CNA: i punti cardine per la tutela delle attuali imprese balneari, Parlamento e Governo assumano posizione responsabile ed equilibrata

La riforma del demanio marittimo ad uso turistico-ricreativo, i punti cardine per la tutela delle attuali imprese balneari

La situazione nazionale alla luce dei recenti orientamenti del Consiglio di Stato

CNA Balneari, per scongiurare il dispiegarsi, incontrollato, di effetti destrutturanti e il prodursi, inesorabile, di risvolti rovinosi in ordine alla tenuta economico-sociale del settore turistico-ricreativo e ricettivo legato al rilascio delle concessioni balneari e imperniato, come noto, su una vasta popolazione di micro imprese il cui reddito prodotto è spesso l’unico per i soggetti e per le famiglie che le conducono, anima produttiva del tessuto economico italiano e presidio di socialità per territori e comunità, chiede al Governo e al Parlamento la messa a riparo dell’attuale modello di gestione del demanio marittimo.

Ciò significa, non già difendere le guarentigie di qualcuno, come, in effetti, una certa lettura superficiale del fenomeno intende sostenere, ma preservare la ragion d’essere di un agire d’impresa in grado di dare corpo e gambe ad un sistema policentrico, professionale e fondato su lavoro e famiglie, capace di recare, nel suo complesso, una offerta turistica efficiente e di qualità.

Come pure trattasi di attività diversificate e armonicamente organizzate, perché rispettose delle caratteristiche ambientali dei territori costieri, distanti, a motivo di ciò, da tendenze omologatrici e massificatrici di servizi e consumi, le quali, protette dall’alibi del bisogno di ammodernare il settore turistico italiano, muovono nella direzione di scarnificare cultura, storia e luoghi del nostro vivere collettivo.

Un conto, infatti, è assicurare dinamiche concorrenziali, altro discorso è cagionare l’indiscriminata apertura del mercato, avvalorando un “formato franchising” di lidi e litorali, a beneficio – è bene dirlo – dei pochi e non dei più. Motivo per cui, l’appello che rivolgiamo al Governo e al Parlamento è di assumere, celermente, una posizione chiara, responsabile ed equilibrata.

Un impegno di politica sociale ed economica, che superi la precedente inerzia e punti ad assicurare stabilità all’assetto delle regole volte a disciplinare il rilascio delle concessioni demaniali, rifuggendo, in parallelo, l’acritico accoglimento dei recenti orientamenti espressi dal Consiglio di Stato.

Questi ultimi, pur legittimamente enunciati, sono tali da esibire discutibili elementi di assolutezza, che, al di là delle affermazioni di stile contenute in sentenza, sembrano ignorare il valore degli investimenti effettuati nel tempo dalle imprese e il singolo valore economico, sociale e commerciale rappresentato da quest’ultime, con il portato di implicazioni sistemiche che ne consegue.

Concessionari ed operatori economici esigono, a buon diritto, certezze regolatorie, quanto a regime giuridico applicabile e durata dei rapporti concessori presenti e futuri, tenuto conto, in questo preciso frangente, della condizione di indeterminatezza ingeneratasi a causa dei pronunciamenti di inizio novembre.

Concludere, in Europa, la procedura di messa in mora

E’ necessario, altresì, concludere positivamente la procedura di messa in mora avanzata dalla Commissione Europea nei confronti dell’Italia in ordine alla regolazione delle concessioni demaniali. La scelta dapprima effettuata, mediante l’articolo 1, commi 682 e seguenti, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di Bilancio per il 2019), di seguito rafforzata dalle disposizioni recate, rispettivamente, dall’articolo 182, comma 2, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (c.d. Decreto Rilancio) e dall’articolo 100, comma 2, del decreto-legge 14 agosto 2020 (c.d. Decreto Agosto), hanno concorso a scolpire, per parte propria, un precetto inoppugnabile:
fino al 2033, per tutte le tipologie di attività svolte in regime di concessione su beni demaniali marittimi, lacuali e fluviali, risulta indispensabile per assicurare la continuità nei rapporti concessori in essere. In gioco, vi sono quelle che lo stesso legislatore ha definito, a buon diritto, «risorse turistiche fondamentali del Paese».
In altri termini, la legislazione interna ha vieppiù allargato (con il citato Decreto Agosto) il perimetro applicativo della decisione di prorogare la durata delle concessioni e ciò sull’esigenza di provvedere alla custodia delle coste affidate in concessione, salvaguardare l’occupazione e il reddito delle imprese interessate, così da rilanciare, nel complesso, il settore turistico.
D’altra parte, la garanzia di poter contare su di un quadro normativo stabile, specie in un momento particolarmente complicato per l’agire economico di molte realtà d’impresa, ha evidenziato una rinnovata sensibilità da parte delle istituzioni verso una articolazione vitale per il tessuto produttivo italiano.
In questo senso, non si può certo negare all’ordinamento nazionale il merito di avere configurato, in questi anni, un modello socio-economico competitivo ed efficiente, incentrato sull’opportunità di tutelare il legittimo affidamento del concessionario “uscente”. L’incontrovertibilità dei numeri sembra suffragare l’ipotesi di un comparto in costante espansione, capace di reggere all’urto della crisi pandemica, grazie alla capillarità di un sistema perlopiù composto da micro imprese.

