Legacoop contro il Governo sugli indennizzi, intervenga la Regione
Spiagge: sugli indennizzi, Legacoop Romagna attende il decreto definitivo, ma invita la politica a riprendere il proprio ruolo attivo.
Legacoop Romagna considera inaccettabile qualsiasi soluzione che non riconosca il reale valore di mercato delle imprese e che non tuteli il lavoro degli operatori balneari e delle loro famiglie, frutto di anni di dedizione al turismo costiero e al servizio della comunità. “La questione dell’equa compensazione per gli investimenti effettuati dai concessionari uscenti, in caso di mancato rinnovo delle concessioni – per quanto urgente – non deve offuscare il più ampio contesto delle responsabilità”, sottolinea l’organizzazione.
Per il comparto, sottolinea Legacoop, “la situazione è ancora esattamente la stessa di pochi mesi fa. Di fronte alla inevitabilità delle evidenze pubbliche previste dalla direttiva Bolkestein, non esiste una legge di inquadramento del settore balneare che metta i Comuni nelle condizioni di emanare bandi simili per tutta la costa adriatica e che dia al turismo balneare un quadro stabile e uniforme a livello territoriale, in grado di sostenerne lo sviluppo”.
L’accusa: “Di fronte all’incapacità del governo di gestire in modo concreto e non ideologico la questione, Legacoop Romagna si rivolge alla Regione con spirito di collaborazione, affinché si faccia carico responsabilmente di promuovere un accordo politico che coinvolga tutti i soggetti interessati – a partire da Comuni e Cooperative tra stabilimenti balneari. L’obiettivo è quello di non lasciare nessuno da solo e di tenere coese le comunità costiere, almeno in Emilia-Romagna, di fronte a un cambiamento epocale che rischia di scardinare il nostro modello turistico, costruito non sugli investimenti di soggetti multinazionali, ma sul lavoro di migliaia di famiglie, delle loro microimprese e delle loro cooperative”.
A breve ripartiranno le interlocuzioni con l’assessora regionale al turismo e demanio Roberta Frisoni e con tutti i Sindaci della riviera “per promuovere e definire le linee guida di questo percorso. Nel frattempo, Legacoop sta mantenendo un costante rapporto di interlocuzione con le cooperative balneari della costa, fornendo loro assistenza e dando la disponibilità ad accompagnarli nel dialogo con le diverse amministrazioni comunali”.
Legacoop Romagna è pronta a ripartire con la campagna “Salviamo le spiagge della Romagna”, lanciata nell’estate del 2024 per tutelare le piccole imprese balneari e il modello cooperativo di organizzazione delle spiagge.
Aderiscono a Legacoop le cooperative di imprenditori balneari: Cooperativa stabilimenti balneari dei Lidi Estensi e Spina, Cooperativa Bagnini di Cervia, Cooperativa Stabilimenti Balneari di Cesenatico, Cooperativa Bagnini di Gatteo Mare, Cooperativa Bagnini Di Bellaria Igea Marina, Cooperativa Operatori di Spiaggia Rimini, Cooperativa Balneari Rimini Sud, Cooperativa Bagnini di Riccione, Cooperativa Bagnini Adriatica Riccione, Cooperativa Bagnini Riviera Riccione, Cooperativa Bagnini Misano, Cooperativa Marinai Salvataggio Misano, Consorzio Servizi Spiaggia Misano, Cooperativa Bagnini Cattolica.
La Commissione Ue va fermata immediatamente dal Governo o dalle Procure per l’ingerenza corruttiva sulla tutela delle imprese balneari
di Vincenzo De Michele
- Come già segnalato in precedente scritto, la importantissima sentenza del Tar Toscana del 10 marzo 2025 n.431, che modifica la propria giurisprudenza del 2024 (sentenze nn.112/2024 e 701/2024) accogliendo la corretta prospettazione dell’avvocatura del libero foro, distrugge le sentenze dell’Adunanza plenaria del 2021 utilizzando la stessa giurisprudenza successiva del Consiglio di Stato (la sentenza n.229/2022), e obbliga il Governo, senza tentennamenti, ad intervenire per far cessare l’ingerenza corruttiva sugli affari interni dell’ordinamento nazionale della Commissione europea per distruggere la tutela delle imprese balneari, a causa di evidenti ingentissime e illecite dazioni di danaro per interessi individuali non meritevoli di alcuna attenzione se non da parte della Procura di Bruxelles e delle Procure nazionali, dopo le devastazioni provocate.
