006 e le concessioni demaniali marittime gestite dal Sig, Melis ed altri dal 2004 fossero iniziate come titoli concessori prima del 28.12.2009.
  6. La Commissione Ue nelle osservazioni scritte depositate il 2 febbraio 2022 nella causa C-598/22 al punto 22 ha precisato: «Siccome il trasferimento della proprietà in questione viene fatto risalire alla fine della concessione (il 31 dicembre 2002) e siccome tale trasferimento è stato accertato con decisione del Comune datata 20 novembre 2007, la direttiva Servizi non risulta applicabile ratione temporis perché la scadenza per la trasposizione di tale direttiva è fissata al 28 dicembre 2009 ai sensi del suo articolo 44, paragrafo 1.».
  7. Infatti, al punto 46 della sentenza S.I.I.B. puntualmente la Corte ha precisato: «Inoltre, poiché dall’articolo 44, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2006/123 discende che quest’ultima è inapplicabile ratione temporis alla controversia di cui al procedimento principale, la questione pregiudiziale deve essere esaminata soltanto alla luce dell’articolo 49 TFUE.».
  8. Pare evidente che la Corte (e la stessa Commissione europea) avevano dunque anticipatamente confermato la fondatezza del secondo – dirimente – quesito pregiudiziale del Giudice di pace di Rimini, che smonta definitivamente l’impianto argomentativo dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nelle sentenze nn.17 e 18 del 2021, considerando che oltre il 90% delle concessioni demaniali marittime per uso turistico-ricreativo in Italia, come la società ricorrente nel procedimento principale, ha iniziato l’attività prima del 28.12.2009 (dal 1993).
  9. La Società ricorrente nel procedimento principale davanti al Giudice di pace di Rimini è titolare di concessione demaniale marittima n. 34/2010, già in gestione senza soluzione di continuità con licenza n.471/1993 del Ministero della Marina Mercantile e relativa concessione ministeriale n.31/1989, sul territorio di competenza del Comune di Rimini, assegnata pertanto da epoca antecedente al 28 dicembre 2009, data di entrata in vigore della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno (c.d. Direttiva Bolkestein), come previsto dall’art.44 della stessa Direttiva.
  10. La numerazione n.34/2010 della concessione demaniale marittima in questione non significa che è stato assegnato dall’Ufficio demaniale marittimo di Rimini un nuovo titolo concessorio con rinnovo della vecchia concessione, perché la protocollazione con la nuova numerazione è relativa ad una cessione di quote all’attuale concessionario, cioè a quella che la stessa Corte di giustizia nella sentenza Adiconsum (Pont Morand) del 7 novembre 2024 nella causa C-683/22 considera modifica non sostanziale dell’originario titolo concessorio e non nuovo titolo.
  11. Scrive la Corte di giustizia nella sentenza Adiconsum (Pont Morand) ai punti 66-69: «Il giudice del rinvio si interroga sull’applicabilità di tale disposizione nelle circostanze del procedimento principale, dato che l’accordo transattivo ha comportato una modifica della compagine azionaria del concessionario, ossia la ASPI, descritta al punto 21 della presente sentenza, la quale ha comportato un cambiamento duraturo nel controllo della ASPI. 67 Ebbene, non risulta che una modifica della compagine azionaria del concessionario possa, in quanto tale, essere considerata una modifica della concessione stessa, ai sensi dell’articolo 43, paragrafo 5, della direttiva 2014/23. 68 Più specificamente, le cessioni di quote del capitale sociale del concessionario, che sia a favore di nuovi azionisti oppure di azionisti esistenti, comportano non la sostituzione del concessionario iniziale con un nuovo concessionario, ipotesi prevista dall’articolo 43, paragrafo 1, primo comma, lettera d), di tale direttiva, ma soltanto modifiche nella composizione o nella ripartizione del capitale sociale di tale concessionario. 69 Nella misura in cui non modificano la concessione ai sensi dell’articolo 43, paragrafo 5, della direttiva 2014/23, le modifiche che incidono sul capitale sociale del concessionario non richiedono l’organizzazione di una nuova procedura di aggiudicazione.».
  12. Il Comune di Rimini sia nella costituzione nel giudizio principale sia nelle osservazioni scritte del 10 ottobre 2024 nella causa pregiudiziale non ha contestato la continuità del rapporto concessorio iniziato sulla base della concessione ministeriale n.31/1989, per cui la concessione demaniale marittima n. 34/2010 non costituisce un rinnovo della precedente concessione, ma soltanto la numerazione dello stesso titolo concessorio nel passaggio della gestione del demanio marittimo statale dall’Amministrazione centrale (ora Ministero delle Infrastrutture e Trasporti) agli enti locali e, in particolare, alle Regioni, che a loro volta, come nel caso del Comune di Rimini, lo delegano ai Comuni costieri attraverso specifici Uffici demaniali comunali. Ne consegue che non si tratta di una nuova concessione ma dello stesso titolo concessorio che è stato trasferito (e riclassificato) nel passaggio dalla gestione ministeriale alla gestione comunale a seguito della cessione di quota e quindi di una modifica non sostanziale dell’originario titolo concessorio, che non viene rinnovato ma prorogato.
  13. Nella perizia di stima del concessionario balneare ricorrente nel procedimento principale, allegata alle osservazioni scritte di “Balneari Rimini”, a pag.16 vengono forniti alla Corte di giustizia i seguenti dati demaniali: «Concessione demaniale: n.23/2010 scaduta in data 31.12.2003, rinnovata automaticamente ai sensi dell’art. 10 Legge n. 88/2001 fino al 31.12.2009, prorogata ex lege dal Decreto Legge n.194 del 30.12.2009, al 31.12.2015, e ulteriormente prorogata al 31.12.2020 dal Decreto Legge n.179/2012».
  14. Risultava incontestato, dunque, per il Giudice del rinvio e per le parti del procedimento principale, tra le quali c’è il Comune di Rimini delegato (dalla Regione Emilia-Romagna sulla base dell’art.3 della legge regionale n.9/2002) alla gestione del demanio marittimo sul territorio comunale di pertinenza, che la concessione demaniale marittima n. 34/2010 era iniziata oltre venti anni prima del 28.12.2009 e non ha subito alcun rinnovo ma una serie di proroghe fino a quella attuale del 31.12.2033 ai sensi dell’art.1 comma 682 della legge n.145/2018, che secondo i dati del SID (Portale del Mare gestito dal Ministero delle infrastrutture e Trasporti e aggiornato dagli Uffici demaniali dei Comuni costieri delegati) è ancora la data di scadenza dei titoli concessori di tutte le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative nel territorio della Regione Emilia-Romagna.
  15. Ebbene, al punto 38 la Commissione europea delle sue osservazioni scritte ha quindi letteralmente inventato una “confusione” che il giudice del rinvio (e le parti del procedimento principale) non ha mai avuto, cioè che la concessione fosse iniziata con un nuovo titolo nel 2010, circostanza assolutamente non vera: «A questo proposito è opportuno osservare che l’esercizio di un’attività economica è fatto diverso rispetto al possesso di un titolo che autorizza tale esercizio. Così, il fatto che un’attività sia esperita in modo continuativo, in ipotesi dal 1993 sino ad oggi, non implica che il titolo legale che ha autorizzato l’esercizio di tale attività sia rimasto immutato per tutto questo tempo. Il giudice del rinvio sembra confondere questi due aspetti quando suggerisce implicitamente nel secondo quesito che la concessione oggetto del procedimento principale sia in vigore da prima del 28 dicembre 2009.».
