“La questione Bolkestein costituisce un problema che l’attuale governo è chiamato a risolvere con estrema urgenza a causa della prolungata inerzia serbata in proposito nelle precedenti legislature”. Lo ha detto il presidente della sezione del Tar di Lecce, Antonio Pasca, nel corso della sua relazione in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, soffermandosi sulla questione delle concessioni demaniali. “Lo Stato italiano – ha detto Pasca- avrebbe dovuto porre mano all’auspicata riforma nell’intero settore e quindi all’effettiva attuazione della direttiva servizi, ben prima e indipendentemente dal pronunciamento del giudice amministrativo il quale è stato invece gravato di un sovraccarico di responsabilità e di sovraesposizione, avendo costituito la pendenza del giudizio ulteriore comodo alibi per differire l’approvazione delle nuove norme”. “Il Tar di Lecce – ha concluso – fino ad oggi ha espresso un orientamento giurisprudenziale non allineato rispetto a talune pronunce di altri giudici amministrativi con riferimento alle questioni relative al conflitto tra la normativa nazionale e la direttiva dell’Unione europea, la cosiddetta Bolkestein”. (ANSA).
E’ un grido di allarme sullo stato della portualità turistica quello che lancia il Presidente di Confindustria Nautica, Saverio Cecchi, a seguito dell’approvazione degli emendamenti sulle concessioni balneari nell’ambito del Dl Milleproroghe. “Se infatti – si spiega in una nota – le associazioni dei balneari lamentano i gravi errori del Dl Concorrenza, approvato in fretta e furia dal governo Draghi, Confindustria Nautica sottolinea che nel caso della portualità turistica è addirittura un errore ‘al quadrato’ se quelle regole, comunque pensate per lidi e spiagge, venissero automaticamente applicate alle infrastrutture del diporto. In questo modo cancellando la normativa specifica che, attraverso il Codice della navigazione, ha regolato per decenni il settore senza prescindere dai criteri di trasparenza che informano i principi europei”.
“Il tema delle concessioni è solo l’inizio del ragionamento sul futuro assetto della portualità turistica”, commenta Cecchi. “Posto che, a differenza di altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, l’Italia ha scelto di procedere alla realizzazione delle infrastrutture per la nautica ricorrendo agli investimenti del capitale privato, è evidente che occorre salvaguardare le certezze giuridiche e la redditività che è alla base di questi investimenti”.
Questo principio – si ricorda – è stato sottolineato e ribadito da decine di pronunce dei TAR, dal Consiglio di Stato e persino della Corte Costituzionale, quando si è espressa contro l’aumento retroattivo dei canoni – fino al 450% – previsto nel 2007 dalla Legge finanziaria del governo Prodi. La Corte ha accolto le osservazioni del CdS secondo cui le regole non possono cambiare nel corso della vigenza della concessione, ma non possono rendere “certamente negativo” l’investimento economico effettuato. Diversamente le conseguenze possono essere solo la fuga dei capitali sani o o l’afflusso di soli capitali di dubbia provenienza.
Una prova di questo assunto – sottolinea l’associazione – è che la modifica alla legge 84/94 sui porti mercantili, ottenuta da Confindustria Nautica, e che stabilisce la priorità per la destinazione al diporto delle aree non più utilizzate, non ha di fatto trovato applicazione. Per ragionare del futuro della portualità turistica Confindustria Nautica sottolinea come sia necessario risolvere i problemi che la affliggono da decenni. E non solo nell’interesse degli approdi, ma dell’intero sistema turistico e delle economie costiere.
Secondo l’Osservatorio nautico nazionale di Confindustria Nautica, il personale direttamente impiegato all’interno di un marina turistico ammonta in media a 10 ULA (ovvero Unità Lavorative Annue, ognuna delle quali corrisponde a una persona impiegata a tempo pieno per un anno, a prescindere dalla forma contrattuale e dalla retribuzione). Ma il vero impatto è l’indotto occupazionale. Il rapporto tra posti barca e occupati generati complessivamente sul territorio, quindi al di fuori dall’area portuale, è pari a 1 addetto ogni 3,8 posti barca. Ancora più interessante il dato della spesa “turistica” depurata del costo di soggiorno (ormeggio o pernotto): mediamente il diportista spende il doppio del turista d’albergo.
Le criticità del settore porti turistici, sempre rilevati all’Osservatorio Nautico Nazionale di Confindustria, sono invece eccessiva burocrazia, peso fiscale, invasività dei controlli, e normatia penalizzante.
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