- Emerge per tabulas dalla comunicazione del 28.8.2017 a firma del Capo unità Robert Strauss della Direzione generale del Mercato interno, dell’industria, dell’imprenditoria e delle PMI, in risposta a una lettera del presidente di Fivag-Cisl in rappresentanza del commercio ambulante, che la Commissione Ue aveva precisato che l’articolo 12 della direttiva Bolkestein stabilisce che le procedure di selezione vanno fatte solo «qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali», e che «riguardo all’applicazione dell’articolo 12, occorre rilevare la scarsità delle risorse: spetta alle autorità nazionali verificare questo requisito».
- Le precisazioni del 28.8.2017 del dirigente della commissione Ue al mercato interno, per quanto riferite agli ambulanti, esortavano il governo italiano ad appurare la quantità di risorse ancora disponibili e quelle occupate in merito all’applicazione della direttiva Bolkestein, in modo da dare una risposta definitiva alla questione sia ai commercianti che ai balneari. All’epoca (2017), per quanto riguarda le spiagge, era noto che sui 7.458 chilometri di coste italiane ce ne erano 4.970 balneabili (fonte: Ministero della salute, Rapporto acque di balneazione) e si stimava che solo circa 2.000 di questi – cioè meno della metà – fossero assegnate in concessione e ospitassero strutture riconducibili a stabilimenti balneari (che in Italia, secondo una indagine della Camera di commercio, ammontano a 7.680 laghi compresi).
- Come già affermato nella lettera della Commissione Ue del 28.8.2017, secondo la sentenza AGCM della Corte di giustizia spettava allo Stato proprietario del demanio marittimo la verifica della scarsità della risorsa naturale per l’eventuale applicazione dell’art.12 della direttiva 2006/123/CE.
- Pertanto, coerentemente il Governo iniziava a maggio 2023 e concludeva il 5 ottobre 2023 i lavori del Tavolo tecnico consultivo in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali, istituito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri ai sensi dell’art.10-quater commi 1 e 2, del d.l. n.198/2022, con il compito di definire i criteri tecnici per la determinazione della sussistenza della scarsità della risorsa naturale disponibile, e così comunicando la Presidenza del Consiglio dei Ministri con la nota ufficiale del 6.10.2023 la insussistenza della scarsità della risorsa naturale costiera, tenendo conto del dato nazionale, secondo un approccio generale e astratto, proporzionato e non discriminatorio.
- E’ dunque frutto di un mero piano criminoso e corruttivo il fatto che la Commissione europea ha notificato al Governo il 16.11.2023 il parere motivato sulle concessioni balneari a conclusione della procedura di infrazione 2020/4118, stigmatizzando che, con le modifiche degli artt.3 e 4 della legge n.118/2022 inserite nella legge di conversione del decreto milleproroghe n.14/2023, le concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali avessero sostanzialmente durata a tempo indeterminato, affermando la contrarietà al diritto dell’Unione anche alla luce della sentenza AGCM della Corte di giustizia Ue sia della nuova disciplina in materia di durata delle concessioni balneari introdotta dalla legge n. 14/2023 sia dell’art. 24 comma 3-septies del decreto-legge n.113/2016, censurando i risultati del tavolo governativo sulla non scarsità della risorsa naturale per la non attendibilità dei dati, senza però prendere posizione su quanto affermato nella sentenza AGCM della Corte di giustizia al punto 73 e dalla stessa Commissione europea nelle osservazioni scritte del 2.2.2023 nella causa C-598/22 S.I.I.B., nella parte in cui pareva chiarito il significato e la portata dell’art.12 paragrafi 1 e 2 della direttiva Bolkestein rispetto alle concessioni demaniali marittime iniziate prima del 28 dicembre 2009 che, quindi, erano fuori del campo di applicazione della direttiva servizi;
- L’ingerenza della Commissione europea negli affari interni dello Stato per colpire le piccole imprese balneari, che continua a perpetrarsi sulla questione degli indennizzi spettanti ai concessionari uscenti nella determinazione che sarà adottata con decreto ministeriale ai sensi dell’art.4 comma 9 della legge n.118/2022, va immediatamente fermata o dal Governo o dalle Procure.
- Per quanto riguarda l’Esecutivo, il Governo potrebbe (dovrebbe) fornire con delibera di Consiglio dei Ministri, ai sensi dell’articolo 2 comma 3 lettera h) della legge n.400/1988, linee di indirizzo alle Regioni, alle Provincie autonome e ai Comuni in materia di durata e di regolamentazione delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistiche e ricreative, a seguito della disciplina introdotta dall’art. 1 del decreto-legge n. 131, convertito dalla n. 166/2024.