  16. La Corte di giustizia ha invece chiarito nella sentenza S.I.I.B. dell’11 luglio 2024 nella causa C-598/22 al punto 58: «Infine, la questione se si tratti di un rinnovo o della prima attribuzione di una concessione non può avere alcuna incidenza sulla valutazione dell’articolo 49, primo comma, del codice della navigazione. A questo proposito, è sufficiente constatare che il rinnovo di una concessione di occupazione del demanio pubblico si traduce nella successione di due titoli di occupazione di tale demanio e non nella perpetuazione o nella proroga del primo. Tale interpretazione è peraltro idonea a garantire che l’attribuzione di una concessione possa avvenire soltanto all’esito di una procedura concorrenziale che ponga tutti i candidati e gli offerenti su un piede di parità.».
  17. Scorrettamente, ben consapevole che la concessione demaniale marittima n.34/2010 della società ricorrente nel procedimento principale era stata assegnata ben prima del 28.12.2009, la Commissione europea nella proposta di risposta al secondo quesito pregiudiziale del Giudice del rinvio, così conclude al punto 46 delle osservazioni scritte nel presente giudizio: «Gli articoli 44 e 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, devono essere interpretati nel senso che qualsiasi rilascio, rinnovo o proroga di concessioni di terreni costieri di proprietà dello Stato utilizzati a fini turistici e ricreativi, intervenuti dopo la scadenza del periodo di recepimento della direttiva sui servizi rientrano nell’ambito di applicazione di quest’ultima, anche nell’ipotesi di rinnovo o proroga di una autorizzazione originariamente rilasciata prima della scadenza di tale periodo.».
  18. Non pare che la posizione della Commissione europea sia coerente con quanto affermato dalla stessa Commissione europea al citato punto 22 delle osservazioni scritte della causa C-598/22 S.I.I.B: «Siccome il trasferimento della proprietà in questione viene fatto risalire alla fine della concessione (31 dicembre 2002) e siccome tale trasferimento è stato accertato con decisione del Comune datata 20 dicembre 2007, la direttiva Servizi non risulta applicabile ratione temporis perché la scadenza per la trasposizione di tale direttiva è fissata al 28 dicembre 2009 ai sensi del suo articolo 44, paragrafo 1».
  19. Peraltro, ai punti 12 e 13 delle osservazioni scritte della causa S.I.I.B C-598/22 la Commissione europea appare ben consapevole della differenza tra rinnovo e proroga per quanto riguarda la concessione demaniale marittima n.181/2009 di Bagni Ausonia del Comune di Rosignano e l’anno della concessione (2009) non viene confuso con un “rinnovo” del titolo, in quanto lo stesso Consiglio di Stato, giudice del rinvio nella causa C-598/22, nell’ordinanza del 9 settembre 2023 n.8184/2023, in risposta al quarto quesito della Corte di giustizia, ammette che la devoluzione (delle opere non amovibili) è avvenuta il 31 dicembre 2008, nonostante la concessione demaniale marittima n.181/2009 di Bagni Ausonia del Comune di Rosignano sia stata prorogata fino al 31.12.2020, e quindi che la fattispecie ante 28.12.2009 di continuità degli stessi titoli concessori fino al 31.12.2020 senza modifiche sostanziali non rientrasse nel campo di applicazione della direttiva 2006/123/CE.
  20. Il concessionario “Balneari Rimini” nel procedimento principale e il concessionario intervenuto nella causa pregiudiziale hanno presentato domanda motivata di trattazione orale del giudizio C-464/24 sulla base delle considerazioni sin qui esposte, ma la Corte di giustizia con l’ordinanza in commento ha deciso di risolvere la difficilissima (per la Commissione europea e la stessa Corte Ue, per i gravissimi e incomprensibili errori interpretativi commessi la prima con le prime due procedure di infrazione e la seconda con la sentenza Promoimpresa) questione pregiudiziale sollevata dal Giudice di pace di Rimini, senza trattazione orale della causa e senza conclusioni scritte dell’Avvocato generale.
  21. “Valorizzando” la confusione creata dalla Commissione europea, la Corte di giustizia nell’ordinanza del 5 giugno 2025 ai punti 37-38 così afferma apoditticamente e senza consentire il contraddittorio in trattazione orale (e senza leggere i documenti allegati) sulla esistenza di una situazione di “rinnovo” del titolo concessorio: «37 Ciò posto, nel caso di specie, come rilevato al punto 19 della presente ordinanza, la ricorrente nel procedimento principale sostiene di essere titolare della concessione demaniale marittima n. 34/2010, di cui assicurerebbe la gestione ininterrotta in forza della licenza n. 471/1993 del Ministero della Marina mercantile e della connessa concessione ministeriale n. 31/1989. 38 Pertanto, anche supponendo che alla ricorrente nel procedimento principale sia stata attribuita una concessione demaniale marittima prima della scadenza del termine di recepimento della direttiva 2006/123, che era fissato al 28 dicembre 2009, occorre sottolineare, al pari della Commissione europea nelle sue osservazioni scritte, che il numero di protocollo «34/2010» implica che la concessione demaniale marittima che le è stata concessa sia stata rinnovata nel corso del 2010, in altri termini, successivamente alla data di scadenza di tale termine di recepimento.».
  22. A questo punto, la Corte di giustizia risolve il secondo quesito pregiudiziale includendo nel campo di applicazione della direttiva Bolkestein soltanto le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative iniziate prima del 28.12.2009, ma successivamente rinnovate con nuovo titolo concessorio.
  23. Sono state invece esclusa dalla Corte di giustizia con l’ordinanza del 5 giugno 2025 dal campo di applicazione della direttiva Bolkestein tutte le concessioni demaniali marittime iniziate prima del 28 dicembre 2009 e che non sono state rinnovate con nuovo titolo concessorio, o perché già a tempo indeterminato alla data di entrata in vigore della direttiva servizi in virtù del combinato disposto degli allora vigenti art.37 comma 2 cod. nav. con il diritto di insistenza a favore del concessionario uscente in caso di rinnovo della concessione e art.01 comma 2 del d.l. n.400/1993 sul rinnovo automatico sessennale della concessione originaria.
  24. Molto chiare sul punto le conclusioni sul secondo quesito pregiudiziale della Corte di giustizia nell’ordinanza del 5 giugno 2025: «L’articolo 44 della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che: concessioni demaniali marittime gestite per finalità turistico-ricreative rilasciate prima del 28 dicembre 2009 e rinnovate successivamente a tale data, rientrano nell’ambito di applicazione di detta direttiva al momento del loro rinnovo, essendo irrilevante, al riguardo, la data in cui tali concessioni sono state inizialmente rilasciate.».
  25. Per tracciare la differenza tra RINNOVO del titolo concessorio dopo il 28.12.2009 (che entra nella direttiva Bolkestein) e PERPETUAZIONE cioè durata a tempo indeterminato e/o PROROGA legislativa (ipotesi che non entrano nel campo di applicazione della Bolkestein) la Corte di giustizia “sapientemente” richiama il punto 58 della sentenza S.I.I.B. della stessa Corte Ue, che era stato invocato dal concessionario ricorrente e da quello intervenuto nell’istanza di trattazione orale della causa.
  26. Infatti, al punto 40 dell’ordinanza della Corte di giustizia “Balneari Rimini” viene precisato: «Sotto un secondo profilo, al punto 58 della sentenza dell’11 luglio 2024, la Società Italiana Imprese Balneari (C-592/22, EU:C.2024:597), la Corte ha dichiarato, in una situazione analoga, che il rinnovo di una concessione di occupazione del demanio pubblico marittimo si traduce nella successione di due titoli di occupazione di tale demanio e non nella perpetuazione o nella proroga del primo».
