Tavolo Tecnico interministeriale sulle concessioni demaniali, il contributo di Confimprese Demaniali

Di seguito il documento tecnico presentato al governo da Confimprese Demaniali Italia, nella persona del Presidente Mauro Della Valle, in occasione del quarto incontro del Tavolo Tecnico in corso di svolgimento presso la Sala Verde di Palazzo Chigi.

Com’è noto, per risorsa naturale scarsa si intende il caso in cui il bene, nel nostro caso la costa concedibile, sia limitato e, quindi, non può essere assegnato a tutti i soggetti che sono potenzialmente interessati.

Riguardo a tale presupposto, la Corte di Giustizia, con la sentenza del 14 luglio 2016, Causa n. C-458/14, ha chiarito che, in assenza di una specifica disposizione legislativa, il Giudice nazionale investito della questione deve valutare caso per caso se si è in presenza di una risorsa scarsa; inoltre, con la recente sentenza del 20 aprile 2023, resa nella causa C-348/22, è stato indicato che “non osta a che la scarsità delle risorse naturali e delle concessioni disponibili sia valutata combinando un approccio generale e astratto, a livello nazionale, e un approccio caso per caso, basato su un’analisi del territorio
costiero del comune in questione”. Pertanto, al fine di evitare che l’individuazione di tale presupposto da parte del Giudice nazionale investito della questione possa essere oggetto di valutazione discrezionale (si rappresenta che, in assenza di una norma, tale valutazione può variare a seconda della ‘sensibilità’ del Giudice), sarebbe opportuno che sia approvata una norma che disciplini la materia.

Inoltre, dal momento che, come stabilito dall’art. 117 Cost., la materia della concorrenza è di competenza esclusiva statale e la materia demaniale è di competenza esclusiva regionale, sarebbe auspicabile l’approvazione di una riforma, in Conferenza Stato-
Regioni, che stabilisca i criteri ed i parametri oggettivi che permettano di stabilire in quali casi si è in presenza di una risorsa scarsa. Infatti, qualora la norma nazionale che individui detti criteri e parametri non fosse strettamente connessa ad una norma ‘unica’ regionale, potrebbe accadere che, in presenza di medesime caratteristiche e presupposti dell’area, la risorsa naturale possa essere ritenuta scarsa in una Regione e non in altra; ciò, com’è facilmente intuibile, comporterebbe una notevole disparità di trattamento e la violazione dei principi di concorrenza sia per i titolare di concessione demaniale marittima, sia per i soggetti
potenzialmente interessati ad ottenere un’area demaniale in concessione in quanto, in un caso, per detta area non si dovrebbero avviare le procedure volte alla sezione del concessionario e, nell’altro caso, si.
Quindi, sarebbe auspicabile che il Legislatore nazionale individui un parametro oggettivo che permetta di chiarire quando si è in presenza di una risorsa scarsa e, allo stesso modo, le Regioni individuino la percentuale di costa concedibile che possa essere
oggetto di concessione demaniale marittima, a seguito di apposita manifestazione di interesse o attraverso l’approvazione di uno strumento di pianificazione demaniale.
In particolare, il parametro equo potrebbe essere individuato nel rapporto 50-50: ossia, tenendo conto delle aree potenzialmente concedibili e fruibili si è in presenza di risorsa scarsa nel caso in cui le aree assegnate in concessione siano pari o superiori al 50% della costa concedibile del territorio nazionale.
Quindi, qualora in una regione sia raggiunto e/o superato il predetto limite del 50% di aree concesse, il soggetto potenzialmente interessato potrà richiedere una concessione demaniale marittima nelle altre regioni fintantoché non sarà raggiunto il limite del 50% della costa concedibile del territorio nazionale; una volta superato detto limite, ovviamente, dovranno essere avviate le procedure selettive volte alla selezione del concessionario per tutte le concessioni demaniali marittime del territorio nazionale.

Mauro Della Valle Pres. Confimprese Demaniali Italia

Concessioni: “Se la risorsa non è scarsa viene meno la scadenza del 31/12/2023”

Un comparto di 30.000 imprese e, un po’ tutta l’Italia, guarda alla scadenza delle concessioni fissata al 31/12/23 dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, chiamata a pronunciare sull’anticomunitarietà della proroga automatica disposta per legge al 31/12/2033, la ha di fatto “concessa” per un periodo minore, appunto, sino al 31/12/2023.
In disparte i possibili profili di “invasione del potere legislativo” che pure saranno valutati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, un dato è certo: se la risorsa non è scarsa, viene meno la premessa logica della pronuncia e, quindi, l’obbligo di mettere a gara le concessioni in essere, potendosi consentire l’accesso dei terzi al mercato con l’affidamento della risorsa a
disposizione.

Fulcro e premessa logica della decisione del massimo consesso della Giustizia Amministrativa è l’assunto che le aree demaniali a disposizione di nuovi operatori economici sono caratterizzate da una notevole scarsità, acclarata sulla base dei dati forniti dal SID del Ministero delle Infrastrutture secondo cui quasi il 50% delle coste sabbiose è occupato da stabilimenti balneari, con picchi che in alcune Regioni (come Liguria, Emilia-Romagna e Campania) arrivano quasi al 70%.
Ma così non sembra essere una volta che, da quanto apprendesi d’autorevole stampa nazionale, il dato che sta emergendo dai lavori del tavolo tecnico presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, è che “ci sono molti spazi liberi” che si attesterebbero intorno al 70%.

Salvo sorprese dell’ultimo momento, se tale dato dovesse essere definitivamente confermato, il presupposto logico fondante la miniproroga concessa dall’Adunanza Plenaria al 31/12/2023, verrebbe clamorosamente meno e rimarrebbe il principio delibato in data 20/04/2023 dalla Corte di Giustizia Europea -dalla notoria portata vincolante- che riconosce agli Stati membri un certo margine di discrezionalità nella scelta dei criteri applicabili alla valutazione della scarsità delle risorse naturali, rimarcando che “l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che la scarsità
delle risorse naturali e delle concessioni disponibili sia valutata combinando un approccio generale e astratto, a livello nazionale, e un approccio caso per caso, basato su un’analisi del territorio costiero del comune in questione”. Trattasi di evidenza che, se da un lato, farà venir meno in modo naturale lo spettro del 31/12/2023, dall’altro, consentirà di porre sul mercato le “abbondanti” risorse di cui il Paese dispone, normando con ragionevolezza anche la fine dei rapporti in essere.

È altrettanto ovvio che in tal caso la politica dovrà fare con chiarezza la sua parte, spegnendo quella poco gratificante ostilità tra Poteri dello Stato attraverso la codificazione del dato definitivo sulla risorsa accertata, magari nell’ambito di quella tanto anelata riforma sistemica sul demanio -normato nel 1942- che darebbe certezze ad un comparto che, a torto o a ragione, ha trainato le sorti dell’economia italiana e non merita certo di essere mandato a casa senza nemmeno un grazie, reo di aver creduto in un sistema di regole cambiate durante la partita.

Avv. Bartolo Ravenna