- All’uopo, lo scrivente allega una proposta di deliberazione di consiglio dei ministri che, dopo un’ampia ricostruzione della complessa vicenda, con un unico articolo finale dispone: ««Le Regioni, le Provincie autonome e i Comuni concedenti dovranno considerare come proroga automatica fino al 30 settembre 2027 la durata delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistiche e ricreative prevista dall’articolo 3, comma 1, della legge 5 agosto 2022, n. 118, nel testo modificato dall’articolo 1 del decreto legge 14 settembre 2024, n. 131, recante «Disposizioni urgenti in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive – Procedura di infrazione n. 2020/4118», convertito con modificazioni dalla legge 14 novembre 2024, n.166, potendo ricorrere alle procedure di evidenza pubblica ai sensi dell’articolo 4 della citata legge n.118/2022 per l’assegnazione di nuove concessioni demaniali marittime soltanto quando gli attuali titolari abbiano titoli concessori iniziati dopo il 28 dicembre 2009 o la concessione sia revocata o decaduta o si tratta di spiaggia libera, attendendo in ogni caso la pubblicazione delle due decisioni della Corte di giustizia dell’Unione europea sulle due cause pregiudiziali promosse l’una dalla Corte costituzionale con ordinanza del 7 ottobre 2024, n. 161 (ECLI:IT:COST:2024:161) C-653/24 “Regione Emilia-Romagna” e l’altra dal Giudice di pace di Rimini con ordinanza del 26 giugno 2024 C-464/24 “Balneari Rimini”, contenenti entrambi i provvedimenti interlocutori alla Corte Ue dei quesiti interpretativi sull’art. 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (c.d. direttiva “Bolkestein”) in merito alla durata rispettivamente delle concessioni demaniali di impianti di imprese di piccole derivazioni idroelettriche e delle concessioni demaniali marittime per finalità turistiche e ricreative.»».
- La proposta di deliberazione del consiglio dei ministri allegata può servire anche come utile canovaccio alle Procure per il necessario intervento, così come l’ allegata comunicazione del 28.8.2017 della Commissione Ue, che conferma l’attuale ingerenza della Commissione europea della pessima Ursula Von der Leyen anche nell’attuale composizione negli affari interni dello Stato italiano, violandone la sovranità.
LEGITTIMO AFFIDAMENTO: UNA STORIA BALNEARE
L’orizzonte temporale ragionevole per una famiglia che decide di ricavare sostentamento da un’attività, nello specifico un’attività di stabilimento balneare nel 1989 quale altro può essere se non tutta la vita?
Esistendo all’epoca un quadro normativo tale da poter ragionevolmente e in buona fede pensare di poter affidare il sostentamento di detta famiglia a tale attività, garantito dalla stessa Costituzione specialmente nei riferimento al diritto al lavoro e alla dignità personale, perché dovrebbe essere diverso? La Costituzione prevede questo orizzonte temporale in astratto, ma non solo. La Corte Costituzionale già con la sentenza n. 349 del 1985 ha riconosciuto tra i principi costituzionali non scritti quello del legittimo affidamento del privato nella certezza dell’ordinamento giuridico. L’espressione più consapevolmente avanzata sul tema è stata espressa poi dalla Cassazione, nella sua veste di vertice della giurisdizione tributaria.
Sulla base normativa rappresentata dall’art. 10 della legge 27 luglio 2000 n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente), che reca la rubrica: “Tutela dell’affidamento e della buona fede. Errori del contribuente”, la sezione tributaria della Suprema Corte (con la sent. 10.12.2002, n. 17576) ha, infatti, concluso che il principio della “tutela del legittimo affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica”, quale “elemento essenziale dello Stato di diritto”, ancorato al principio di eguaglianza dinanzi alla legge, sub specie del rispetto del canone della ragionevolezza, è immanente in tutti i rapporti di diritto pubblico e costituisce un preciso limite all’esercizio sia dell’attività legislativa, sia dell’attività amministrativa e di quella tributaria in particolare. Elemento essenziale dello Stato di diritto dunque, e non potrebbe essere diversamente, dal momento che qualsiasi forma di affidamento legittimo presuppone una sicurezza giuridica. Si pensi per un momento al destino della tutela della Proprietà Privata se un domani sopraggiungesse una legge o un ordinamento che ne prevedesse l’abolizione: la Proprietà Privata esiste solo perché esistono leggi e ordinamenti che la tutelano, che creano nel privato cittadino la legittima convinzione che acquistando legalmente un bene, stia acquisendo contemporaneamente un diritto. Non esiste uno Stato senza un legittimo affidamento, non esiste sicurezza senza un legittimo affidamento, non esisterebbe nemmeno la legge stessa senza il presupposto di un legittimo affidamento. Sono proprio le stesse leggi e ordinamenti esistenti nel 1989 che hanno generato nella famiglia di cui sopra, l’aspettativa legittima di poter affidare il proprio sostentamento ad una attività che prevedeva determinati regolamenti, leggi, scadenze e rinnovi, con l’unico orizzonte temporale che lo Stato di diritto prevede per ogni cittadino nella tutela dei propri diritti: tutta la vita.