  27. Ai punti 9 e 10 della sentenza S.I.I.B. della Corte di giustizia viene descritta la “situazione analoga” (che analoga non è, in quanto il concessionario “Balneari Rimini” non ha avuto alcun rinnovo della concessione, ma semplicemente una nuova numerazione della stessa concessione per la cessione di quota senza modifica sostanziale del titolo concessorio) della Società Italiana Imprese Balneari (SIIB) nella causa C-598/22: «9 Il 23 settembre 2008, il Comune ha notificato alla SIIB l’avvio del procedimento di incameramento delle pertinenze del demanio pubblico non ancora acquisite, senza però portarlo a termine. 10 Esso ha poi rilasciato a detta società la concessione demaniale marittima n. 181/2009, valida per una durata di sei anni, dal 1° gennaio 2009 al 31 dicembre 2014 (in prosiegio: la «concessione del 2009»)».
  28. Quindi, la concessione del 2009 della SIIB rientrava perfettamente nel campo di applicazione dell’art.01 comma 2 d.l. n.400/1993 del rinnovo automatico sessennale a tempo indeterminato, cioè era fuori del campo di applicazione della direttiva Bolkestein come appunto espressamente sancito dalla Corte di giustizia nella stessa sentenza S.I.I.B. dell’11 luglio 2024 della causa C-598/22 al punto 46, che va letto in combinato disposto con il punto 58 della stessa decisione, «poiché dall’articolo 44, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2006/123 discende che quest’ultima è inapplicabile ratione temporis alla controversia di cui al procedimento principale».
  29. E’ evidente che la Corte di giustizia non ha accolto le conclusioni della Commissione europea, che si auspicava, che anche le proroghe legislative di una concessione “datata” ante 2010 come numero di titolo concessorio e iniziata prima del 28 dicembre 2009 rientrassero nel campo di applicazione della direttiva Bolkestein.
  30. La Corte di giustizia non ha preso in considerazione la nuova disciplina della proroga al 30 settembre 2027 introdotta dall’art.1 del d.l. 16 settembre 2024 n.131 (convertito con modificazioni dalla legge n.166/2024), nonostante detta normativa sopravvenuta sia stata ampiamente illustrata nelle osservazioni scritte del concessionario ricorrente e di quello intervenuto.
  31. A prescindere dalla numerazione della concessione, il concessionario “Balneari Rimini” ha iniziato comunque l’attività prima del 28 dicembre 2009 e quindi rientra nel campo di applicazione dell’art. 24 comma 3-septies del decreto-legge n. 113/2016 ancora in vigore e mai disapplicato dai giudici amministrativi né abrogato dall’art.1 d.l. n.131/2024.
  32. L’art.24 comma 3-septies del d.l. n.113/2016 (convertito con modificazioni dalla legge n.160/2016), il c.d. “salva spiagge” introdotto per evitare gli effetti nefasti della sentenza Poromoimpresa, così testualmente dispone ancora oggi: «3-septies. Nelle more della revisione e del riordino della materia in conformità ai principi di derivazione europea, per garantire certezza alle situazioni giuridiche in atto e assicurare l’interesse pubblico all’ordinata gestione del demanio senza soluzione di continuità, conservano validità i rapporti già instaurati e pendenti in base all’articolo 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25
  33. L’art. 1 comma 18 del d.l. n.194/2009 (convertito con modificazioni dalla legge n.160/2016) prevede testualmente: «Ferma restando la disciplina relativa all’attribuzione di beni a regioni ed enti locali in base alla legge 5 maggio 2009, n. 42, nonché alle rispettive norme di attuazione, nelle more del procedimento di revisione del quadro normativo in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi, lacuali e fluviali con finalità turistico-ricreative, ad uso pesca, acquacoltura ed attività produttive ad essa connesse, e sportive, nonché quelli destinati a porti turistici, approdi e punti di ormeggio dedicati alla nautica da diporto, da realizzarsi, quanto ai criteri e alle modalità di affidamento di tali concessioni, sulla base di intesa in sede di Conferenza Stato-regioni ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, che è conclusa nel rispetto dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento, di garanzia dell’esercizio, dello sviluppo, della valorizzazione delle attività imprenditoriali e di tutela degli investimenti, nonché in funzione del superamento del diritto di insistenza di cui all’articolo 37, secondo comma, secondo periodo, del codice della navigazione, il termine di durata delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché esclusivamente di quelle ad uso pesca ed acquacoltura, rilasciate successivamente a tale data a seguito di una procedura amministrativa attivata prima del 31 dicembre 2009, e in scadenza entro il 31 dicembre 2018, è prorogato fino al 31 dicembre 2020, fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 03, comma 4-bis, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494. All’articolo 37, secondo comma, del codice della navigazione, il secondo periodo è soppresso.».
  34. Quindi, a prescindere dal rinnovo che non è rinnovo perché manca la modifica sostanziale del titolo concessorio, tutte le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative iniziate prima del 28 dicembre 2009 sono a tempo indeterminato, ai sensi del combinato disposto dell’art.24 comma 3-septies d.l. n.113/2016 e del’art.1 comma 18 del d.l. n.190/2009.
  35. Si ricorda, inoltre, che con la sentenza Adusbef (Pont Morand) del 7 novembre 2024 nella causa C-683/22 la Corte di giustizia Ue ha concluso nel senso che, ai sensi dell’art.43 della direttiva 2014/23, un contratto di concessione può essere modificato senza indire una nuova procedura di evidenza pubblica, qualora le modifiche apportate alle sue clausole, senza alterare la natura generale della concessione, non siano sostanziali, come nel caso della vendita della partecipazione azionaria maggioritaria della società concessionaria e che spetta a ciascuno Stato membro determinare le norme che permettono all’amministrazione aggiudicatrice di reagire qualora il concessionario si sia reso o sia sospettato di essersi reso autore di un grave inadempimento contrattuale, che rende dubbia la sua affidabilità, durante l’esecuzione della concessione.
  36. Nella stessa causa C-683/22 Adusbef (Pont Morand) l’Avvocato generale Campos Sànchez-Bordona aveva ricordato ai punti 28-29 delle conclusioni del 30 aprile 2024 che, se è vero quanto affermato da Atlantia/Mundys e cioè che la direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione non è rilevante ai fini della risoluzione della controversia, poiché, ai sensi del suo articolo 54, paragrafo 2, essa «non si applica all’aggiudicazione di concessioni per le quali è stata presentata un’offerta o che sono state aggiudicate prima del 17 aprile 2014», dal momento che la concessione controversa è stata assegnata senza gara il 12 ottobre 2007, è giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia Ue (per tutte, sentenza del 2 settembre 2021, Sisal e a. in cause riunite C721/19 e C722/19, EU:C:2021:672) che, anche se la concessione originaria è stata rilasciata prima dell’adozione della direttiva 2014/23, ciò che rileva per determinare la norma applicabile è la data delle modifiche la cui validità è contestata, che è successiva al 17 aprile 2014 (2021-2022), il che determina l’applicabilità della direttiva 2014/23.
  37. Quindi, nessuna gara andava fatta per la modifica della Convenzione unica del 2007 per l’affidamento diretto ad ASPI, che già le gestiva dal 1999, di oltre 2.800 km di autostrade nazionali.
  38. Evidentemente per le concessioni balneari, che, come concessioni di beni, non entrano nel campo di applicazione né della direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione né della direttiva servizi 2006/123/CE né nella disciplina interna del codice dei contratti pubblici, non si possono indire procedure di evidenza pubblica.