In Italia, nel suo complesso, del resto, la scarsità delle risorse naturali non rileva. Emerge, semmai, la vastità e, insieme, la diversificazione del “bene spiaggia”. Sicché, si attaglia perfettamente un assetto di regole che faccia perno sulla solidità di operatori ed esperienze d’impresa consolidatisi sul territorio. Ergo, sussistono ancora giustificate ragioni per ritenere applicabile il regime derogatorio ammesso dalla stessa Direttiva 2006/123/CE (Direttiva Servizi o cd. Bolkestein).

Per queste ragioni risulta di fondamentale importanza che in sede di confronto europeo vengano ribadite la legittimità e l’appropriatezza della disciplina a buon diritto individuata dal legislatore nazionale concludendo la riforma del demanio marittimo.
Una misura fondamentale per garantire stabilità al comparto, tra i più provati insieme al settore del turismo durante l’emergenza sanitaria, che grazie al piano vaccinale messo in campo dal Governo, pur se a fatica, ha dato prova di sè reagendo positivamente rilanciando gli investimenti, confermando i livelli occupazionali e il valore economico – sociale e commerciale di ogni singola impresa.

Dati confermati e addirittura incrementati anche per il 2021 con il ritorno dei turisti continentali attraverso la libera circolazione garantita dal Green Pass – Covid 19 la cui interoperabilità tra stati europei è stata resa pienamente operativa per opera del Governo e del Parlamento.

La riforma del demanio marittimo

I recenti orientamenti del Consiglio di Stato le con le sentenze n. 17 – 18 del 9 novembre 2021 si sono espressi in modo tale che l’estensione al 2033 è in contrasto con il Diritto Eurounitario escludendo la sussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo agli attuali concessionari oltre il 31/12/2023, data entro la quale, anche in assenza di disciplina legislativa, esse cesseranno di produrre effetti.

Si provveda, pertanto, al materiale riordino della normativa di settore, a cominciare dalla parte rimasta illesa – indirizzi, criteri direttivi e cronoprogrammi normativi – della legge di Bilancio per il 2019, in quanto non folgorata dalle conclusioni della giustizia amministrativa.

I punti cardine della Riforma per la tutela delle attuali imprese balneari

Risulta, pertanto, importante realizzare una riforma complessiva del demanio concludendo quanto richiamato nei commi dell’articolo 1 della legge 145/2018 (Legge di Bilancio per il 2019) ed in particolare

• al comma 676, lettere a) e b), attraverso la ricognizione e la mappatura del litorale e del demanio costiero marittimo con l’individuazione della reale consistenza dello stato dei luoghi, della tipologia, della durata e del numero di concessioni e sub-concessioni attualmente vigenti, nonché delle aree libere concedibili per nuove iniziative imprenditoriali.

• al comma 676, lettera d), procedendo alla ricognizione degli investimenti effettuati evidenziando i criteri per definire il valore economico, sociale e commerciale delle singole imprese balneari nell’ambito del sistema territoriale economico costiero italiano, quale unicum nel contesto continentale;

• al comma 676, lettera e), approvando metodi, indirizzi generali e criteri per la programmazione, la pianificazione e la gestione integrata degli interventi di difesa delle coste e degli abitati costieri, soprattutto in previsione di possibili mareggiate ed eventi meteoclimatici avversi, al fine di salvaguardare l’incolumità dei cittadini, le attività turistiche e le infrastrutture circostanti;

• al comma 683, riconoscendo il sistema balneare attrezzato italiano costituito dalle attuali imprese turistico-demaniali come modello di gestione esistente prima dell’entrata in vigore della Direttiva Servizi, asseverandolo attraverso specifici criteri, che tengano conto:

➢ del mantenimento dei criteri oggettivi e soggettivi in capo ad ogni singolo titolare di concessione e il relativo regime di regolarità e di conformità di quest’ultime rispetto all’utilizzo previsto;

➢ della valorizzazione e della proficua utilizzazione delle concessioni esistenti secondo

▪ le singole specificità e caratteristiche territoriali;

