Aumento canoni, Licordari (Assobalneari): “Non contrari ad aumenti ma vero problema è scadenza concessioni nel 2023”

COMUNICATO STAMPA ASSOBALNEARI ITALIA
(con richiesta di pubblicazione)
Non vogliamo alimentare la discussione mediatica che si sta sviluppando in queste ore circa l’ aumento dei Canoni per le concessioni turistico ricreative, poiché nel contesto in cui ci troviamo ci appare sterile ed inutile. Mi spiego meglio: è come se un inquilino di un appartamento si trovasse a discutere e a dibattere sugli importi di un affitto con il contratto scaduto con la prospettiva di dover uscire di casa il mese successivo. Con questo paragone vogliamo spiegare che per il comparto balneare il problema oggi è rappresentato da quanto prevede una discutibile sentenza del Consiglio di Stato, e la sospetta caparbietà nel volere applicare a tutti i costi una direttiva europea che non riguarda invece le concessioni di beni.
Non siamo assolutamente contrari a considerare o ad accettare un aumento dei canoni di concessione purchè questo sia affrontato contestualizzando tutti i costi a cui oggi noi siamo sottoposti, e mi riferisco all’ IVA al 22% contro quella del 10% delle altre imprese turistiche, l’ IMU anche se non siamo proprietari, la Tarsu applicata a tutta l’ area in concessione e non solo al Bar o al Ristorante che producono realmente rifiuti, il servizio di Salvataggio che in Italia è in capo ai concessionari mentre all’ estero è di competenza delle amministrazioni pubbliche, e i danni ormai all’ ordine del giorno delle mareggiate alle quali dobbiamo fare fronte per ripristinare e mantenere in ordine le coste.
Ma la priorità sul quale dobbiamo puntare l’ attenzione oggi è la certezza della durata della concessione che solo così può garantire un alto livello dell’offerta turistica, occupazione ed investimenti.
Abbiamo fiducia in questo Governo ed nelle forze politiche che lo compongono, finalmente espressione del volere popolare, e che sulla questione concessioni hanno preso impegni elettorali ben precisi ad iniziare dal Presidente Meloni, finalizzati a tutelare e salvaguardare le imprese balneari italiane dagli appetiti, facilmente immaginabili, di chi a Bruxelles si aggira per i corridoi rappresentando poteri economici forti con l’ intenzione ormai chiara di mettere le mani sui gioielli più preziosi del nostro Paese. La questione canoni è irrilevante davanti a ciò che sta accadendo: alcuni comuni desiderosi di un po’ di notorietà per apparire sui Giornali come virtuosi, stanno approntando i criteri per fare le gare e lo scenario che si prospetta azzera la discussione su questi aumenti. E’ proprio il caso di dire “Dume Romae consulitur, Saguntum expugnatur……..
Lo dichiara il Presidente di Assobalneari Italia Federturismo Confindustria Fabrizio Licordari

Concessioni demaniali, Confindustria Nautica ricorre Cassazione contro Plenaria CdS

 

Confindustria Nautica, con Assomarinas e Assonat Confcommercio ha depositato il ricorso presso le Sezioni unite della Corte di Cassazione contro la pronuncia dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato che aveva fissato termini di decadenza delle concessioni marittime e regole per la loro assegnazione.

“L’Adunanza Plenaria del CdS – si legge nel ricorso – si è attribuita un potere legislativo per disciplinare direttamente la materia dell’affidamento delle concessioni come se fosse priva di ogni disciplina nazionale e le scelte e le valutazioni espresse dal Parlamento non fossero mai esistite e potessero essere sostituite da quelle effettuate da una sentenza”.
Il CdS aveva disposto la cessazione al 31 dicembre 2023 delle concessioni demaniali marittime il regime di proroga, specificando anche che “eventuali proroghe del termine debbano considerarsi in contrasto con il diritto dell’Unione e quindi immediatamente non applicabili a opera del giudice e di qualsiasi organo amministrativo”. In questo modo il Parlamento “è stato anche privato del tempo utile a una riforma del settore”. Per Assonautica, “l’invasione della sfera di attribuzioni riservata al legislatore si è verificata in relazione all’applicazione di una norma creata a opera del giudice che ha esercitato un’attività di produzione normativa che non gli compete, avendo nel contempo stabilito il termine per l’indizione delle gare, e l’elencazione dei principi che dovranno ispirarne lo svolgimento”. Queste ‘norme’ sono state estese anche ai porti turistici nonostante siano esclusi dalla direttiva Ue. Anche la Corte di Giustizia ha specificato che “taluni accordi aventi per oggetto il diritto di un operatore economico di gestire beni o risorse del demanio pubblico, in regime di diritto privato o pubblico, quali terreni mediante i quali lo Stato fissa solo condizioni generali d’uso di beni o risorse senza acquisire lavori o servizi specifici, non dovrebbero configurarsi come ‘concessione di servizi'”. (ANSA)