La risposta positiva per omissione della Corte di giustizia sul terzo quesito del GdP di Rimini: a nessuna concessione balneare si applica la direttiva Bolkestein

  1. Con il terzo quesito pregiudiziale il Giudice di pace di Rimini nell’ordinanza del 26.6.2024 nella causa C-464/24 ha chiesto alla Corte Ue: «A prescindere dalla risposta della Corte al primo e al secondo quesito, si chiede se l’art.195 del Trattato di funzionamento dell’Unione europea, anche alla luce dell’art.345 dello stesso TFUE e dell’art.1 paragrafo 5 della direttiva 2006/123/CE,  deve essere interpretato nel senso che le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative come quella della società ricorrente, operanti nel settore del turismo, sono escluse dal campo di applicazione delle direttive di armonizzazione, come la direttiva 2006/123/CE.».
  2. Il GdP di Rimini ricorda che l’art.195 del TFUE con decorrenza dal 1.12.2009 (la norma non era presente nel TCE) esclude nel settore turismo che il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, possano introdurre, sul piano legislativo, misure specifiche di armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri. 
  3. L’art.345 del TFUE stabilisce che i trattati lasciano del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri.
  4. Inoltre, come già segnalato, l’art.01 comma 2 del d.l. n. 400 del 1993, nel testo modificato dall’art.10 comma 1 della legge n.88/2001 e in vigore dal 18 aprile 2001 fino al 16 gennaio 2012, aveva previsto il rinnovo automatico delle concessioni demaniali marittime in essere di sei anni in sei anni, salvo la revoca di cui all’art.42 cod.nav., e l’originario testo dell’art.37 comma 2 cod. nav. fino al 29.12.2009 prevedeva il c.d. di insistenza del precedente titolare del rapporto concessorio con il demanio marittimo. In buona sostanza, il combinato disposto delle predette norme, ora abrogate, prevedeva la durata indeterminata del rapporto concessorio demaniale marittimo di cui è titolare la Società concessionaria ricorrente nella causa C-464/24.
  5. Secondo il giudice di pace di Rimini, il legislatore nazionale ha riproposto la stessa situazione delle norme abrogate con il combinato disposto dell’art. 3 commi 1 e 3 e dell’art.4 comma 4-bis della legge n.118/2022, nonché con l’art.10-quater comma 3 del d.l. n.198/2022, normativa attualmente vigente, nella parte in cui la disciplina interna qualifica come legittima a tempo indeterminato l’occupazione del demanio marittimo assegnato secondo le regole del codice della navigazione fino alla revoca o alla decadenza del rapporto concessorio, impedendo che si realizzi la fattispecie di reato di cui all’art.1161 del codice della navigazione in caso di occupazione illegittima.
  6. L’attuale situazione normativa interna, del resto, è stata accertata dalla stessa Commissione Ue nel parere motivato del 16 novembre 2023, il cui contenuto è in radicale contrasto con quanto esplicitato dalla stessa Commissione europea nelle osservazioni scritte depositate il 2 febbraio 2023 nella causa C-598/22.
  7. Inoltre, era assolutamente corretta la posizione del Governo, censurata dalla Commissione europea nel parere motivato, che aveva concluso il 5 ottobre 2023 i lavori del Tavolo tecnico consultivo in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali, istituito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri ai sensi dell’art.10-quater commi 1 e 2, del d.l. n.198/2022, con il compito di definire i criteri tecnici per la determinazione della sussistenza della scarsità della risorsa naturale disponibile, comunicando la Presidenza del Consiglio dei Ministri con la nota ufficiale del 6.10.2023 la insussistenza della scarsità della risorsa naturale costiera, tenendo conto del dato nazionale, secondo un approccio generale e astratto, proporzionato e non discriminatorio 
  8. In definitiva, secondo il Giudice di pace di Rimini in relazione al terzo quesito l’art.12 della direttiva 2006/123/CE non potrebbe comunque incidere sulla predetta normativa interna (che prevede la durata indeterminata delle concessioni) che ha effetti di qualificazione dell’occupazione del demanio pubblico marittimo anche in materia di diritto penale, come del resto previsto dall’art.1 paragrafo 5 della stessa Direttiva Bolkestein.
  9. D’altra parte, secondo il GdP, non spetta alla pubblica amministrazione o ai giudici ordinari o amministrativi, ma alla Corte Costituzionale la “disapplicazione” attraverso la declaratoria di illegittimità costituzionale della normativa vigente sulle concessioni demaniali marittime per presunto contrasto con direttive dell’Unione, perché dalla stessa potrebbero derivare conseguenze penali in capo ai concessionari ex art.1161 cod. nav., come ha chiarito la stessa Corte costituzionale con la sentenza n.28/2010, laddove ha stabilito espressamente che gli “effetti diretti devono invece ritenersi esclusi se dall’applicazione della direttiva deriva una responsabilità penale” (cfr. Corte di giustizia Ue, ordinanza 24 ottobre 2002 in causa C-233/01 RAS, EU:C:2001:261; Grande Sezione, sentenza 3 maggio 2005 in cause riunite C-387/02, C-391/02 e C-403/02, Berlusconi e altri, EU:C:2005:270).
  10. Inoltre, la Corte costituzionale ha ripetutamente chiarito (sentenze nn.46/2022, 222/2020, 40/2017, 213/2011, 233/2010 e 180/2010) che è di esclusiva competenza  dello Stato centrale, come proprietario del demanio, stabilire le modalità di rinnovo e/o riassegnazione delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative. 
  11. In conclusione, secondo il giudice di pace di Rimini, le direttive di armonizzazione come la direttiva 2006/123/CE non dovrebbero applicarsi alle concessioni demaniali marittime, anche perché diversamente andrebbero ad incidere sulla normativa in materia di proprietà e/o possesso dei beni immobili e sulla qualificazione legittima o illegittima ai fini penali della loro occupazione.
  12. Anche in questo caso la sentenza S.I.I.B. della Corte di giustizia andava considerata una risposta positiva anticipata al terzo quesito pregiudiziale, nella parte in cui è fortemente valorizzata dalla Corte Ue la natura demaniale statale del suolo e del demanio dato in concessione e vi è una radicale svalutazione dell’art.56 TFUE, inapplicabile alla fattispecie di concessioni di beni e non di servizi.
  13. Purtroppo, il terzo quesito pregiudiziale presentava un difetto genetico che ne rendeva problematica se non impossibile la risposta da parte della Corte di giustizia, che, in caso di accoglimento doveroso, avrebbe dovuto ammettere di aver commesso gravissimi errori con la sentenza Promoimpresa, non solo dimenticando di analizzare l’art.44 della direttiva Bolkestein come si è verificato nella contorta risposta al secondo quesito pregiudiziale del GdP di Rimini con l’ordinanza del 5 giugno 2025 in commento, ma anche dimenticandosi dell’art.195 TFUE (e dell’art.345 TFUE), che comunque dal 1° dicembre 2009 escludeva l’applicazione delle direttive di armonizzazione come la Bolkestein al settore turismo, in cui pacificamente operano le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative.
  14. In buona sostanza, vista la gravità degli errori commessi nei confronti del concessionario autostradale quasi-monopolista ASPI, la Corte di giustizia avrebbe dovuto ammettere che le procedure di infrazione promosse dalla Commissione Ue sulla durata delle concessioni balneari erano il frutto di scelte intenzionali di colpire il settore turistico balneare italiano a favore di quello di altri Stati membri (Spagna e Portogallo) fondate sulla carente o inesistente applicazione delle norme primarie e secondarie del diritto dell’Unione che garantivano la estraneità di detta categoria di piccole e piccolissime imprese a fenomeni corruttivi e la durata indeterminata dei titoli concessori senza gare a vocazione malavitosa.
  15. Quindi, la Corte di giustizia con l’ordinanza Balneari Rimini in commento ha deciso di rispondere positivamente al terzo quesito non rispondendo al Giudice di pace, ma, incredibilmente, ponendogli a sua volta un quesito: perché mi hai fatto questo quesito? Della serie come Corte non posso rispondere altrimenti scaturirebbero ad azione di risarcimento del danno extracontrattuale subito da tutti i concessionari balneari italiani nei confronti dell’Unione europea per i comportamenti illegittimi posti in essere dalle Istituzioni Ue (Commissione e Corte di giustizia) ai sensi dell’art.340 TFUE?
  16. E infatti: il terzo quesito viene dichiarato irricevibile dalla Corte di giustizia con la seguente motivazione ai punti 46 e 47 dell’ordinanza del 5.6.2025: «Tuttavia, dal momento che la decisione di rinvio serve da fondamento al procedimento di rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte ai sensi dell’articolo 267 TFUE, è indispensabile che il giudice nazionale chiarisca, in tale decisione, il contesto di fatto e di diritto nel quale si inserisce la controversia principale e fornisca un minimo di spiegazioni sui motivi della scelta delle disposizioni del diritto dell’Unione di cui chiede l’interpretazione, nonché il collegamento che esso stabilisce tra dette disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia di cui è investito. Tali requisiti cumulativi concernenti il contenuto di una domanda di pronuncia pregiudiziale figurano espressamente nell’articolo 94 del regolamento di procedura [v., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2020, C.F. (Verifica fiscale), C-430/19, EU:C:2020:4299, punto 23 e giurisprudenza citata]. 47 Nel caso di specie, la domanda di pronuncia pregiudiziale non contiene indicazioni precise che consentano di comprendere con sufficiente chiarezza e precisione le ragioni per le quali l’interpretazione dell’articolo 195 TFUE, letto alla luce dell’articolo 345 TFUE e dell’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 2006/123, potrebbe essere utile al giudice del rinvio per statuire sull’azione risarcitoria di cui è investito
  17. Se il Giudice di pace di Rimini chiede alla Corte di giustizia  chiarimenti sull’interpretazione di norme di diritto primario che escluderebbero l’applicazione della direttiva Bolkestein come direttiva di armonizzazione per le imprese turistiche balneari italiane, come è avvenuto per Spagna e Portogallo, una risposta in tal senso costituisce il perno dell’azione di risarcimento del danno proposta nei confronti del Comune di Rimini, che le norme primarie dei Trattati è obbligato ad applicare, come la Commissione europea è obbligata a farle applicare e la Corte di giustizia ad interpretarle correttamente.