▪ i criteri di sostenibilita’ ambientale, di qualita’ e professionalizzazione dell’accoglienza e dei servizi, di accessibilità sociale e di modernizzazione delle infrastrutture, di tutela degli ecosistemi marittimi coinvolti, di sicurezza della vita umana in mare e vigilanza delle spiagge, di interventi di pubblica e civile utilità in caso di eventi di calamità naturale (mareggiate, eventi meteo marini avversi, ecc…);

➢ della definizione dei criteri per garantire il possibile ricorso anche per le micro imprese ad eventuali strumenti di partenariato pubblico – privato;

➢ del riconoscimento dei servizi innovativi e tecnologici implementati anche ai fini dell’efficientamento energetico;

➢ del riconoscimento del mantenimento e/o incremento dei livelli occupazionali per ogni singola impresa balneare e del connesso rispetto degli standard di protezione sociale dei lavoratori;

➢ del rating assegnabile ad ogni singola impresa esistente in merito alla qualita’ dei servizi offerti;

➢ del riconoscimento del valore economico, sociale e in primo luogo commerciale e del conseguente quantum relativo all’indennizzo di ogni singola impresa esistente anche in relazione agli investimenti effettuati e al mancato profitto derivante dall’anticipato spirare della concessione o nel caso di alternanza di altri soggetti nella stessa;

➢ dei limiti massimi di durata di ogni singola concessione definendo anche il limite massimo di concessioni assentibili ad ogni singolo concessionario al fine di tutelare la struttura caratteristica dell’attuale sistema balneare attrezzato italiano costituito generalmente da micro imprese;

➢ del riconoscimento della durata delle concessioni commisurata al necessario ammortamento degli investimenti effettuati e/o da effettuare secondo la procedura prevista dall’art.18 del Regolamento attuativo del Codice della Navigazione;

➢ del legittimo riconoscimento della procedura di evidenza pubblica, secondo quanto previsto dal citato art.18 del Regolamento attuativo del Codice della Navigazione, utilizzata dalle pubbliche amministrazioni ai fini dell’estensione temporale al 2033 delle concessioni demaniali marittime;

➢ della positiva definizione delle posizioni amministrative delle concessioni demaniali marittime a finalità turistico e ricreative legittimamente vigenti e ricadenti nell’ambito della giurisdizione delle autorità dei sistemi portuali;

➢ del valore complessivo dell’offerta turistica costiera, rappresentato dall’esistente modello balneare italiano;

➢ dell’impatto socio economico derivante dalla decadenza generalizzata di tutte le concessioni in essere comprese le concessioni ad uso residenziale e abitativo, dei servizi alla nautica da diporto e di quelle commerciali e connesse alla ristorazione di qualità;

➢ della ricognizione dei canoni attualmente applicati in relazione alle diverse concessioni ai fini di un complessivo e congruo riordino;

➢ della determinazione previsionale di nuove aree concedibili, al netto di quelle destinate e/o destinabili alla libera fruizione, per nuove iniziative imprenditoriali;

➢ della revisione organica delle norme connesse alle concessioni demaniali marittime che permettano di verificare e riconoscere il valore materiale e immateriale dell’impresa esistente, anche sviluppatosi all’interno delle opere sia amovibili che non amovibili nell’ambito dell’intero perimetro costituente la concessione;

➢ dell’introduzione di un congruo periodo transitorio per la piena applicazione dei principi stabilendo, secondo i commi 675 e 680 i termini, i tempi e le modalita’ per la generale riforma del demanio marittimo oggetto delle esistenti e nuove concessioni;

➢ della condivisione con le imprese esistenti, le Regioni, e le pubbliche amministrazioni territoriali degli strumenti e delle misure necessarie per il riordino complessivo delle norme in materia di demanio marittimo avente finalità turistico ricreativa.

Siclari: Assormeggi Italia dice no alla Bolkestein

“Spiagge e porti sono beni di Stato che non devono rientrare nella Bolkestein”.

Da anni lo penso, e più leggo e rileggo la direttiva europea 2006/123/CE (conosciuta come “direttiva Bolkestein” dal nome del suo estensore Frits Bolkestein), più mi convinco che tutti i beni che appartengono agli Stati membri dell’Ue nulla hanno a che vedere con l’applicazione di questa direttiva. Questo perché la Bolkestein è soltanto uno strumento di regolamentazione per i servizi che lo Stato membro si trova a dover disciplinare, mentre gli specchi acquei del mare e le spiagge sono dei beni che appartengono allo Stato, come recitano e disciplinano sia il Codice civile all’art. 822, sia il Codice della navigazione all’art. 28: Art. 822 del Codice civile: “Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia; le opere destinate alla difesa nazionale. Fanno parimenti parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato, le strade, le autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi; gli acquedotti; gli immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia; le raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche; e infine gli altri beni che sono dalla legge assoggettati al regime proprio del demanio pubblico. Questi beni appartengono al demanio necessario (o naturale), in quanto sono dei beni che per la loro naturale attitudine a soddisfare interessi pubblici non possono che essere di proprietà dello Stato“. Art. 28 del Codice della navigazione: “Fanno parte del demanio marittimo:
a) il lido, la spiaggia, i porti, le rade;
b) le lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare, i bacini di acqua salsa o salmastra che almeno durante una parte dell’ anno comunicano liberamente col mare;
c) i canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo“. Premesso ciò, è evidente che da tali disposti normativi e in modo inequivocabile, le spiagge e gli specchi acquei sono dei beni e pertanto su di essi vige il concetto di bene “uti dominus”.