La risposta positiva per omissione della Corte di giustizia sul quarto quesito del GdP di Rimini: a nessuna concessione balneare si applica il diritto primario dell’Unione

  1. Con il quarto e ultimo quesito il Giudice di pace di Rimini nell’ordinanza del 26.6.2024 nella causa C-464/24 ha chiesto alla Corte Ue: «A prescindere dalla risposta della Corte al primo, al secondo quesito e al terzo quesito, si chiede se l’art.51 (ex art.45 TCE) del Trattato di funzionamento dell’Unione europea e l’art.2 paragrafo 2 lettera i) della direttiva 2006/123/CE devono essere interpretati nel senso che le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative come quelle della società ricorrente, che svolgono in maniera costante e non occasionale attività di interesse pubblico sul territorio del demanio statale, quali la salvaguardia della proprietà pubblica, la tutela della salute e dell’igiene pubblica, la tutela del diritto delle persone con disabilità all’accesso alle attività di elioterapia e di balneazione, nonché attività turistiche, culturali e ambientali, sono escluse dal campo di applicazione sia dell’art.49 del T.F.U.E. che della direttiva servizi».
  2. Ritiene il Giudice del rinvio che l’art.51 (ex art.46 TCE) al Titolo IV Capo 2 del TFUE prevede che sono escluse dall’applicazione delle disposizioni dello stesso Capo 2 (artt.49 – 55 TFUE), per quanto riguarda lo Stato membro interessato, le attività che in tale Stato partecipino, sia pure occasionalmente, all’esercizio dei pubblici poteri. 
  3. Pertanto, secondo il GdP di Rimini, le concessioni demaniali marittime sarebbero escluse dal campo di applicazione dell’art.49 del TFUE, partecipando non occasionalmente ma direttamente all’esercizio dei pubblici poteri di tutela del patrimonio costiero, di tutela della salute e dell’igiene pubblica, di garanzia del libero e sicuro accesso alla balneazione di persone disabili, ecc.
  4. Anche sul quarto quesito la Corte di giustizia con la sentenza S.I.I.B. aveva dato anticipatamente risposta positiva, seppure indirettamente, valorizzando l’art.49 TFUE soltanto sotto il profilo della libertà di stabilimento senza che esso possa incidere, al di fuori delle direttive di armonizzazione non applicabili alla fattispecie delle concessioni di beni demaniali come quelle marittime, sulla definizione delle condizioni di durata delle CDM.
  5. Purtroppo, anche il quarto quesito pregiudiziale presentava lo stesso difetto genetico del secondo e del terzo quesito, che ne rendeva problematica se non impossibile la risposta da parte della Corte di giustizia, che, in caso di accoglimento avrebbe dovuto ammettere di aver commesso gravissimi errori con la sentenza Promoimpresa, non solo dimenticando di analizzare l’art.44 della direttiva Bolkestein come si è verificato nella contorta risposta al secondo quesito pregiudiziale del GdP di Rimini con l’ordinanza del 5 giugno 2025 in commento, non solo dimenticandosi dell’art.195 TFUE (e dell’art.345 TFUE), che comunque dal 1° dicembre 2009 escludeva l’applicazione delle direttive di armonizzazione come la Bolkestein al settore turismo, in cui pacificamente operano le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, ma addirittura ignorando che, proprio perché concessioni di beni e non di servizi su demanio marittimo statale per lo svolgimento non occasionale di attività che comporta l’esercizio indiretto di pubblici poteri, i concessionari demaniali marittimi per finalità turistico-ricreative non potevano rientrare nei diritto primario dell’Unione così come espressamente previsto dall’art.51 TFUE.
  6. In buona sostanza, vista la gravità degli errori commessi nei confronti del concessionario autostradale quasi-monopolista ASPI, la Corte di giustizia avrebbe dovuto ammettere rispondendo positivamente al quarto quesito che le procedure di infrazione promosse dalla Commissione Ue sulla durata delle concessioni balneari erano il frutto di scelte intenzionali di colpire il settore turistico balneare italiano a favore di quello di altri Stati membri (Spagna e Portogallo) fondate sulla carente o inesistente applicazione delle norme primarie e secondarie del diritto dell’Unione che garantivano, come anticipato, la estraneità di detta categoria di piccole e piccolissime imprese a fenomeni corruttivi e la durata indeterminata dei titoli concessori senza gare a vocazione malavitosa.
  7. Quindi, la Corte di giustizia con l’ordinanza Balneari Rimini in commento ha deciso di rispondere positivamente al quarto quesito non rispondendo al Giudice di pace, ma, incredibilmente, chiedendo una valutazione di merito e fattuale che il GdP aveva già fatto nell’ordinanza e che rientra nella esclusiva responsabilità del Giudice nazionale, non sindacabile dalla Corte Ue che ha sempre sostenuto, sul punto, la presunzione di ammissibilità della domanda pregiudiziale.
  8. E infatti: il quarto quesito viene dichiarato irricevibile dalla Corte di giustizia con la seguente assurda motivazione ai punti 49 e 50 dell’ordinanza del 5.6.2025: «49 Occorre tuttavia constatare che la domanda di pronuncia pregiudiziale non contiene alcun indizio del fatto che la Balneari Rimini eserciti attività che partecipano all’esercizio dei pubblici poteri sui terreni demaniali oggetto della concessione di cui trattasi nel procedimento principale. 50 In tali circostanze, detta domanda non soddisfa neppure i requisiti enunciati all’articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura per quanto riguarda tale questione.».
  9. Ovviamente, il Comune di Rimini nelle osservazioni scritte della causa C-464/24 non ha messo in discussione il fatto che il concessionario “Balneari Rimini” partecipasse non occasionalmente ma direttamente all’esercizio dei pubblici poteri di tutela del patrimonio costiero, di tutela della salute e dell’igiene pubblica, di garanzia del libero e sicuro accesso alla balneazione di persone disabili, ecc., peraltro sulla base dell’ordinanza balneare annuale dello stesso Comune gestore del demanio marittimo.
  10. Pare abbastanza evidente che la Corte di giustizia, nel non rispondere se con argomentazioni “infantili” e omissive, abbia confermato per facta concludentia, che neanche le norme di diritto primario Ue si applicano ai concessionari balneari italiani, così come non si applicano a quelli spagnoli e portoghesi.

La fantastica risposta della Corte di giustizia al primo quesito: le concessioni balneari sono concessioni di beni ma si applica lo stesso l’art.12 della direttiva Bolkestein

  1. Con il primo quesito il Giudice di pace di Rimini ha chiesto alla Corte Ue «alla Corte se le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative come quella della società ricorrente – che non svolge una prestazione di servizi determinata dell’ente aggiudicatore, bensì esercita un’attività economica in un’area demaniale statale – rientra o non rientra nella categoria delle concessioni di servizi e, quindi, se entra o non entra nel campo di applicazione delle autorizzazioni di cui alla direttiva servizi 2006/123/CE e/o della direttiva 2014/23/UE, trattandosi di alcuni accordi aventi per oggetto il diritto di un operatore economico di gestire determinati beni o risorse del demanio pubblico, in regime di diritto privato o pubblico, quali terreni, mediante i quali lo Stato fissa unicamente le condizioni generali d’uso dei beni o delle risorse in questione, alla luce di quanto precisato dalla Corte di giustizia dell’Unione ai punti 45-48 della precedente sentenza Promoimpresa S.r.l. e Melis del 14 luglio 2016 nelle cause riunite C-458/14 e C-67/15 (EU:C:2016:558).».
  2. Il Giudice del rinvio manifesta la sua opinione affermando che la Corte di giustizia nella sentenza Promoimpresa, avendo individuato quale normativa dell’Unione applicabile alla fattispecie delle concessioni demaniali marittime e lacuali per uso turistico-ricreativo, al punto 4 il considerando 57 della direttiva 2006/123/CE e al punto 7 il considerando 15 della direttiva 2014/23/UE, possa avere inteso escludere le predette concessioni, come concessioni di beni da parte dell’autorità pubblica, dal campo di applicazione sia della direttiva Bolkestein del 2006/123/CE sia della pertinente direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, trattandosi di alcuni accordi aventi per oggetto il diritto di un operatore economico di gestire determinati beni o risorse del demanio pubblico, in regime di diritto privato o pubblico, quali terreni, mediante i quali lo Stato fissa unicamente le condizioni generali d’uso dei beni o delle risorse in questione (considerando 15 della direttiva 2014/23/CE). 
  3. Del resto, secondo il GdP, nella sentenza Promoimpresa la Corte afferma espressamente ai punti 44 – 48 che le concessioni demaniali, come concessioni di beni, non rientrano tra le concessioni di servizi e, quindi, non rientrano nel campo di applicazione della direttiva 2006/123/CE e neanche della specifica direttiva 2014/23/Ue.
  4. D’altra parte, al punto 39 della sentenza del 18 settembre 2019 della Corte nella causa C-526/17 Commissione contro Repubblica italiana (EU:C:2019:756), anche la Commissione Ue è consapevole della predetta posizione interpretativa della Corte Ue.
  5. La sentenza SIIB della Corte Ue risolve anticipatamente il primo quesito pregiudiziale del Giudice di pace di Rimini, confermando che la direttiva Bolkestein non è stata mai applicabile alle concessioni demaniali marittime essendo concessioni di beni (cfr. Consiglio di Stato, sentenze 9.4.2022 n.3240, 5.1.2024 n.204 e 16.1.2018 n.218.; Corte di giustizia, sentenza Promoimpresa, punti 47-48; Corte costituzionale, sentenza n.29/2017).
  6. Inoltre, l’incipit della motivazione della sentenza SIIB della Corte Ue ai punti 44-45, su sollecitazione della Commissione Ue nelle sue osservazioni scritte depositate il 2 febbraio 2023 nella causa C-598/22, pare smontare le conclusioni della sentenza Promoimpresa sull’applicazione diretta dell’art.49 TFUE ai fini della declaratoria di illegittimità con la normativa primaria Ue delle proroghe legislative delle concessioni balneari (all’epoca fino al 31.12.2020): «44 Nella misura in cui il giudice del rinvio fa riferimento, nella sua questione, agli articoli 49 e 56 TFUE, che sanciscono rispettivamente la libertà di stabilimento e la libertà di prestazione dei servizi, occorre precisare che l’attribuzione di una concessione di occupazione del demanio pubblico marittimo implica necessariamente l’accesso del concessionario al territorio dello Stato membro ospitante in vista di una partecipazione stabile e continua, per una durata relativamente lunga, alla vita economica di tale Stato. Ne consegue che l’assegnazione di una tale concessione rientra nel diritto di stabilimento previsto dall’articolo 49 TFUE (v., in tal senso, sentenze del 30 novembre 1995, Gebhard, C55/94, EU:C:1995:411, punto 25; dell’11 marzo 2010, Attanasio Group, C384/08, EU:C:2010:133, punto 39, e del 21 dicembre 2016, AGET Iraklis, C201/15, EU:C:2016:972, punto 50). 45 Inoltre, in virtù dell’articolo 57, primo comma, TFUE, le disposizioni del Trattato relative alla libera prestazione dei servizi trovano applicazione soltanto se, segnatamente, non si applicano quelle relative al diritto di stabilimento. Occorre dunque escludere l’articolo 56 TFUE.».
  7. Pertanto, la Commissione Ue nelle osservazioni scritte e la Corte Ue nella sentenza SIIB escludono che si possa applicare alla fattispecie di causa l’art.56 TFUE sulla libera prestazione di servizi su cui, in combinato disposto con l’art.49 TFUE sulla libertà di stabilimento, il Consiglio di Stato ha fondato la pretesa di imporre le gare alla scadenza delle concessioni imposta inammissibilmente iussu iudicis.
  8. Si tratta, in buona sostanza, di una questione solo interna all’ordinamento nazionale, come la Corte Ue si affretta a precisare nella sentenza SIIB al punto 41, salvo darne una rilevanza potenzialmente transazionale in guisa tale da meritare una risposta del Collegio di Lussemburgo: «41  sebbene tale controversia presenti carattere puramente interno, è sufficiente rilevare, come ha fatto la Commissione europea, che il codice della navigazione si applica indistintamente agli operatori economici italiani e a quelli provenienti da altri Stati membri. Pertanto, non si può escludere, secondo il giudice del rinvio, che degli operatori stabiliti in altri Stati membri fossero o siano interessati ad avvalersi delle libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi al fine di esercitare delle attività sul territorio italiano e, dunque, che la normativa in questione sia suscettibile di produrre effetti che non sono limitati a tale territorio.».