L’espressione “uti dominus” è un brocardo latino che indica la modalità di possesso di un bene. Un soggetto che possiede un bene “uti dominus” lo gestisce “come se ne fosse il proprietario”, ossia godendone dell’uso e degli eventuali guadagni derivanti da un bene. In poche parole, lo Stato membro può fare dei suoi beni ciò che ritiene più utile.
Di fronte al beneficio che i beni demaniali rappresentano per il nostro stesso Pil, lo Stato membro deve fare una politica di tutela di quelle imprese che contribuiscono al prodotto interno lordo.
Ecco perché la direttiva Bolkestein non è applicabile sugli specchi acquei e sulle spiagge, in quanto semplicemente essa regola i servizi e non i beni su cui insiste, appunto, l’uti dominus. Lo stesso padre di tale direttiva, il sig. Frits Bolkestein, commissario europeo per il mercato interno dell’allora commissione Prodi, lo ha anche evidenziato in più occasioni: la direttiva non riguarda i beni ma i servizi, consapevole che la proprietà degli Stati membri non può essere “gestita” da norme extra nazionali proprio per il principio “uti dominus” dei beni.

Su questi principi, a mio avviso, occorre concentrare ogni sforzo per far sì che le imprese (che, non dimentichiamo, da sempre producono reddito) devono essere assolutamente tutelate dallo Stato membro, semplicemente sottraendoli alle evidenze pubbliche. D’altronde, la stessa direttiva Bolkestein, nella sua articolazione, evidenzia come si debba comunque tenere conto degli interessi dello Stato membro, poiché dalla sua applicazione esso non deve rimetterci. Molto si è discusso in questi anni a proposito di concessioni demaniali marittime e molte sono state le sentenze che hanno creato ancora maggiore confusione tra l’opinione pubblica, tra gli stessi imprenditori del settore e tra chi amministra. Ma proprio il concetto di “demanialità”, inteso quale bene dello Stato, appare trascurato nei tanti dibattiti sulla sostanza della direttiva Bolkestein.
L’Italia aveva ben disciplinato nel 2018, con la legge 145, le regole relative alle concessioni demaniali marittime almeno fino al 2033. Le imprese avrebbero avuto un importante periodo di respiro ed il legislatore avrebbe avuto il tempo per regolamentare una materia molto complessa ed importante per l’economia interna. In poche parole si avrebbe avuto l’occasione per rafforzare la legislazione in materia di demanio marittimo.

A mio avviso non sarà applicabile la sentenza del Consiglio di Stato del del 9 Novembre 2021 che ha disposto l’azzeramento dei titoli concessori al 2023. Non sarà applicabile per praticità, non sarà applicabile per questioni temporali, non sarà applicabile in quanto in netto contrasto con aspetti Costituzionali, non sarà applicabile poiché in un periodo davvero critico ben altre sono le tematiche prioritarie per il nostro paese. Oggettivamente è necessaria una regolamentazione definitiva affinché le realtà turistico/ricreative che operano sul demanio marittimo possano continuare a rappresentare quell’eccellenza da sempre riconosciuta anche a livello internazionale e certamente non la si può ottenere in appena due anni.

Non posso che essere d’accordo con il Professor Paolo Maddalena, Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale che ci ha ben spiegato come sulla base degli ultimi avvenimenti, relativi specialmente al tema della concorrenza, si è rilevato che il governo e la magistratura amministrativa, fortemente influenzati dai Trattati europei, pongono in secondo piano i principi e i diritti fondamentali della Costituzione, i quali, secondo una consolidata giurisprudenza costituzionale, detta dei contro limiti e devono prevalere sui Trattati.
Per concludere, a mio avviso, deve esserci la volontà dell’attuale esecutivo porre rimedio ad una situazione davvero pesante per il nostro Paese per vari aspetti, sociali, economici, posti di lavoro e soprattutto per continuare a rappresentare quell’eccellenza che il mondo ci riconosce.