  9. Nelle osservazioni scritte del concessionario ricorrente Balneari Rimini è stato sottolineato alla Corte che, a proposito della non applicazione alle concessioni demaniali marittime della direttiva 2014/23/Ue in materia di aggiudicazione dei contratti di concessione, in data 30 aprile 2024 erano state depositate le conclusioni scritte dell’Avvocato generale Manuel Campos Sànchez-Bordona nella causa C-683/22 Adusbef (Ponte Morand), sul rinvio pregiudiziale del TAR Lazio in merito alle modifiche senza gara del 2021-2022 alla Convenzione unica stipulata il 12 ottobre 2007 tra ASPI e l’Anas, in cui si assegnava ad ASPI (Gruppo Atlantia, ora Mundys s.p.a.) la concessione di una pluralità di tratte autostradali italiane dell’estensione di oltre 2.800 chilometri fino al 31 dicembre 2038, cioè per la durata di oltre 31 anni, ratificando il legislatore questa operazione di affidamento a trattativa privata per un fatturato di miliardi di euro all’anno, totalmente contraria alla disciplina interna ed Ue in materia di appalti pubblici di beni e/o di servizi, con l’art.8 duodecies del d.l. n.59/2008, convertito con modificazioni dalla legge 101/2008.
  10. Il concessionario ricorrente nelle osservazioni scritte della causa C-464/24 ha altresì evidenziato che l’avvocato generale Campos Sànchez-Bordona nella causa C-683/22 Adusbef (Ponte Morand) ha concluso nel senso che, ai sensi dell’art.43 della direttiva 2014/23, un contratto di concessione può essere modificato senza indire una nuova procedura di evidenza pubblica, qualora le modifiche apportate alle sue clausole, senza alterare la natura generale della concessione, non siano sostanziali, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.
  11. Come già sottolineato, nella stessa causa l’Avvocato generale ha ricordato ai punti 28-29 delle conclusioni che, se è vero quanto affermato da Atlantia/Mundys, la direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione non è rilevante ai fini della risoluzione della controversia, poiché, ai sensi del suo articolo 54, paragrafo 2, essa «non si applica all’aggiudicazione di concessioni per le quali è stata presentata un’offerta o che sono state aggiudicate prima del 17 aprile 2014», dal momento che la concessione controversa è stata assegnata senza gara il 12 ottobre 2007, è giurisprudenza consolidata della Corte (per tutte, sentenza del 2 settembre 2021, Sisal e a. in cause riunite C721/19 e C722/19, EU:C:2021:672) che, anche se la concessione originaria è stata rilasciata prima dell’adozione della direttiva 2014/23, ciò che rileva per determinare la norma applicabile è la data delle modifiche la cui validità è contestata, che è successiva al 17 aprile 2014, il che determina l’applicabilità della direttiva 2014/23.
  12. Quindi, nessuna gara andava fatta per la modifica della Convenzione unica del 2007 per l’affidamento diretto ad ASPI, che già le gestiva dal 1999, di oltre 2.800 km di autostrade nazionali.
  13. Appare evidente che per le concessioni balneari, che, come concessioni di beni, non entrano nel campo di applicazione né della direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione né della direttiva servizi 2006/123/CE né nella disciplina interna del codice dei contratti pubblici, non si possono indire procedure di evidenza pubblica come pretendono la Commissione europea e il Comune di Rimini. Sarebbe una aberrazione, non giustificata né giustificabile alla luce del diritto dell’Unione.
  14. La Corte di giustizia ha scelto, nel rispondere al secondo, al terzo e al quarto quesito, una linea interpretativa contraddittoria  a tratti sibillina che si presta a diverse letture, e che si completa con la risposta al primo quesito pregiudiziale, che rappresenta la sconcertante riproposizione in peius della sentenza Promoimpresa, i cui punti 44-45 vanno trascritti: «44 Peraltro, nei limiti in cui i giudici del rinvio ritengono che le concessioni di cui ai procedimenti principali possano costituire concessioni di servizi, occorre precisare che, secondo il considerando 57 della direttiva 2006/123, le disposizioni della medesima riguardanti i regimi di autorizzazione non attengono alla conclusione di contratti da parte delle autorità competenti per la fornitura di un determinato servizio che rientra nelle norme relative agli appalti pubblici. 45 Ne risulta che le disposizioni relative ai regimi di autorizzazione della direttiva 2006/123 non sono applicabili a concessioni di servizi pubblici che possano, in particolare, rientrare nell’ambito della direttiva 2014/23.».
  15. La Corte di giustizia, incredibilmente, dà ragione al Giudice di pace di Rimini e conferma che le concessioni balneari sono concessioni di beni e non di servizi. Quindi,  in base a tali considerazioni, non si dovrebbe applicare la Bolkestein, come confermato dalla sentenza Promoimpresa ai punti 44-45 innanzi trascritti?
  16. Assolutamente no, per la Corte di giustizia con l’ordinanza Balneari Rimini sono concessioni di beni ma si applica l’art.12 della direttiva Bolkestein, con queste contorte conclusioni in risposta al primo quesito: «L’articolo 12 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, e la direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, devono essere interpretati nel senso che: rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2006/123 le concessioni demaniali marittime gestite per finalità turistico-ricreative, il cui titolare non effettua una prestazione di servizi determinata dell’ente aggiudicatore, ma esercita un’attività economica in un’area demaniale statale sulla base di un accordo che gli conferisce il diritto di gestire taluni beni o risorse pubblici, nell’ambito di un regime di diritto privato o pubblico, di cui lo Stato si limita a fissare le condizioni generali d’uso, una volta che tali concessioni riguardano risorse naturali, ai sensi di tale disposizione e posto che il numero di autorizzazioni disponibili per le attività turistico-ricreative è limitato per via della scarsità delle risorse naturali.».
  17. Tale ordinanza non risolve e pertanto interroga il giurista europeo sulla opportunità di sollevare nei confronti di questo sconcertante comportamento delle Istituzioni Ue i controlimiti costituzionali, come fece la Corte costituzionale nel caso Taricco.

Conclusioni: le concessioni balneari sono a tempo indeterminato fuori dalle gare

  1. La Corte costituzionale si è riservata all’udienza pubblica del 9 aprile 2025 per la decisione del ricorso n. 37/2024 di legittimità costituzionale in via principale promosso dal Presidente del Consiglio dei Ministri rispetto agli artt. 1, 2, commi terzo e quarto, e 3 della legge regionale della Toscana n. 30/2024, in cui la principale disposizione legislativa regionale impugnata riguarda la determinazione dell’indennizzo secondo il valore aziendale, che potrebbe non (più) rientrare nella competenza esclusiva del legislatore statale ove la Corte di giustizia nella emananda decisione sulla pregiudiziale della Corte costituzionale dovesse determinarsi nel senso di escludere (in tutto o in parte) la disciplina della durata delle piccole imprese idroelettriche dal campo di applicazione della direttiva Bolkestein, come ha già fatto la Corte Ue con la discussa ordinanza del 5 giugno 2025 nella causa C-464/24 per le concessioni balneari.
  2. Quindi, dopo la legittima scelta del Governo di non pubblicare entro il 31 marzo 2025 il decreto interministeriale per la determinazione dell’indennizzo spettante ai concessionari uscenti in caso di gare pubbliche per nuove assegnazioni – che in ogni caso potrà interessare soltanto i concessionari balneari che hanno iniziato l’attività dal 1° gennaio 2010, astrattamente gli unici rientranti nel campo di applicazione della Bolkestein – occorrerà attendere la pronunzia della Corte costituzionale all’esito dell’udienza del 9 aprile 2025 che, peraltro, potrebbe sollevare anche per le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative questioni pregiudiziali inerenti l’applicabilità della direttiva 2006/123/CE, come quella attualmente pendente davanti alla Corte di giustizia Ue per le piccole imprese concessionarie idroelettriche.
  3. Del resto la Corte costituzionale spagnola con la decisione n. 213/2015 ha escluso i balneari iberici dal campo di applicazione del diritto Ue per quanto riguarda la proroga fino a 75 anni della durata, valorizzando il settore balneare nazionale.
  4. La nostra Corte costituzionale potrebbe fare lo stesso per le imprese balneari italiane, che non meritano un trattamento deteriore rispetto a quello riservato, violando le leggi dello Stato, la Costituzione e il diritto dell’Unione, al concessionario privilegiato ASPI, la cui impunità e immunità dalle conseguenze del crollo del Ponte Morandi è stata garantita anche dall’AGCM e dalla Commissione europea che nulla hanno dedotto in merito  all’assegnazione diretta e senza gare della gran parte delle concessioni autostradali oltre ad una cospicua buonuscita imbarazzante e in offesa ai principi fondamentali costituzionali italiani ed europei.
  5. Sarà in ogni caso il giudice ordinario a stabilire l’occupazione legittima a tempo indeterminato da parte dei concessionari balneari in applicazione delle leggi dello Stato che la Commissione Ue e la Corte di giustizia, oltre che il Consiglio di Stato, non possono far disapplicare per la tutela di interessi finanziari ed economici molto oscuri e comunque palesemente illeciti.

Ordinanza di rinvio pregiudiziale GdP di Rimini del 26.6.24 causa C-464-24

Osservazioni scritte parte ricorrente nella causa C-464-24 Balneari Rimini

Osservazioni scritte Commissione Ue causa C-464-24

Corte di giustizia Ue – ordinanza 5 giugno 2025 causa C-464-24

De Michele Vincenzo – La Corte di giustizia esclude le concessioni balneari dal campo di applicazione della Bolkestein e del diritto primario Ue

Balneari Rimini – istanza di trattazione orale della causa C-464-24

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